Intervista con Erika Urban, protagonista dello spettacolo “Ultima Notte Mia”: “Mi hanno colpito molto l’onestà intellettuale, l’integrità, la generosità sincera di Mia Martini e sono felice di portare in giro da quasi dieci anni il suo nome e la sua storia”

Martedì 11 maggio alle ore 20,45 si conclude Teatro 2.0 Live Streaming “Ieri e Oggi”, la rassegna di approfondimento teatrale a cura del giornalista Luca Cecchelli e Roberto Piano prodotta da ReklamaTv, con lo spettacolo in diretta streaming “Ultima notte Mia”, monologo in omaggio alla cantante Mia Martini in occasione dell’anniversario della scomparsa, interpretato da Erika Urban, scritto da Aldo Nove e diretto da Michele De Vita Conti.

Mia Martini è stata trovata riversa sul suo letto, le cuffie ancora sulle orecchie, in una mattina del maggio 1995. Stava lavorando ad una sua canzone. Moltissimo si è detto sulla morte di questa grande cantante italiana. Poche notizie vere o plausibili ma tutte clamorose. Tuttavia, pur senza ignorarle, l’intento dell’autore non è la ricerca di una qualche verità o della soluzione di un giallo. La vita di Mia Martini è un esempio raro, se non unico, di come l’ignoranza e l’invidia possano distruggere non solo la carriera di una persona, ma la persona stessa. É il racconto di quella storia e altre della sua vita, dei suoi sogni infantili, della sua famiglia lacerata. Un testo dolce e malinconico nel quale la malinconia non è sinonimo né sintomo di pigrizia, ma memoria di una grandissima vitalità che è andata estinguendosi. In un’ora il racconto di una vita gigantesca che a poco a poco si spegne.

“Ultima notte Mia. Mia Martini, una vita” ha debuttato nel 2013 e ha avuto repliche in varie città tra cui Milano, Torino, Vicenza e Pescara. A maggio 2018 è stato ospitato a New York, al Brick Theatre di Brooklyn e alla Casa italiana Zerilli-Marimò all’interno della rassegna teatrale In Scena! Italian theatre Festival NY. I biglietti sono acquistabili tramite il sito di Reklama Tv: https://www.reklamatv.eu/live/

In questa intervista che ci ha gentilmente concesso Erika Urban ci ha parlato di “Ultima Notte Mia” ma anche dei prossimi progetti e dei ricordi legati al maestro Luca Ronconi.

Erika, porti in scena in streaming il monologo “Ultima notte Mia”, in omaggio a Mia Martini. Cosa ti ha colpito maggiormente di questa grande artista?

“Mi hanno colpito moltissimo la sua bellezza e onestà intellettuale, la sua integrità come persona, nel porsi anche nei confronti del pubblico, la generosità sincera, oltre al suo immenso talento. Non era solo una cantante ma una compositrice e polistrumentista, viveva e conosceva la musica a tutto tondo. Approfondendo la sua vita e il suo percorso mi sono resa conto che andava anche controcorrente e ne pagava le conseguenze, si prendeva la responsabilità delle sue scelte. Per una donna in generale essere così indipendente, non legata alla figura maschile non era semplice, quindi era molto coraggiosa e questa cosa dava fastidio. Il discorso delle malelingue e della nomea di porta sfortuna è stato un modo per farla fuori”.

E proprio queste malelingue, queste assurde cattiverie, hanno inciso molto sulla sua vita e sulla sua carriera. Un tema attuale purtroppo perché ancora oggi si sente parlare di pregiudizi e di solitudine nel mondo dello spettacolo…

“Purtroppo questo problema esiste ancora in generale ed è rimasta anche questa voce su Mia Martini, infatti Aldo Nove che ha scritto il libro da cui è stato tratto il monologo teatrale ha avuto grossi problemi nel presentare l’opera “Mi chiamo…”, e alcuni non hanno neanche troppo nascosto che una delle difficoltà fosse legata al fatto che si parlava di Mimì. Invece io sono contentissima di portare in giro da quasi dieci anni il suo nome, la sua storia, a me ha dato solo cose belle e mi ha fatto molto riflettere su quanto possa fare del male la superstizione”.

Nello spettacolo non interpreti le canzoni di Mia Martini ma fai rivivere la sua voce interiore. Qual è il brano a cui sei più legata?

“Ce ne sono diversi, perché sono così forti emotivamente grazie alla sua interpretazione che potrei ascoltarli in loop per ore. Canzoni come Almeno tu nell’universo, E non finisce mica il cielo, mi emozionano sempre e racchiudono anche la sua essenza, infatti lei era una persona molto godereccia, le piaceva stare in compagnia, condividere le gioie, per cui c’è anche il lato solare del suo carattere che magari emerge meno”.

Avete portato questo spettacolo a New York nell’ambito del Festival InScena!. Che esperienza è stata?

