I Kaos India: il vero sound dell’indie

di Salvo Alfieri

I Kaos India arrivano da Modena e parlano l’inglese della scena musicale anglosassone. Racchiudono in sé tutte le influenze e tendenze che hanno attraversano negli ultimi decenni la brit pop/indie.

Wave” è il secondo album dei Kaos India, band composta da Vince, Matt, Joe e Fresh. L’album e’ uscito lo scorso 2 febbraio ed e’ stato prodotto da Pietro Foresti e distribuito da Universal Music Italia . Il disco che è difficile da etichettare sotto una precisa categoria musicale. Sonorità in stile Stereophonics con reminescenze alternative rock e contaminazioni del post grunge dei Foo Fighters. Basta ascoltarsi il disco per trovare tutto ciò che sono le loro influenze: dagli Stereophonics agli Arctic Monkeys, dai Kings of a Leon ai Foo Fighters, da David Bowie agli Editors. Moltissimi spunti ed influenze, che ben amalgamati, portano il quartetto modenese ad una sperimentazione sonora ben riuscita, capace di evocare scenari interiori, intimi e confortevoli, come un viaggio. Ad esempio io ascoltai il disco mentre ero in aereo e stavo tornando per le vacanze di Pasqua dalla mia ragazza, da Firenze fino a Catania. Quindi e’ anche un po’ romantico per me. Infatti la frase con cui presentano l’album ci sta a pennello; “Quest’album e’ proprio dove abbiamo andare. Noi che siamo costretti a vagare per queste lande desolate alla ricerca della nostra parte migliore “.

L’album si apre con “A Second” e “Who Needs who”, che a parer mio sono i brani dove c è un bel richiamo alla new wave dei The Cure ed Editors, con chitarre riverberate e piene di delay che creano un tutt’uno con la voce  e il basso ben strutturato e corposo che si consolida con la batteria che mantiene un groove per tutto l’album.  Lo stesso vale per “The Void”.  Per i due singoli (“Half” “Dont’ Stop”) e “Call To Mind”,  il discorso cambia. Troviamo suoni più rock più duri e aggressivi che già capiamo dai riff magnifici e malinconici accompagnati con strumentali impeccabili e perfette. Qui, e’ da notare la melodia vocale che si “distacca” dalla canzone per crearsene una sua ed indipendente. Questo pezzo lo immagino come se David Bowie cantasse nei Foo Fighters ma con lo stile degli Arctic Monkeys… Forse e’ impossibile immaginarci tutto ciò ma è proprio per questo che sono unici e particolari.                                                                                                                                          “Eyes”, “Stay” e “Close” invece fanno un po’ da bilancia, mantengono il disco non troppo “spedito” e lo rallentano un po’ prima di portarci al gran finale. Molto orecchiabili, “Eyes” e “Close”, i più orecchiabili del disco.                                         “Burn Away” ha il compito di chiude il disco in bellezza e con quel crescendo (che adoro da morire), iniziato da una carica di batteria davvero cazzuta degno del nuovo Dave Grohl, che esplode nel suono distorto di una chitarra elettrica con le parole strazianti e piene di phatos in loop “I’m burning, there’s nothing left to do/ I’m burning, I burn of you”. Ovviamente un richiamo alle radici post grunge/alternative rock.Questo lo porta a diventare il mio brano preferito, insieme a “Stay”.

Tutto il disco è un ottimo lavoro di qualità, dove non c’è un brano che spicca fra gli altri ma in cui ogni frammento sta esattamente al suo posto. Testimoniando l’accuratezza della ricerca musicale, anche nel virtuosismo vocale (tanto di cappello) offrendo la possibilità di un ascolto pieno e rivolto a tutti, da cui farsi avvolgere e trasportare per tutto il disco.

Chi sono i Kaos India?

Gruppo indie-alternative rock nato nel 2012 nell’unico vecchio complesso di grattacieli costruito negli anni ’70 a Modena. Tra il 2011 ed il 2016 realizzano due EP ed un album totalmente autoprodotti, suonano tantissimo dal vivo percorrendo migliaia di chilometri e accettando ogni tipo di ingaggio, trovandosi a suonare nelle situazioni più varie e surreali.
Nel 2017, però, qualcosa cambia: iniziano a collaborare con il produttore Pietro Foresti che li aiuta a perfezionare la propria identità di band e con cui cominciano i lavori sulle tracce che saranno contenute nel nuovo album WAVE (Universal Music Italia – 2019). Il sound che ne esce è autentico e personale, ma universalmente riconoscibile e porta la band su palchi importanti fino ad aprire un concerto dei Placebo.

Salvo Alfieri intervista i Kaos India

Ciao Ragazzi, intanto ci tengo a precisare che vi ascolto da quando uscì l’EP “Stay” del 2015, quindi inizio subito chiedendovi cos’è cambiato adesso ,nell’ultimo album, rispetto ai lavori precedenti ? A parte la vostra “maturazione musicale”, i suoni? Le influenze? O magari la scrittura dei testi?

Fresh – “Beh si, ovviamente i vecchi lavori erano molto acerbi. “Wave”  un disco molto più maturo e diretto come album, siamo cambiati molto noi come musicisti ma anche come persone, le esperienze di vita che abbiamo affrontato negli anni che dividono il nostro primo album (The Distance Between – 2014) da “Wave” (2019) ci hanno formato e trasformato tantissimo. Inoltre quest’ultimo disco è il primo lavoro che abbiamo fatto insieme ad un produttore professionista (Pietro Foresti). I suoni si sono evoluti molto, suona molto più “moderno”. Io personalmente, per la chitarra, ho studiato molto e mi sono davvero sbattuto tanto per cercare questi suoni. L’obiettivo era rendere la chitarra una seconda voce nel disco, farla cantare e farle creare atmosfere, come hai detto tu “renderla un tutt’uno con la voce” e poi le nostre influenze sono sempre le stesse citate prima, Arctic Monkeys, Stereophonics,Editor, Kings Of Leon ma anche Kasabian.

