Sabato 4 settembre alle ore 21.00 sul palco del “Premio Ravera: “Una canzone è per sempre” che si terrà a Tolentino (Mc) si esibirà Piero Mazzocchetti, tra i più importanti tenori e crooner italiani apprezzato in tutto il mondo.
In questa intervista abbiamo parlato con lui dei suoi inizi musicali in Germania, della Crossover Academy da lui fondata in Abruzzo, ma anche del singolo estivo “Il ritmo degli esseri umani” con Gabriele Cirilli e dell’esperienza a “Tale e Quale Show”.
Piero, sei tra gli ospiti del Premio Ravera. Puoi raccontarci cosa porterai sul palco di Tolentino?
“Interpreterò un brano a cui tengo molto, “Un amore così grande”, che porto da tanto tempo in giro per il mondo. Spero poi di poter cantare anche “I migliori anni della nostra vita”, un inno alla ripartenza e alla bellezza dell’umanità. Spazierò dalla lirica al pop che è quello che faccio in qualità di crossover”.
Una serata dedicata a Gianni Ravera che ha dato un apporto fondamentale alla musica e allo spettacolo…
“E’ un premio importante perché Ravera è stato uno dei propulsori della riforma del Festival di Sanremo e ha dato tanto al mondo dello spettacolo. Quindi anche le nuove generazioni credo che debbano conoscere personaggi come lui, Aragozzini, Bardotti che hanno fatto la storia della kermesse e che hanno messo gli artisti in condizione di salire su quel palco e di ottenere grandi risultati. Con Pasquale Mammaro mi sembra di tornare ai fasti dei tempi passati dove si contemplava sul palcoscenico la vera trasversalità che parte da Orietta Berti che con il tormentone “Mille” è la regina dell’estate, Al Bano che incarna la tradizione della melodia italiana nel mondo, io che rappresento il crossover di cui Andrea Bocelli è il capostipite e che in Italia facciamo solo in quattro, io, lui, Il Volo e Alberto Urso, perché è un genere particolarmente difficile, per il quale bisogna avere oltre al talento anche una predisposizione a viaggiare, una preparazione artistica, e un grande spirito di sacrificio in quanto è apprezzato soprattutto all’estero e non è facile oggi prendere una valigia e partire lasciando le sicurezze del tuo Paese, specialmente se sei coccolato dalla tv, dai media e dai social. Mi sembra che sul palcoscenico del Premio Ravera ci sia grande internazionalità e questo deve essere anche un messaggio rivolto ai giovani per capire che la musica va concepita a 360° ma che allo stesso tempo passa dalla storia e se non la conosciamo non possiamo rispettare quello che è presente e proiettarci nel futuro”.
A proposito di estero, la tua carriera è iniziata proprio in Germania…
“E’ partita dalla Germania nel lontano 1999 quando da pianobarista ventenne mi catapultai nelle classifiche delle hit parade con un pezzo che scrissi che si chiamava L’eternità in quanto mi ascoltavano Rummenigge e Beckenbauer, da lì ebbi la possibilità di cantare negli stadi in occasione di partite importanti. Poi mi scritturò la Universal e da sconosciuto arrivai ad essere una star, quindi ho preso parte a Sanremo 2007 tra i Big arrivando terzo e da quel momento ho iniziato un progetto anche teatrale italiano. Sono contento di quello che faccio”.
Cosa ci racconti riguardo della tua Crossover Academy con sede a San Giovanni Teatino?
“Ho fondato un’accademia in Abruzzo che dà ispirazione e formazione a tanti ragazzi, abruzzesi e non, e mi dà tante soddisfazioni lavorare, parallelamente alla mia carriera artistica, come formatore e vedere i giovani affidarsi alla mia struttura dove vengono tutelati, formati e dove hanno la possibilità di affacciarsi ai talent con la preparazione e quella conditio di umanità e umiltà che credo sia fondamentale per ogni artista. Io ho fatto gavetta, ho lavorato tanto, ho viaggiato, nessuno mi ha mai regalato nulla. Ho deciso di tornare nella mia terra che è ricca di talenti ma non di strutture e investire con passione, al di là della visibilità, per evitare che tanti ragazzi debbano emigrare in altre città per inseguire il loro sogno, come ho fatto io”.
Hai partecipato nel 2007 al Festival di Sanremo con l’emozionante brano “Schiavo d’amore”. Ti piacerebbe tornare sul palco dell’Ariston?
“Nel crossover si dice che Sanremo dovrebbe essere fatto due volte, la prima e l’ultima ma non è facile trovare un brano che sia fortissimo su quel palco che mette tanta paura. Come artista pop non ho la necessità di sfornare un Festival ogni due anni, come crooner promuovo la musica italiana nel mondo, la lirica e le mie canzoni. Certo, se avessi un brano che strizza l’occhio al crossover e che possa parlare ai giovani riproverei a partecipare”.
Ti piacerebbe ripetere l’esperienza in un musical dopo quella in L’arca di Giada?
