“Era la mia prima Paralimpiade, è stato un esordio fantastico e sono soddisfatto per le quattro medaglie che ho conquistato“. Simone Barlaam, 21 anni, in forza alla Polha Varese, ha fatto sognare l’Italia ai Giochi di Tokyo 2020, conquistando l’oro nei 50 stile libero S9 con record paralimpico e una spettacolare progressione finale, l’argento nei 100 farfalla e i bronzi nella staffetta 4×100 stile libero con Stefano Raimondi, Simone Ciulli e Antonio Fantin, e nella staffetta 4×100 mista con Riccardo Menciotti, Stefano Raimondi, Antonio Fantin, Federico Bicelli e Federico Morlacchi.
Stella del nuoto azzurro, sette medaglie d’oro iridate in bacheca, studente di ingegneria meccanica al Politecnico di Milano, Simone Barlaam in questa intervista che ci ha gentilmente concesso ci ha parlato delle emozioni che ha vissuto a Tokyo, di come si è avvicinato al nuoto, della passione per il disegno e del sogno di pubblicare un fumetto o un libro di illustrazioni.
Simone, ai Giochi di Tokyo 2020 hai conquistato ben quattro medaglie. Ci racconti le emozioni che hai vissuto in quel momento?
“E’ stata una montagna russa di emozioni, da un lato quelle super positive e belle, e dall’altro un po’ negative per alcune cose che avrei potuto fare meglio. Era la mia prima Paralimpiade, è stato un esordio fantastico e sono soddisfatto per le quattro medaglie che ho conquistato, specialmente l’oro nei 50 stile libero che mi ha liberato da un macigno che avevo addosso”.
Qual è il ricordo più bello che porti nel cuore di queste Paralimpiadi?
“Oltre alle medaglie, il ricordo più bello è stato la gara del mio compagno di squadra Alberto Amodeo che ho visto dagli spalti insieme al mio grande amico Federico Morlacchi. Il suo argento era completamente inaspettato e stava per venirmi un colpo dall’emozione (sorride). Siamo corsi in zona mista ad abbracciarlo ed è stato un momento bellissimo, perché noi tre siamo molto legati ed è stata la ciliegina sulla torta che rappresenta la nostra amicizia”.
Quanto è stata complessa la preparazione ai Giochi?
“E’ stata molto complicata fisicamente in quanto la preparazione è stata estenuante e mentalmente perché si viveva con questa continua incognita sul poter partecipare o meno ai Giochi. Anche quando siamo arrivati al Villaggio Olimpico non c’erano certezze assolute in quanto se il tampone fosse risultato positivo saremmo dovuti rimanere in isolamento. Quindi ci accompagnava questa ansia costante. Fortunatamente tutto è andato bene anche da quel punto di vista e siamo arrivati al coronamento di un percorso lungo cinque anni”.
Simone Barlaam con Stefano Raimondi, Simone Ciulli e Antonio Fantin (credit foto Coni)
Quante ore di allenamento hai fatto giornalmente per prepararti a Tokyo2020?
“Facevo tre allenamenti al giorno, due in acqua al mattino e al pomeriggio, e uno in palestra al mattino”.
Come ti sei avvicinato al nuoto?
“Ho sempre amato stare in acqua e quelle sensazioni che ti regala il nuoto, specialmente da piccolo, quando il mio femore e la mia condizione clinica erano molto più fragili e non permettevano di fare sport di contatto, dove il peso corporeo gravasse sulla mia gamba. Perciò è stato l’ambiente ideale che mi ha accolto, mi ha sorretto e poi, col tempo, questa passione è diventata una professione”.
Un’altra tua passione è il disegno. Com’è nata?
“E’ nata naturalmente. Ricordo un episodio specifico. Da piccolo ero in ospedale e stavo giocando con la Nintendo Ds come tutti i bambini della mia età, ma questo aveva fatto alzare il mio battito cardiaco. Così è partito un allarme, le infermiere e gli infermieri del piano sono arrivati nella mia camera preoccupati e non riuscivano a capire cosa stesse succedendo. Allora mi hanno tolto la consolle per non farmi agitare e da lì ho scoperto l’hobby del disegno”.
Se dovessi raffigurare con un’immagine la tua esperienza ai Giochi di Tokyo 2020…
“Disegnerei una montagna russa, guidata da me con al collo le quattro medaglie olimpiche”.
Nel 2017 sei stato in Australia dove hai frequentato il quarto anno del liceo scientifico. Cosa ti ha lasciato quel periodo?
“Mi ha fatto crescere sia a livello sportivo che personale, mi ha fatto conoscere persone che sono diventate mie amiche e che purtroppo a causa della pandemia non vedo da molto, mi ha permesso di comprendere di più me stesso, passando dall’essere un ragazzino al diventare un adolescente. Mi piacerebbe tornare in Australia in futuro, appena sarà possibile”.
Che ricordo conservi invece del viaggio in bici da Parigi a Londra che hai fatto con tuo papà?
“E’ stato un momento molto bello del rapporto tra padre e figlio. Ho in mente i paesaggi stupendi delle colline francesi, la frenetica Londra, ricordo che avevamo fatto tre scommesse: che una volta arrivati nella capitale inglese avrei provato a bere la mia prima birra e così è stato ma non mi è piaciuta, che avrei fatto la barba per la prima volta avendo 14 anni, e che saremmo andati in gita allo Stadio dell’Arsenal”.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
“Sportivamente parlando a giugno 2022 ci sarà il Mondiale in Portogallo, e poi inizieremo a pensare ai Giochi di Parigi 2024. A livello personale vorrei laurearmi in ingegneria meccanica”.
Hai vinto nella tua carriera sette medaglie d’oro ai Mondiali, ce n’è una a cui sei più legato?
“Forse il primo oro mondiale che ho vinto nel 2017 e che ho dedicato a mio nonno paterno Gigi che purtroppo era venuto a mancare pochi giorni prima dell’inizio delle gare iridate. E’ sicuramente una delle medaglie più significative ed è quella a cui sono più legato”.
I Giochi di Tokyo2020 hanno avuto finalmente una grande copertura a livello mediatico e hanno suscitato un crescente interesse verso il mondo paralimpico. Cosa manca ancora per fare un ulteriore step in avanti?
“Forse manca un po’ di informazione in generale per far comprendere a tutti il mondo paralimpico e avere uno sguardo diverso, nel senso di non guardare semplicemente alla storia strappalacrime ma di conoscere innanzitutto l’atleta e la persona e quello che ha fatto, indipendentemente da ciò che la vita gli ha riservato”.
Un sogno nel cassetto…
“In futuro mi piacerebbe pubblicare un mio fumetto o un libro di illustrazioni, è un sogno che ho fin da piccolo e spero diventi realtà”.
di Francesca Monti
credit foto copertina Ferraro BizziTeam
Grazie a Mario Mereghetti – DMTC S.r.l.