E’ stato presentato in anteprima nella sezione Fuori Concorso della 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia il film “Ezio Bosso. Le cose che restano” di Giorgio Verdelli, prodotto da Sudovest Produzioni, Indigo Film con Rai Cinema e in uscita nelle sale con Nexo Digital solo il 4, 5, 6 ottobre.
Al centro della carriera e dell’esistenza di Ezio Bosso (1971-2020), che è stata quanto di più atipico si possa immaginare, sia per le vicende personali che professionali, c’è sempre stato l’amore per l’arte, vissuta come disciplina e ragione di vita. Nel film il racconto è affidato allo stesso Bosso, attraverso la raccolta e la messa in fila delle sue riflessioni, interviste, pensieri in un flusso di coscienza che si svela e ci fa entrare nel suo mondo, come in un diario. La narrazione è stratificata, in un continuo rimando fra immagine e sonoro. Le parole dell’artista si alternano alla sua seconda voce, la musica, e alle testimonianze di amici, famiglia e collaboratori che contribuiscono a tracciare un mosaico accurato e puntuale della sua figura.
Portatore di un potente messaggio motivazionale nella sua vita e nella sua musica, Ezio Bosso è stato e sarà sempre una fonte d’ispirazione per chiunque vi si avvicini.
“Improvvisare nel jazz è molto difficile perché devi conoscere le regole dell’armonia. È un po’ quello che abbiamo fatto nel docufilm, ci siamo adeguati continuamente al pubblico, alla musica, al soggetto. Si conosceva solo una parte dell’avventura musicale e umana di Ezio Bosso, abbiamo cercato di far emergere anche quella nascosta. Un grande artista non muore mai, restano le sue opere. Nel caso di Ezio rimangono anche le sue parole”, ha detto il regista Giorgio Verdelli.
“Quello che arriverà al pubblico è la fame di vivere che aveva Ezio Bosso, fino all’ultimo istante”, ha dichiarato De Luca.
Le prevendite per l’uscita nei cinema italiani apriranno ufficialmente il 13 settembre, nel giorno del compleanno di Ezio Bosso, l’elenco delle sale aderenti sarà disponibile su www.nexodigital.it.
di Francesca Monti
credit foto La Biennale