Intervista con Giorgio Pasotti, protagonista della serie “Mina Settembre”: “E’ stato bello interpretare Claudio perchè non ha nulla in comune con me”

Riservato, appassionato, acculturato, poliedrico: Giorgio Pasotti è tra gli attori più amati del panorama italiano e in ogni ruolo che interpreta per il cinema la tv o il teatro riesce sempre ad essere credibile e a regalare emozioni.

Nella sua carriera ha lavorato con registi quali Mario Monicelli, Gabriele Muccino, Paolo Sorrentino, Carlo Vanzina, ha dato il volto a tanti personaggi differenti, dall’ispettore di polizia a Giuseppe Garibaldi e David Copperfield e ora è tra i protagonisti della serie “Mina Settembre”, in onda dal 17 gennaio su Rai 1, nel ruolo di Claudio, un algido magistrato che cerca di riconquistare la moglie da cui si è da poco separato.

Giorgio Pasotti ha anche diretto due pellicole, “Io, Arlecchino” e “Abbi fede”, fa parte dell’Associazione U.N.I.T.A. ed è direttore del Teatro Stabile d’Abruzzo.

In questa intervista che ci ha gentilmente concesso ci ha parlato di “Mina Settembre” ma anche dei prossimi progetti e del desiderio di raccontare una storia con uno sportivo come protagonista.

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Giorgio Pasotti in “Mina Settembre” – credit foto Ufficio Stampa Rai

Giorgio, nella nuova serie “Mina Settembre” in onda su Rai 1 interpreta Claudio, un magistrato in carriera che si è appena separato dalla moglie e soffre di sensi di colpa per averla tradita. Cosa l’ha affascinata di questo personaggio?

“Il personaggio di Claudio non è facile da interpretare, potrebbe non essere capito o solo giudicato per ciò che ha fatto senza comprenderne le motivazioni… invece personalmente nutro una grande simpatia verso di lui, perché sbagliare è umano ma è ciò che cerca di fare poi nel tentativo di riconquistare la donna che ama che lo rende ai miei occhi una persona positiva, persino da ammirare”.

La serie è liberamente tratta dai romanzi di Maurizio De Giovanni. Come si è preparato per interpretare Claudio e ha riscontrato delle affinità con lui?

“Claudio è molto, molto lontano da me, non abbiamo nulla in comune. Questo è il motivo per cui è stato bello interpretarlo. Non amo personaggi vicini a me ma cerco sempre di lavorare su caratteri molto distinti, quella è la sfida ogni volta. Sedersi su cose semplici non è gratificante e non dovrebbe nemmeno essere il principio su cui uno svolge questo lavoro. Claudio è un uomo che sbaglia, ha sbagliato e cerca di risalire la china, è vero, umano, non un supereroe o un personaggio di un solo colore”.

Come si è trovato ad essere diretto dalla regista Tiziana Aristarco?

“In passato avevo già lavorato con una regista donna, mi capitò con Monica Vullo in Distretto di Polizia, ma sono passati tanti anni ed è stato come fosse una nuova prima volta. Tiziana è determinata, capace, intelligente, curiosa. Sa ciò che vuole e lo ottiene con educazione, dolcezza, doti che un attore come me non può che ammirare. Così ubbidisco (sorride). Si è creato nel tempo un bellissimo rapporto che mi auguro possa proseguire in futuro o con Mina Settembre o con un altro progetto”.

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Giorgio Pasotti in “Mina Settembre” – credit foto Ufficio Stampa Rai

E’ anche la prima volta che prende parte a un progetto girato a Napoli, una città piena di colori e contraddizioni. Cosa l’ha colpita maggiormente?

“Napoli è a tutti gli effetti protagonista di questa storia tanto quanto ogni attore presente, anzi di più. E’ una città che non puoi contenere, circoscrivere a semplice palcoscenico di un evento. Ovunque metti la macchina da presa entra prepotentemente nell’inquadratura, non si può nascondere, non vuole essere nascosta ma prevarica su tutto. È una città che conoscevo ma non dal punto di vista cinematografico. Ogni suo angolo ha un’anima, un qualcosa che ti verrebbe voglia di raccontare. C’è stato un bellissimo lavoro sul suono, di recupero e di riutilizzo, Napoli e i suoi rumori sono già di per sé una storia nella storia”.

Com’è stato tornare sul set dopo il lockdown?

“In realtà questa serie è iniziata prima del lookdown per poi essere interrotta e ripresa in estate proseguendo con un’evidente difficoltà fino a novembre. È durata praticamente un anno. Se da un lato il set diviene un luogo molto sicuro durante l’epidemia, per lo stesso motivo ti isola, diventa una bolla che ti fa sentire in un non luogo mentre girare un film significa anche vivere il posto che ti ospita”.

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Giorgio Pasotti in “Il Silenzio dell’acqua” – credit foto Ufficio Stampa Mediaset

Nella sua carriera ha spaziato tra teatro, cinema, lavorando con grandi registi da Monicelli a Sorrentino, e serie tv di successo come “Distretto di polizia”, “Il silenzio dell’acqua”, “Il Capitano Maria” e molte altre. C’è un personaggio in particolare che le è rimasto nel cuore?

“Onestamente no, ogni personaggio che ho interpretato mi ha dato qualcosa e si è preso qualcosa. Il vero privilegio è stato poter lavorare con registi come quelli che ha citato lei, Monicelli, Sorrentino, che considero un talento incredibile. Ogni cosa che ho fatto mi ha lasciato dentro un’esperienza che negli anni si è trasformata in un riferimento professionale”.

