Intervista con Lucianna De Falco: il corto “L’attesa”, lo spettacolo “Fu Lumena” e il ritorno a “Un Posto al sole” dopo dodici anni

Lucianna De Falco è entrata nel cuore del pubblico con il personaggio di Dolly Salvetti nella soap “Un Posto al sole”, in onda su Rai 3, nella quale è tornata a recitare dopo dodici anni, ma la solare, spumeggiante, versatile e simpatica attrice ischitana nella sua carriera ha preso parte a tanti spettacoli teatrali di successo, a celebri film e serie tv come “Sei forte, maestro”, “I Cesaroni”, “Una pallottola nel cuore” e ha lavorato con grandi personaggi quali Sophia Loren, Ferzan Ozpetek, Gigi Proietti, Anthony Quinn, Marco Ferreri, Lina Wertmuller, solo per citarne alcuni.

In questa piacevole chiacchierata abbiamo parlato con Lucianna De Falco del corto “L’attesa”, dello spettacolo teatrale “Fu Lumena” che ha debuttato in prima assoluta al Napoli Teatro Festival Italia, del ritorno a “Un Posto al sole” ma anche di Anna Magnani che ha interpretato ne “La grande menzogna”.

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Lucianna, sei la protagonista del corto “L’attesa” di Angela Bevilacqua in cui interpreti Luisa, una madre single che cerca disperatamente di mettersi in contatto con il figlio dopo aver sentito al telegiornale che c’è stato un attentato a Londra, città in cui vive. Puoi raccontarci come sei stata coinvolta in questo film per il quale hai ricevuto il Tatatu Award all’Ischia Global Fest? 

“E’ stata un’esperienza bella e nuova fare un piano sequenza di 24 minuti nel film “L’attesa” di Angela Bevilacqua, una giovane regista che aveva scritto il soggetto e la sceneggiatura come esame per la scuola di cinema dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Grazie a un suo professore che è anche un mio amico, il regista Sandro Dionisio, ci siamo conosciute e abbiamo lavorato sulla sceneggiatura che era molto più corposa. Quando mi ha affidato questo progetto ho scelto di partecipare perchè mi intrigava il fatto di collaborare con una giovane regista ma anche perchè fare un piano sequenza di 24 minuti per un’attrice è un banco di prova molto forte”.

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Come ti sei preparata per interpretare Luisa?

“Stavo studiando con una coach internazionale che si chiama Ivana Chubbuck che utilizza un metodo personale grazie al quale vengono messe in ordine nei vari cassetti le capacità e quei talenti legati allo studio e all’esperienza che un attore ha e ha avuto in passato. In questo modo viene catalogato e messo a disposizione in maniera veloce tutto il proprio bagaglio artistico. In generale sono sempre stata attratta dallo studio, ho lavorato per molti anni con Julie Stanzak, che è una ballerina di Pina Bausch e mi ha aiutato molto nella presenza scenica e nella drammaturgia. Mentre nel passato ho interpretato soprattutto personaggi comici che sono quindi per me una materia più semplice e diretta, negli ultimi cinque anni ho iniziato ad affrontare anche ruoli drammatici utilizzando queste tecniche di Ivana Chubbuck, e così ho fatto anche ne “L’attesa” per interpretare Luisa. Sono felice dei risultati che ha avuto questo corto,  abbiamo ricevuto una decina di premi di cui due per la mia interpretazione. L’unico cruccio è che a causa della lunghezza non abbiamo potuto partecipare a kermesse quali il David di Donatello o i Nastri d’Argento che hanno un limite di durata”.

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Al Napoli Teatro Festival Italia è stato messo in scena in prima assoluta “Fu Lumena”, omaggio a Filumena Marturano, in cui sei diretta da Salvatore Ronga con il quale hai lavorato in altri spettacoli come “Stabat Mater” e “Lucì, la guardiana del faro”…

“Fu Lumena è un’altra storia possibile in omaggio alla figura di Filumena Marturano che Salvatore Ronga ha pensato di scrivere per me già qualche anno fa. Il personaggio di Filumena è molto simbolico sia per il patrimonio teatrale nazionale sia per la città di Napoli perchè rappresenta l’accoglienza, è materno e sceglie di far crescere comunque i suoi figli. Ci siamo molto distaccati dalle scelte di Filomena. Nello spettacolo Lumena è in coma, in ospedale, e rivede la sua vita che è stata caratterizzata da scelte anacronistiche, rivoluzionarie, moderne, come quella di avere dei figli ma di non farli riconoscere, di non volere il cognome del compagno con il quale non si è mai sposata. Il racconto parte da quello che Eduardo non ha mai scritto, che non vediamo nello spettacolo, è un’altra storia possibile di Filumena, di Domenico Soriano e della cameriera di casa Soriano. E’ un omaggio ma anche un vero tradimento. E’ un monologo che ha avuto un ottimo successo e che speriamo di portare in tour nella prossima stagione”.