“E’ stata una bellissima esperienza. Eravamo, parlo al plurale perché mi sento sempre insieme a Mimì, in contatto spirituale con lei quando recito questo monologo, all’interno del Festival InScena! che raccoglie gli spettacoli italiani più interessanti in una rassegna che si svolge a Brooklyn e a Manhattan, e la maggior parte del pubblico non è composto da italiani quindi è stato interessante vedere la reazione che è stata molto forte perché è una storia universale. La cosa che mi ha colpito è che per loro fosse inconcepibile culturalmente anche solo pensare che una persona potesse portare sfortuna. Al termine c’era anche un dibattito ed è stato bello scoprire l’interesse che gli spettatori avevano nei confronti di questa artista che non conoscevano, perché Mia Martini era famosa in Francia e in altri Paesi ma non Oltreoceano”.

Hai avuto modo di confrontarti riguardo lo spettacolo con le sorelle di Mia Martini?

“No, ho tentato varie volte di contattare Loredana Bertè, mi avrebbe fatto molto piacere invitarla a vedere lo spettacolo e avere un suo parere ma al momento non è stato possibile. Conto però di continuare a portare in tour “Ultima notte Mia” che ormai fa parte di me e speriamo che in futuro ci sia la possibilità di avere in sala qualcuno della sua famiglia”.

Lo spettacolo verrà trasmesso in diretta streaming. Pensi che questa modalità di fruizione possa essere una possibile alternativa?

“Credo che bisogna sempre cogliere l’occasione per trasformare le cose negative in positive. L’utilizzo della tecnologia nell’ultimo anno è cresciuto in modo esponenziale e penso che anche il teatro possa avere un’evoluzione, un cambiamento, un’altra voce. In streaming dovrà diventare più cinematografico, si dovrà pensare a regie fatte apposta mentre ora è ancora un ibrido. Però a mio parere è una possibilità in più senza togliere nulla allo spettacolo in presenza che dà altre sensazioni sia a chi recita che a chi assiste. L’importante è che venga valutata anche tutta la questione legislativa e dei diritti intorno allo streaming perché ora è un po’ una giungla”.

Ti sei diplomata al Teatro Stabile di Torino con Luca Ronconi. Qual è il consiglio più prezioso che ti ha dato?

“Credo che sia stata una delle esperienze più belle della mia vita vivere quei due anni con Ronconi che è stato meraviglioso come docente di teatro oltre che come regista. Ho avuto la possibilità di lavorare ore e ore solo con lui, incontrare registi da tutto il mondo che passavano di lì e venire a conoscenza di tanti punti di vista diversi. Era molto rigoroso, pretendeva tanto da noi studenti che avevamo venti anni e ci diceva di essere attenti, curiosi, di non smettere mai di farci domande, di crescere e studiare, di essere onesti e fare sempre del proprio meglio, perché lo spettacolo è composto da vari attori e ognuno ha la propria funzione. A differenza del cinema nel teatro non ci sono ruoli accessori, ogni interprete è responsabile della riuscita finale dello spettacolo ed è importante che ciascuno dia sempre il massimo”.

C’è un ruolo tra quelli che hai finora interpretato a teatro, al cinema e in tv che ti è rimasto nel cuore?

“Oltre a Mia Martini sono legata al personaggio di Atena che ho interpretato in “Pilade” diretta da Luca Ronconi. Avevo questo costume bellissimo, interpretavo questa dea che andava in bicicletta. E’ stato il mio primo vero spettacolo, con un testo meraviglioso. Il regista aveva fatto costruire un’impalcatura fuori dal castello di Rivoli per cui arrivavo in scena come se camminassi nel nulla”.

Tra le tue skills ho visto che c’è il pattinaggio su ghiaccio. E’ uno sport che pratichi tuttora?

“Non l’ho mai praticato a livello agonistico ma mi piace questo sport. Da piccola ho imparato a pattinare e anche oggi, quando c’è la possibilità, metto i pattini, torno una bambina di cinque anni e mi diverto come una pazza. Se capitasse un personaggio al cinema in cui è richiesta questa abilità sarei pronta a interpretarlo”.

In quali progetti ti vedremo prossimamente?

“Tra poco sarò in scena con uno spettacolo che si chiama “Bengala a Palermo” con la regia di Marco Canniti e sono veramente felice di lavorare con lui che è un bravissimo regista e una persona deliziosa e poi il tema è veramente interessante perché il testo scritto da Daniela Morelli parla della comunità bengalese a Palermo e del fatto che sia una città molto inclusiva, che abbraccia, accoglie, nel senso che chi va a viverci a prescindere dalle origini diventa palermitano. Sarò una mamma bengalese molto rigida, legata alle tradizioni e per interpretarla ho imparato anche questa lingua. Inoltre prossimamente con la compagnia Op.64 che si occupa di opera contemporanea, racconteremo la storia delle sorelle Giussani che sono le autrici di Diabolik in uno spettacolo con la regia di Federica Santambrogio, sempre con un testo di Daniela Morelli e con la direzione musicale di Pilar Bravo”.

di Francesca Monti

Grazie a Luca Cecchelli

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