Intervista con Enrico Ruggeri: “Tornare in tour con i Decibel è stata un’emozione forte”

di Francesca Monti

Il 2017 è stato un anno eccezionale per i Decibel, la rock band fondata tra i banchi di scuola del Liceo Berchet di Milano da Enrico Ruggeri e gli amici Silvio Capeccia e Fulvio Muzio, che ha fatto ritorno sulla scena musicale per festeggiare i suoi primi 40 anni. Il 10 marzo i Decibel hanno pubblicato “Noblesse Oblige” (Sony Music Italy), il nuovo disco di inediti, quindi hanno portato i nuovi pezzi e i loro grandi successi in giro per l’Italia con un tour che ha riscosso un immenso successo. E ora per chiudere in bellezza i Decibel saranno protagonisti di una grande festa, chiamata “Decibel Party”, il 24 ottobre al Le Roi di Torino e il 6 novembre al Fabrique di Milano, in concomitanza degli ultimi due concerti della stagione. Sul palco, oltre a Enrico Ruggeri, Silvio Capeccia e Fulvio Muzio ci saranno Paolo Zanetti (chitarre), Fortu Sacka (basso) e Alex Polifrone (batteria).

Abbiamo incontrato Enrico Ruggeri a Milano e fatto una piacevole chiacchierata con lui. Ecco cosa ci ha raccontato.

Enrico, com’è stato tornare a cantare live in tour con i Decibel dopo 40 anni?

“E’ stata un’emozione molto forte, intanto perché siamo partiti con l’idea di fare 4-5 date e ne abbiamo fatte 40, e quindi siamo saliti 40 volte in macchina o sull’aereo, siamo andati a cena insieme ed  è stato un bel modo di vivere il 2017, con risultati insperati che ci hanno fatto molto piacere. C’è un pubblico che ha voglia di sentire questo tipo differente di musica, che non sia il cantante che legge il gobbo elettronico. E’ un pubblico che non ha età, ci sono 18enni e 60enni, un gruppo di persone con un’anima particolarmente ricettiva e poco condizionabile. Noi volevamo salire sul palco e suonare, e così è stato. Abbiamo fatto 40 concerti uno diverso dall’altro, con la stessa canzone che magari una sera durava 4 minuti e un’altra 6, a seconda di come ci veniva e questa è un’altra cosa molto piacevole”.

Il 24 ottobre al Le Roi di Torino e il 6 novembre al Fabrique di Milano si terrà il Decibel Party, una grande festa in occasione degli ultimi due live del tour. Cosa vedremo? Ci saranno degli ospiti?

“Faremo quello che ci verrà in mente, quei pezzi che la gente ci ha chiesto nei concerti. Ci saranno delle sorprese che faremo a noi stessi e al pubblico. Non so se verranno degli ospiti. Il sistema che vige adesso, uno fa un concerto e invita l’altro poi si contraccambia e sono sempre i soliti che si invitano, non è incline alle nostre caratteristiche. Spero che vengano degli amici a vedere il concerto. A Torino mi auguro che sia presente Boosta dei Subsonica, ma anche solo per stare con noi a cena”.

“Universi paralleli” è il vostro nuovo singolo in cui ci sono suggestioni filosofiche e metafisiche. Cosa ci racconti a riguardo? 

“E’ un pezzo molto robusto che dal vivo non vedi l’ora di cantare perché ci divertiamo sia noi che la gente. È una dissertazione su tutto quello che non vediamo, in realtà ci sono tante cose che dobbiamo ancora imparare, un giorno le capiremo così come tremila anni fa pioveva e la gente pensava che fosse Dio che la voleva punire, poi qualcuno ha spiegato che ci sono le nuvole… Per cui anche adesso ci capitano delle cose misteriose, che non sappiamo interpretare e che sicuramente un giorno qualcuno ci spiegherà”.

Decibel-Noblesse-Oblige-news

Un altro singolo estratto dal disco “Noblesse Oblige” è stato “My my generation”. Che differenze vedi tra la tua generazione musicale e quella di oggi?

“Nella mia generazione il rock era la musica dei giovani che si contrapponevano agli adulti, oggi il rock è un’élite che non ha un’età precisa, un sessantacinquenne di oggi è uno nato nel 1952, che aveva tredici anni quando è uscita Satisfaction e aveva 18 anni quando è morta Janis Joplin, era un ragazzino quando c’era il rock. Semplicemente oggi ci sono persone che sanno distinguersi dalle altre, che non si fanno condizionare e che amano un altro tipo di musica, un partito trasversale di eletti secondo me. Il rock oggi ha acquistato un’anima comune, ha accomunato persone diversissime e venendo a un nostro concerto vedi uno di 22 anni che canta una nostra canzone vicino a uno di 55 anni e questo è molto interessante. Mi sembra che oggi ci siano dei bei progetti ma manchino belle canzoni, quelle storiche, perché c’è molta omologazione”.

Quest’anno ricorrono anche i 30 anni di Quello che le donne non dicono, che hai scritto per Fiorella Mannoia. Cosa rappresenta per te quel pezzo?

“E’ un passaporto fortunato perché da lì mi sono guadagnato, anche non del tutto meritatamente, l’appellativo di conoscitore dell’universo femminile, ovviamente è più facile scrivere una canzone che conoscere le donne veramente. Ho un bellissimo ricordo, quel brano ha segnato la partenza di una meravigliosa carriera come quella di Fiorella ed è una canzone che ormai ho sdoganato e che canto anch’io dal vivo, o meglio la inizio e poi la canta il pubblico”.

C’è un artista con cui ti piacerebbe collaborare?

“Le mie collaborazioni sono nate dall’amicizia, recentemente ho cantato con Boosta dei Subsonica che ha fatto un album molto bello e con i Ghost. Spero di farmi nuovi amici. Se invece dobbiamo sognare dico Elvis Costello”.

Stai lavorando a nuove canzoni con i Decibel?

“Ci siamo trovati nel mio studio, io, Fulvio e Silvio, per suonare insieme e non è escluso che nascano un po’ di canzoni nuove”.

E al Festival di Sanremo ci state pensando? 

“Non so se faremo in tempo, dovremmo cominciare a scrivere seriamente, se dovessimo avere il brano giusto vedremo. Del resto noi siamo in ritardo ma anche Sanremo quest’anno è un po’ in ritardo sui tempi”.

Come vedi la scelta di Claudio Baglioni in qualità di direttore artistico del Festival?

“Per me è stata un’ottima scelta. Il fatto che un cantante si occupi di canzoni è un bel passo avanti”.

Se ti proponessero di fare il giudice ad un talent accetteresti?

“Mi piacerebbe provare questa esperienza, soprattutto per cercare di cambiare le cose, ma non so se me lo lascerebbero fare”.

 

 

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