Intervista con Dolcenera: “Wannabe nasce come un invito ad avere il coraggio di fare quello che sentiamo, nel rispetto degli altri”

E’ un brano che ho scritto diverso tempo fa ma alcuni concetti e sentimenti sono applicabili in diversi momenti storici. E’ per questo che ho deciso di far uscire ora Wannabe, perchè il senso del testo mi sembrava rispettoso nei confronti del periodo che stiamo vivendo“, con queste parole Dolcenera racconta il nuovo singolo, uscito il 27 marzo per Polydor/Universal Music, che vede il featuring con il rapper Laioung.

Una canzone che pone l’accento sulla fragilità di un sistema governato da troppe apparenze ma in realtà affronta e inneggia anche a quella sana paura che spinge a vivere con rispetto e consapevolezza perché è essenziale alla stessa sopravvivenza.

Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Dolcenera parlando di “Wannabe” ma anche di come sta trascorrendo queste giornate in casa e del ruolo che la musica può avere in un momento così delicato.

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Emanuela, “Wannabe” è un brano contro l’apparire a tutti i costi ma che affronta e inneggia anche a quella sana paura che spinge a vivere con rispetto e consapevolezza. Com’è nato?

“E’ un brano che ho scritto diverso tempo fa ma se guardi il mondo ti accorgi che alcuni concetti e sentimenti sono applicabili in diversi momenti storici. E’ per questo che ho deciso di far uscire ora Wannabe, perchè il senso del testo mi sembrava rispettoso nei confronti del periodo che stiamo vivendo. E’ chiaro che questo momento amplifica una sensazione da me vissuta anche in passato sulla fragilità di un sistema fatto di apparenze e mi riferisco ad esempio al fatto che quando l’emergenza coronavirus si è sviluppata in Cina noi abbiamo osservato come degli spettatori senza pensare che potesse capitare anche a noi. Questa immedesimazione, questo coinvolgimento emotivo è un sentimento che nel mondo non si riesce ad applicare, perchè come primo principio c’è la parte economica. Ora siamo di fronte a due strade: quella della compartecipazione reale del perseguire un sentimento di uguaglianza nel mondo, e quella dell’egocentrismo, del prima solo noi, fregandocene degli altri. Siamo di fronte a un bivio, non so quale strada sceglieremo. Stiamo assistendo come al solito ad un’umanità divisa tra chi fa solidarietà e chi si rifiuta di farla, chi mette davanti gli interessi economici a discapito di vite umane e chi invece si prodiga innanzitutto per la salute”.

Come si è sviluppata la collaborazione con Laioung?

“Nel 2018 ho fatto un progetto con alcune cover trap, “Regina Elisabibbi”, e Laioung ha attirato la mia attenzione perchè è un musicista, un producer, è di origine multietnica, ha una grande sensibilità. Così l’ho invitato a collaborare per questo singolo e ha scritto delle belle parole sul testo di Wannabe”.

Cosa ci racconti invece riguardo il video che accompagna la canzone?

“Ha una storia particolare perchè per tanto tempo non siamo riusciti a girarlo, poi ci siamo ritrovati a realizzarlo a Milano il giorno prima della chiusura della Lombardia per l’emergenza coronavirus e a Roma il giorno prima del lockdown dell’Italia. Sono state due coincidenze stranissime e Laioung è stato l’ultima persona che ho abbracciato, a parte il mio compagno, prima della chiusura totale”.

Ascoltando il brano mi hanno colpito due frasi del testo: la prima è “Non credo ai miracoli però ascolto la musica”. In questo periodo le iniziative degli artisti sono state diverse, alcuni ad esempio hanno scelto di fare dirette Instagram per stare vicini ai fan. Quale ruolo pensi possa avere oggi la musica?

“Io all’inizio sono rimasta inerme, ho provato una sensazione di blocco, non mi sono messa a fare dirette perchè sentivo personalmente di dover prendere del tempo per razionalizzare questa situazione. Il ruolo della musica è stato sempre di entertainment e solo alcuni artisti in mezzo all’intrattenimento hanno avuto voci che spiccavano per il loro valore sociale. In questo momento abbiamo bisogno sia di entertainer sia di voci che inneggino a buoni pensieri e all’unione sociale. Io non riesco a stare in nessuna delle due categorie, anche se ho fatto Amaremare che provava ad essere green in un momento in cui questa tematica è stata portata alla ribalta da Greta Thunberg, o nel mio primo album ho avuto un occhio di riguardo verso la parte piu’ sociale della musica”.