Matt Si, anche i significati dei testi sono molto diversificati, ho scritto principalmente di relazioni umane, nel bene e nel male, non sempre relazioni amorose, ma anche di amicizia e conoscenza e vari “percorsi privati” che si vivono a pieno diciamo.

Mi spiegate la frase con cui avete descritto l’album; “e’ proprio dove abbiamo andare. Noi che siamo costretti a vagare per queste lande desolate alla ricerca della nostra parte migliore”? Cos’è per voi “Wave”?

Matt  – Ci sono periodi nella vita che forzano cambiamenti. “Wave”, appunto, è un album che esplora gli aspetti delle relazioni interpersonali e delle forti emozioni ad esse legate, sia quelle positive che quelle negative. Se dovessi descriverlo attraverso una metafora vi inviterei ad immaginare di passeggiare sul bagnasciuga al crepuscolo, il sole è tramontato ma la luce non ha ancora ceduto completamente al buio. Le onde del mare possono accarezzarvi dolcemente la pelle nuda promettendovi che andrà tutto bene oppure, nel caso il mare (e con lui il vostro animo) sia agitato, colpirvi furiosamente fino a gettare il vostro cuore nel più profondo dei turbamenti”.

Avete avuto cambi di formazione o siete sempre rimasti voi quattro?

Vince – Nessun cambio di formazione, siamo da sempre stati noi quattro in formazione originale dal 2012.

Com’è stato all’inizio “gestire” quattro musicisti, penso, con gusti diversi o con influenze diverse? O vi siete subito trovati sulla stessa linea d’onda?

Joe – All’ inizio avevamo tutti influenze diverse, io vengo dall’ Hard Rock puro e grezzo, penso si senta ancora; Frenk ascoltava già indie, ma era molto soul/jazz, Vince viene dal funk e dal pro e Matt era già nel mood  britpop,britrock e indie rock. Poi col tempo ci siamo affinati perché abbiamo subito iniziato ad andare insieme a concerti di band famose ed è una cosa che aiuta tantissimo un gruppo emergente e non e  quindi tutti e quattro ci siamo uniti come gusti musicali anche se ognuno mantiene le sue particolarità ancora oggi ed è più che un bene.

Una cosa che ho notato nell’ultimo album, vedendo i vostri live, e’ che riuscite a riprodurlo dal vivo fedelmente alla versione studio. Questo è perché ve lo imponete voi stessi o è un fattore negativo il fatto che non riuscite ad andare “oltre”? Può anche essere che mi sbaglio ma e’ una mia sensazione.

Fresh– No no, è assolutamente vero! Dal vivo siamo molto fedeli come esecuzione, però secondo me no, non è un difetto anche perché in realtà dal vivo siamo meglio che su disco e ce lo dicono tutti, anche gli amici musicisti, dal vivo suoniamo con molta più intensità e pathos. Con molta più “pacca”.

SalvoC’è un brano a cui siete più legati? E’ una domanda abbastanza stronza, un po’ come chiedere ad un bambino chi vuole bene di più fra mamma o papà ma e’ per sapere se il vostro pubblico la pensa come voi, se avete un pezzo a cui tenete di più.

Matt – Si, c’è un brano a cui teniamo tantissimo ed è “Don’t Stop”. E’ una canzone che e’ dedicata a tutte le persone che a prescindere dai loro problemi non si fermano e vanno avanti, riescono a rimboccarsi le mani ed a non fermarsi appunto. E si, e’ il pezzo che il nostro pubblico sente sicuramente di più, senza nulla togliere agli altri brani.

Mi sembra giusto concludere chiedendovi, visto che proponete la vera musica “indie”, cosa ne pensate della scena italiana (che si auto definisce indie o viene chiamata indie, fate voi)?

Fresh– Mhh, puoi fare qualche nome?

Beh, sì, quei soliti nomi che si sentono oggi, Calcutta, Galeffi, Canova, Gazzelle, i Pinguini Tattici Nucleari, che secondo me di “indie” non hanno nulla ma vanno di moda…

Fresh– Tutti quelli che hai nominato non li troviamo “Indie”. Purtroppo ormai si abusa di questo termine ma secondo me questa nuova corrente è il nuovo pop italiano. Poi si potrebbe dire che molti di questi artisti sono prodotti da major e quindi anche la produzione non centra molto con il concetto di indipendente. Ci sono però belle canzoni degli artisti che hai nominato, c’è sicuramente tanta bella roba. Ci suona un po’ strano a volte sentire la parola “festival indie” e poi ti trovi sul palco Gazzelle, Calcutta o i The Giornalisti. Chiamatelo POP Festival (ride)”.

Vince– Ma sia chiaro, non siamo assolutamente contro questo genere musicale, semplicemente non lo definiamo “Indie”.

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Per ascoltare Wave: https://open.spotify.com/artist/14bGm86uPLKf68RumZ0fpf?fbclid=IwAR2AnEAAgIRuG1YzHzy_Mx7cq3nTjQoJxUKMyYTbYPGHUG3E5mWVDWYYkKc

 

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