Prima del lockdown eri in tournée con lo spettacolo “Non è vero ma ci credo” insieme ad Enzo Decaro. Verrà ripreso nella prossima stagione?

“Pare ci sia la possibilità di riprenderlo nel 2021. Avevamo debuttato lo scorso anno a Borgio Verezzi e nella passata stagione avevamo in programma sei mesi di tournée, poi è arrivato il lockdown e ci siamo fermati a quattro. Abbiamo ancora due mesi di date, soprattutto al Nord. C’era l’intenzione anche di riportarlo a teatro per Natale, ma è una compagnia composta da 10 attori e chiaramente è più complicato metterlo in scena. E’ uno spettacolo che ha avuto un grandissimo successo ovunque. Enzo Decaro è un compagno di lavoro straordinario, una persona profonda, e sono felice di lavorare con lui. Leo Muscato poi ha fatto una regia moderna, ha reso questa farsa una commedia molto attuale, con un personaggio superstizioso, un malato della società che però rivela anche aspetti viscerali. E’ una commedia che fa riflettere”.

Come vedi il futuro del cinema e del teatro dopo la pandemia?

“E’ una questione controversa perchè abbiamo artisti che portano il nome dell’Italia nel mondo ma questa industria non è ancora considerata tale dalle istituzioni. Il numero di lavoratori dello spettacolo è stratosferico e il fatto di non occuparsene è una mancanza molto grande per quello che riguarda il nostro Paese e dico questo anche in relazione al lockdown in cui è stata sottolineata la necessità e l’importanza del nostro settore in quanto i film, gli spettacoli fatti in passato, la televisione, ci hanno fatto compagnia durante le settimane di quarantena. Io non sono per uno stato assistenzialista ma è un peccato che le nostre istituzioni non ci considerino come una macchina facente parte del mercato italiano, cosa che invece siamo e se questa industria venisse riconosciuta potrebbe portare ancora di più a livello economico. E’ come se ognuno di noi, lavoratori dello spettacolo, dovesse recuperare la dignità e il valore del proprio mestiere. Mi auguro che da questa crisi possa esserci una rinascita reale, una presa di coscienza da parte di tutti. Mi ritengo una persona fortunata perchè ho avuto la possibilità di ripartire subito, ho ripreso a girare la soap Un Posto al Sole dodici anni dopo la mia ultima partecipazione. Ero stata chiamata prima del lockdown e avevamo iniziato le riprese che poi sono state interrotte, e siamo ripartiti appena ha riaperto il set. E poi il Napoli Teatro Festival Italia ci ha chiesto se fossimo pronti per mettere in scena “Fu Lumena” e abbiamo detto di sì. E’ il segno di una ripresa ma con una maggiore consapevolezza”.

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credit foto Michelino Fierro

Com’è stato tornare sul set di Un Posto al Sole dopo dodici anni nei panni di Dolly Salvetti?

“E’ stato complicato tornare sul set, con tamponi e test sierologici da effettuare, ma c’era tanta voglia di ripartire. Ero entrata a far parte della soap nel 1998 e l’ultima puntata che ho girato è stata nel 2008. Il set di Un Posto al sole insegna tanto, è un prodotto che raggiunge un pubblico trasversale e va in onda contemporaneamente alla vita delle persone, essendo un real drama. E’ l’unico esperimento di questo tipo ancor oggi in Italia e proprio per questo motivo è tanto amato dagli spettatori. E poi c’è una grande attenzione al sociale, alle problematiche di tutti i giorni. Ho sempre fatto la “guest” perchè Dolly non è mai stata un personaggio principale nella soap, ma mi ha dato una certa notorietà e mi ha permesso di entrare nel cuore della gente tanto che negli anni in cui non ho recitato in Un posto al sole ma in altre serie tv e film le persone facevano sempre riferimento a quel ruolo. Avere un’empatia con il pubblico è un dono che ho ricevuto e che ho portato a compimento lavorando e cercando di migliorarmi, ma non dipende dal talento”.

Cosa ti affascina maggiormente di Dolly?

“Dolly Salvetti è un personaggio di commedia sopra le righe e grazie alla mia volontà e a quella dei registi e degli autori è diventata più credibile. E’ scoppiettante e aggressiva ma anche vulnerabile e tenera. Le devo molto e mi ha fatto piacere tornare a far parte della famiglia di Un Posto al Sole. E’ stato strano vestire di nuovo i panni di Dolly dopo tanti anni. E’ una donna che ha sicuramente molte delle mie caratteristiche. Io dico sempre che non sono i personaggi che passano attraverso di te ma sei tu che regali qualcosa al personaggio per farlo arrivare al pubblico”.

