Sandro Veronesi scrive una lettera di ringraziamento a Papa Francesco a nome degli artisti e dei lavoratori del mondo dello spettacolo

Lo scorso 27 aprile, nell’introduzione della Santa Messa celebrata come ogni mattina a Casa Santa Marta, Papa Francesco ha rivolto una preghiera speciale per gli artisti “che hanno questa capacità di creatività molto grande e per mezzo della strada della bellezza ci indicano la strada da seguire. Che il Signore dia a tutti noi la grazia della creatività in questo momento”.

Un gesto di affetto e vicinanza che ha colpito molti artisti, tanto che Diego Abatantuono, Stefano Accorsi, Roberto Andò, Alfredo Balsamo, Marco Balsamo, Margherita Buy, Carla Cavalluzzi, Francesco De Gregori, Pierfrancesco Favino, Anna Ferzetti, Giuseppe Fiorello, Rosario Fiorello, Alessandro Haber, Valerio Mastandrea, Ferzan Ozpetek, Mimmo Paladino, Rocco Papaleo, Leonardo Pieraccioni, Fabrizia Pompilio, Sergio Rubini, Gabriele Salvatores, Giuliano Sangiorgi, Valeria Solarino, Carlo Verdone, Giovanni Veronesi, hanno chiesto allo scrittore Sandro Veronesi di inviare al Santo Padre una lettera di ringraziamento per le sue parole, in rappresentanza dei lavoratori dello spettacolo.

Questo il testo della lettera, pubblicata il 27 aprile su Il Corriere della Sera, a cui è stata allegata anche un’opera di Mimmo Paladino, che rappresenta un “Cristo spezzato”:

“Caro Francesco, Santo Padre, ti scrivo per rappresentarti la commozione di tanti miei amici artisti per la preghiera con la quale, lunedì mattina, prima della messa delle sette, li hai rammentati. Ma come? Proprio il Papa ci raccomanda a Dio, dopo che per secoli la Chiesa ha imposto agli artisti la sepoltura fuori dalle mura, cioè fuori dalla terra consacrata, insieme con i suicidi e i non cattolici? Proprio lui si è ricordato di noi, si è preoccupato per noi, ha pregato per noi? Non riuscivano a crederci, capito? Si erano già abituati al fatto che in questo momento nessuno abbia un pensiero per loro, e anzi emerga, come sempre nei tempi di restrizioni, quell’avversione piccolo-borghese nei confronti degli irregolari.
Ne è nato un gran subbuglio, caro Francesco, perché i miei amici artisti hanno desiderato fin da subito farti toccare la loro gratitudine, e sono per lo più attori, commedianti, parecchio sanguigni e inclini alla teatralità ma anche, purtroppo, quasi tutti pazzi, ignoranti, arruffoni, sfacciati, litigiosi, insolenti, maleducati, viziosi, incapaci di comunicare degnamente un proprio stato d’animo se non per il tramite di un grande poeta che metta loro in bocca, una a una, le parole. Allora diventano delicati, immensi, sublimi,  ma stavolta non avevano Shakespeare sotto mano, non avevano Eduardo, Molière, Cechov o Pirandello: avevano solo me, e questa è la ragione per cui tanto indegnamente ti sto scrivendo. Però, anche se ti sto scrivendo per conto degli amici che mi hanno chiesto di farlo, e cioè Picchio, Sergio, Margherita, Rosario, Carlo, Carla, Rocco, Leonardo, Alfredo, Marco, Fabrizia, Roberto, Diego, Stefano, Ferzan, Giovanni, Valeria, Valerio, Giuliano, Alessandro, Anna, Gabriele, Francesco, la tua preghiera di lunedì, così semplice, così universale, autorizza a credere che anche tutti gli altri artisti del mondo siano in questo momento colmi di riconoscenza nei tuoi confronti, compresi quelli che vivono in Paesi i cui governi abbiano dato segno di avere a cuore, tra le tante, anche le loro tribolazioni. E non solo: sempre per il tramite dei miei amici, sono a rappresentarti la riconoscenza anche dei loro amici invisibili, i comprimari, gli assistenti, i tecnici, i lavoratori in genere che danno il loro necessario contributo affinché gli artisti possano indicare, come tu hai detto, la strada per la bellezza. E questi sono tanti, caro Francesco, e tu lo sai, migliaia, e non hanno la minima idea di quando potranno tornare a lavorare. Tribolano, e più sono invisibili più tribolano, e i miei amici mi hanno pregato di ringraziarti anche da parte loro.

Ce n’è poi uno, tra questi amici, Mimmo, che mi ha chiesto di allegare a questa lettera anche un suo piccolo omaggio. È il ritratto di un altro amico, amico tuo, certo, soprattutto, ma anche nostro, amico di tutti, che da venti secoli indica la strada della salvezza, raffigurato nella postura che lo ha reso così amato, potente e necessario.

Ecco, caro Francesco, ho compiuto il mio dovere. Permettimi ora di unirmi ai miei amici nel ringraziamento e soprattutto nel saluto finale, che ripesco proprio da quel repertorio di bellezza e genialità che deve tornare al più presto ad arricchirsi: ed è anche il modo di porgerti il mio rispetto dopo essermi rivolto a te con un tono così sfrontatamente confidenziale.

Ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi, senza chiederti nemmeno di stare fermo. Puoi muoverti quanto ti pare e piace, e noi zitti, sotto”.

credit foto Vatican Media

 

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