La seconda frase del brano è: “Viva la paura che mi tiene in vita/ sono quel che sono fuori da ogni gioco eppure me la gioco”, un invito ad essere se stessi sempre, come hai fatto tu nella tua carriera, andando a volte anche in controtendenza…

“Essere se stessi a volte ti pone in unione con delle tendenze a volte in controtendenza e questo può far paura, però Wannabe nasce proprio come uno stimolo ad avere coraggio nel fare quello che ci si sente, nel rispetto degli altri”.

Prima hai citato Amaremare, un brano che ha avuto un grande successo, con cui hai promosso il progetto di GreenPeace Plastic Radar e che ha ricevuto anche il Premio Miglior Videoclip dell’anno al Roma Videoclip…

“Per me la soddisfazione piu’ grande è stata il senso di immedesimazione da parte di tante persone in questa tematica così sensibile e tenuta all’oscuro per tanto tempo”.

Stai lavorando a nuova musica?

“La scrittura è l’unica fiammella di luce che c’è nella mia vita, è qualcosa che mi tiene viva e mi infonde una sensazione di speranza. Non si sa dopo questa emergenza come andrà avanti la musica. C’è un libro di profezie uscito qualche anno fa che dice che nel 2020 ci sarebbe stata una malattia che avrebbe colpito i polmoni delle persone di tutto il mondo e sarebbe terminata velocemente così come è apparsa e che sarebbe ritornata dieci anni dopo. Ora si spera che il coronavirus possa andare velocemente via e che tutto ritorni migliore di prima. Mi hanno colpito molto anche le parole di Papa Francesco, in effetti la velocità alla quale stavamo andando, incuranti di correggere le cose sbagliate, perdendo il senso di umanità, dando privilegio ai principi economici, stava mettendo sottosopra i valori essenziali dell’essere umano”.

Come stai trascorrendo queste giornate?

“Avendo fatto la release di Wannabe proprio per offrire un contenuto vero e inerente al mio lavoro, accanto alle dirette social che si stavano espandendo per compensare altre mancanze, vivo una vita differente giorno per giorno, non ho un’abitudinarietà forte, seppur mi sto stancando di cucinare ogni giorno perchè non sono abituata (sorride). In realtà mi è capitato spesso di vivere chiusa in casa in una condizione molto vicina a questa per difendere la mia libertà artistica, perchè nonostante la velocità del mondo ho sempre cercato di mantenere intatti quei momenti di solitudine dedicati alla scrittura, anche prolungati nel tempo. Penso però a chi è costretto ad andare al lavoro in un momento così difficile per sopperire ai beni di prima necessità di una nazione e deve affrontare la paura e un senso di protezione verso le persone con cui convive, perchè tornando a casa rischia di infettare i suoi cari. E’ una situazione tremenda e non penso che queste persone siano andate sui balconi all’inizio della pandemia ma che abbiano dovuto concentrarsi sullo spirito di sopravvivenza. E’ chiaro che esistono diverse reazioni ad un periodo del genere, dettate dai differenti stili di vita. A Cuba ad esempio essendo soggetta a tifoni, uragani, una volta terminate le emergenze per prima cosa si portano i musicisti in strada per risollevare gli animi della gente. A me è sembrato strano che questa cosa del cantare sui balconi sia stata fatta all’inizio della pandemia, secondo me è la fine che dovremmo festeggiare per farci forza e andare avanti”.

Ti andrebbe di mandare un messaggio di vicinanza agli abitanti delle zone piu’ colpite dalla pandemia?

“Ho scritto i pezzi usciti negli ultimi anni in parte a Bergamo, ho vissuto lì e ho tanti amici. Mi sento molto vicina a queste zone maggiormente colpite dalla pandemia e provo sgomento, solidarietà, e anche voglia di riflessione sulle notizie, su come si stanno muovendo i paesi, non mi sento immune da tutto questo. Voglio mandare un pensiero a tutte le persone che hanno perso i loro cari e che stanno lottando contro la malattia”.

di Francesca Monti

 

 

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