Nel 2020 è uscita la sua opera seconda “Abbi fede”, basata su “Le mele di Adamo” di Anders Thomas Jensen, una commedia surreale e dolceamara, che riflette sulla necessità umana di conservare sempre e comunque la speranza. Com’è nata l’idea di questo film uscito su RaiPlay?

“Le mele di Adamo è un film danese uscito in Italia nel 2005, praticamente inosservato. Io me ne innamorai a prima vista. Da allora ho sempre mantenuto viva la speranza di poterlo rifare. Sono un appassionato di cinematografia scandinava, da Bergman in poi ogni pellicola che producono porta con sé un’intelligenza, una profondità che mi scuote, che mi rimane dentro. Sono film che richiedono la collaborazione di chi li vede, stimolano un pensiero, usando le parole di Ermanno Olmi “l’arte dovrebbe servire a far capire”. Ecco questo è un principio che si dovrebbe seguire facendo questo lavoro. Questo film, per assurdo, è per noi in Italia più attuale oggi che nel 2005. Problemi come il razzismo, il terrorismo, gli estremismi generali sono all’ordine del giorno. “Abbi fede” tratta tutto con ironia e intelligenza, si ride e non poco di cose che fanno paura. Che poi è il principio della commedia all’italiana, se ci pensiamo”.

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Giorgio Pasotti in “Abbi Fede” – ufficio stampa Rai

Da ex atleta professionista di Wushu le piacerebbe raccontare una storia che vede protagonista uno sportivo?

“Assolutamente sì, non me lo hanno mai chiesto nonostante i miei trascorsi sportivi. Ma si sa, noi italiani siamo bravissimi a non sfruttare ciò che abbiamo (sorride). Quindi aspetto l’occasione”.

In quali progetti sarà prossimamente impegnato?

“Ne ho diversi: ho una serie in partenza per Rai 1, il mio terzo film da regista e soprattutto lavorare al Teatro Stabile d’Abruzzo di cui sono direttore artistico, un compito molto difficile a causa del momento parecchio delicato in cui stiamo vivendo”.

Tra i tanti riconoscimenti che ha ricevuto c’è anche il Premio Giuliano Gemma 2020 come migliore attore tv. Cosa ha rappresentato per lei?

“Quel premio unisce due delle passioni più grandi per me: la recitazione e il pugilato. Il primo è anche il mio lavoro, il secondo lo pratico da quasi trent’anni anche se non sono potuto diventare professionista. E’ un riconoscimento che mi riempie di gioia e che porta il nome di un attore che è stato un esempio, antesignano di tutti quegli artisti capaci di essere stuntman di se stessi, di saper passare da un genere cinematografico all’altro con semplicità e naturalezza”.

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foto tratta dal profilo Facebook di Giorgio Pasotti

E’ tra i soci fondatori dell’Associazione U.N.I.T.A. ed è anche direttore del Teatro Stabile d’Abruzzo. Quali pensa possano essere gli scenari futuri del teatro e del cinema dopo la pandemia?

“Attraverso U.N.I.T.A. si sta lavorando per dare sostanzialmente dignità a una categoria, quella degli attori, che oggi non ne ha minimamente. L’obiettivo è avere pari diritti rispetto a tutti gli altri lavoratori. È una bellissima sfida, è un impegno che tanti attori prima di noi hanno provato a portare avanti ma con risultati altalenanti. Bisogna essere coesi e fare fronte comune, per natura gli attori sono poco inclini a questo, ognuno tende a guardare alla propria carriera… ma oggi per pochi fortunati ci sono tanti, troppi lavoratori dello spettacolo che non arrivano a fine mese, che faticano a mettere un piatto caldo in tavola per i propri figli. Tutto ciò è inaudito, non si può accettare. Mi sono insediato a fine novembre alla direzione del Teatro Stabile d’Abruzzo e il primo progetto che ho voluto si chiama “l’arte non si ferma”, in pratica produrremo circa 20 compagnie locali, spettacoli inediti, che filmeremo in un teatro e manderemo in onda attraverso le due emittenti televisive più importanti abruzzesi. Questo è un aiuto concreto che oltre a dare una mano economicamente soddisfa quelle che sono poi le esigenze  di ogni artista: far vedere il proprio lavoro e condividerlo con un pubblico che oggi a teatro non può andare”.

Cosa si augura per il 2021?

“Per il 2021 mi auguro che tutto possa tornare come sempre, che si possa tornare ad una vita normale, per le persone anziane che hanno sofferto, per i nostri figli che hanno vissuto in modo innaturale. Mi auguro che si riprenda a lavorare e che l’inevitabile caduta economica non lasci dietro a sé strascichi pericolosi. Mi auguro che si sia presa coscienza di quanto sia importante rispettare la natura, forse alcuni non hanno ancora capito che siamo solo ospiti di questa terra che stiamo distruggendo sconsideratamente. Mi auguro infine che si esca da questa pandemia arricchiti di un insegnamento, che si possa trarre qualcosa di positivo da tutto ciò, altrimenti quando si ripartirà quello che abbiamo vissuto non sarà servito a nulla se non a lasciare le nostre vite più tristi, con i ricordi delle persone care andate via senza ragione alcuna”.

di Francesca Monti

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