“Il musical mi ha entusiasmato perché quel ruolo era centrato per la mia vocalità, è un mondo bellissimo, è un’appendice della lirica, del melodramma, dell’operetta. Io sono un amante di Verdi, Mascagni e Puccini e penso che se quest’ultimo fosse nato nell’era contemporanea sarebbe stato il più grande autore di musical perché la Tosca, la Turandot lo sono di fatto per le storie appassionanti che ancora dopo 200 anni riempiono i teatri del mondo”.
Sei stato tra i concorrenti di “Tale e Quale Show”. Cosa ti ha lasciato la partecipazione a questo talent?
“E’ stata una bella esperienza, Carlo Conti voleva che un tenore di respiro internazionale approdasse a un talent e gli desse quel tocco di trasgressione. Io vengo dal pop e mi sono messo in gioco e divertito molto. E’ stato faticoso a livello fisico perché i trucchi sono massacranti così come certe posture che devi assumere. Carlo è un grande professionista ed una persona che cerca di mettere tutti a proprio agio. Non rifarei Tale e Quale Show perché credo che certe esperienze vadano fatte una sola volta nella vita altrimenti perderebbero quel fascino che hanno. Del resto la prima volta è come il primo amore e ti dà delle emozioni irripetibili”.
Dicevi poco fa che hai fatto tanta gavetta partendo dal pianobar, pensi che oggi ai giovani artisti manchi la possibilità di fare esperienza e formarsi, visto che la musica è sempre più liquida e i talent sfornano continuamente nuovi cantanti?
“Io non sono un bacchettone classico, perché con la mia Accademia mi interfaccio con i talent, abbiamo ragazzi che vanno a All Together Now, Amici, The Voice, X Factor. I talent purtroppo hanno un po’ tolto la possibilità ai giovani di formarsi davvero, prendendo il posto dei Conservatori. La musica non è solo saper cantare o suonare quattro note tanto poi ci sono gli autori, gli arrangiatori, o le discografiche che ti mettono in condizione di avere un bel vestito addosso. I ragazzi invece devono tornare a studiare perché se i progetti non funzionano si viene subito scansati da altre proposte e non sono così preparati da poter dire la loro. Quando non sei un musicista ma quello che ottieni è legato al fatto che sei un buon personaggio o un buon prodotto commerciale se non vai più bene vieni scartato. Se invece c’è la preparazione e si aspetta un po’ le cose possono cambiare. Si è abbassata l’età della promozione e della propulsione artistica, a 18 anni noi eravamo ancora in Conservatorio, la voce aveva appena finito la muta e dovevamo studiare per renderla ferma, oggi a quell’età i ragazzi mi chiedono “cosa faccio se non riesco a sfondare” e questo è pericoloso. Non hanno ancora una struttura mentale tale da poter dettare ritmi, tempi e condizioni, sono facilmente plasmabili e hanno fame di popolarità tramite la tv e i social. Magari per uno che ce la fa ce ne sono cento che non riescono e si demoralizzano. Sono a favore dei talent con intelligenza, che diano una prospettiva e una formazione. Oggi si è creato un mondo discografico a parte. Ai tempi si andava sul palco con una chitarra a conquistare il pubblico con il sudore, invece ora è facile avere i follower ma sono virtuali. Non è la qualità della musica che determina il successo di un artista ma la promozione. Un pezzo può essere meno bello ma se in quel momento è congeniale alla major o al mercato va bene comunque. Non c’è più obiettività e meritocrazia ma la forza economica nell’imporre qualcosa che deve essere imposta”.
E’ uscito poche settimane fa il singolo “Il ritmo degli esseri umani” in cui canti con Gabriele Cirilli. Un brano che è un inno alla ripartenza. Com’è nato?
“E’ una follia tra amici abruzzesi, Gabriele a maggio mi ha chiesto di fare qualcosa insieme, ho chiamato il mio produttore Marco De Antonis che mi ha proposto questo brano, dove io non esco dalle vesti del classico tenore un po’ abbottonato mentre Gabriele mette la sua vena ironica. Era un pezzo presagio di una riapertura, in quanto stavamo uscendo da una situazione drammatica e ci siamo buttati senza preoccuparci dei risultati. Avevamo le nostre tournée e non abbiamo potuto fare molta promozione ma non ci aspettavamo di ottenere questo risultato e siamo contenti di aver dato il nostro contributo all’estate. Il pezzo viene ballato nelle balere e credo possa essere anche riproponibile in futuro perché è solare”.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
“Sono fortunatamente ripartito con la mia tournée, ho fatto dieci date in un mese con Tonight, e riporterò nei teatri in Italia e all’estero, in Canada, Argentina, Germania e Russia il mio spettacolo Amara terra mia, un viaggio di 90 anni attraverso la musica dagli anni Trenta ad oggi passando per Modugno, Dean Martin, Sinatra e tanti artisti che ancora oggi, se interpretati con garbo e con una veste nuova, possono parlare ad un pubblico trasversale, anche giovane”.
di Francesca Monti