Hai lavorato con grandi artisti, da Sophia Loren a Ozpetek, passando per Proietti, Anthony Quinn, Marco Ferreri, Lina Wertmuller. C’è un incontro che ti è rimasto nel cuore?

“Se penso a tutti i registi che ho incontrato ho amato di più quelli che si sono imposti con educazione, che sapevano portare la nave in porto con la grazia e la gentilezza di chi sa quello che vuole trovando il modo per comunicarlo, come Alessandro Benvenuti ma anche Carlo Vanzina, un signore sul set, un regista vero, che ti indirizzava nella maniera giusta. Stando sul set con star internazionali come Sophia Loren ed Anthony Quinn ho imparato che prima di tutto vengono le persone, per queste grandi personalità artistiche il contatto umano, la comprensione, la comunicazione con l’altro sono prioritari. Lavorando con Sophia Loren per una pubblicità internazionale che non è mai uscita, abbiamo girato in Svizzera per una settimana, solo lei ed io, e mi ha provocato perchè voleva capire di che pasta fossi fatta. Sophia doveva interagire in qualche modo con me che avevo 24 anni ed è stato bello e importante carpire questi piccoli segreti che rendono eccezionali questi artisti che arrivano al cuore di tutti. Ad Anthony Quinn invece sono stata presentata come quella che assomigliava alla Magnani e abbiamo lavorato insieme in uno dei suoi ultimi film,  “Il sindaco”. Lui si è ricordato degli scontri avuti con la Magnani sul set perchè lei diceva che non era capace di improvvisare. Un giorno iniziammo a girare e a un certo punto si mise a improvvisare con me in italiano, è una scena che non è mai stata montata ma è una delle più belle che ho girato. Questi grandi artisti hanno bisogno, chiunque tu sia, di mettersi in contatto con te, perchè questo mestiere ha a che fare con l’empatia, con la comunicazione e l’attore che è in scena o dietro lo schermo deve riuscire a far passare le emozioni, a empatizzare con il pubblico”.

lucianna de falco nei panni di ANNA MAGNANI

A proposito della grande Anna Magnani, che hai avuto modo anche di interpretare in “La grande menzogna”, che rapporto hai con la figura di questa mitica attrice?

“Quando ho iniziato a fare questo mestiere tutti quelli che facevano parte dell’ambito dello spettacolo mi dicevano che le assomigliavo e per me era un paragone troppo pesante, che mi spaventava. Successivamente, dopo aver fatto diversi spettacoli e film, grazie a una mia cara amica, Gea Martire, che aveva scritto un corto che teneva da tempo nel cassetto e che raccontava l’incontro tra la Magnani e Bette Davis mi sono sentita pronta per interpretarla e così ho preso parte a “La grande menzogna” con la regia di Carmen Giardina e con Bette Davis impersonata dalla stessa Gea. E’ uno dei lavori di cui vado più fiera e ha ricevuto molti premi. Poi è arrivato Paolo Sorrentino che mi ha chiamata per questo piccolo film omaggio ai 130 anni di Bulgari in cui interpreto Anna Magnani con i suoi veri vestiti e gioielli e la somiglianza con lei è stata molto forte anche per me. Infine ho fatto uno spettacolo musicale dedicato a Nannarella. Oggi sono sicuramente pronta a interpretarla nuovamente perchè ho capito che è un grande personaggio del passato che è realmente vissuto e l’approccio che devo avere è identico ad altro ogni ruolo, cioè mettere quello che ho dentro con grande onestà. Poi se tutto questo mi fa assomigliare ancora di più a lei mi fa piacere. Del resto sono gli altri che riconoscono la tua arte”.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

“Intanto andrò in vacanza. Poi oltre al teatro ci sono in programma un film e un altro corto in cui interpreto un personaggio drammatico e molto cattivo. Sono curiosa di confrontarmi anche con questo tipo di ruoli. Spero di migliorarmi e di invecchiare bene senza pentirmi mai delle scelte che faccio. La mia coach Ivana Chubbuck dice sempre “il coraggio è sexy”, nel senso di non sedersi sui personaggi, sulle scelte facili, ma di mettersi in difficoltà. Come attrice mi piacerebbe fare scelte coraggiose e diventare sempre più sexy”.

di Francesca Monti

foto per gentile concessione dell’ufficio stampa Zaccaria Communication

 

 

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