Intervista con Emanuele Dabbono: “La musica per me è un caleidoscopio composto da tante influenze diverse”

“Sono andato a pescare quei brani che per me avevano un senso comune, come se si dessero idealmente la mano intorno al falò”. Si intitola “Buona strada” il nuovo album di Emanuele Dabbono, autore, cantautore e polistrumentista genovese, prodotto da Tiziano Ferro, pubblicato il 21 ottobre dalla TNZ e distribuito da Universal Music.

Il progetto discografico è il frutto di due anni di scrittura, si compone di 16 brani inediti, in cui l’artista, con la sua consueta scrittura poetica, dimostra la sua incredibile versatilità ed è concepito come un viaggio in cui esplora sé stesso, le parole e i suoni che esprimono il suo mondo.

Emanuele Dabbono_cover album_Buona Strada (1)

Emanuele, è uscito il tuo nuovo disco “Buona strada”, che racchiude sedici brani dalle sonorità molto variegate. Ci racconti come hai lavorato a questo progetto?

“La fortuna è stata che la mia band è composta da amici, alcuni dei quali cresciuti con me e con cui ho suonato musica differente. Io arrivo dal rock americano, anche se ascolto un sacco di cantautori, ed essendo originario di Genova è una sorta di dna che ho scolpito dentro, volente o nolente. Da loro ho ereditato la concezione che la musica non possa essere una sola ma che ci siano tante influenze. Nel disco infatti trovano spazio il blues, il pop, il rock, il soul, addirittura ne “Il mio cuore migliore” c’è il gospel, mentre “Intro – Le chiavi di casa” è quasi tutta a cappella con sonorità stranianti, per non tradire quello che penso debba essere la musica, cioè non un grande calderone confusivo, ma un caleidoscopio composto da tutte le influenze che hai, come quando fai una playlist e inserisci artisti diversi ma che per te sono legati da un filo comune”.

Diversi brani di questo disco erano stati inizialmente pensati per altri artisti ma poi hai deciso di cantarli tu. Per questa scelta ti sei confrontato anche con il tuo produttore Tiziano Ferro?

“Io non so leggere le mie canzoni, quello è il compito dell’editore e il mio è anche un amico e una superstar, Tiziano Ferro. E’ bravissimo a capire se un determinato brano sia perfetto per quell’artista, ad esempio quando ha sentito “Il mio cuore migliore” si è emozionato e ha pensato a Giorgia ma la direzione del suo disco era un’altra e allora la canzone è rimasta parcheggiata in un garage, aspettando che qualcuno la accendesse. Quando si è trattato di decidere la tracklist di “Buona strada” sono andato a pescare quei brani che per me avevano un senso comune, come se si dessero idealmente la mano intorno al falò. Ogni brano del disco avrà una spotify canvas. Ci vantiamo di essere i primi a farlo in Italia e abbiamo creato una sorta di camminata composta da 16 canzoni”.

02_Emanuele Dabbono_credits Luigi Cerati

credit foto Luigi Cerati

Possiamo dire che questo disco è una sorta di film, in cui ogni traccia va a comporre un pezzo di storia che fa parte della tua vita quotidiana, penso ad esempio alle canzoni dedicate alle tue figlie Claudia e Anna, la cui voce è presente in “Intro – Le chiavi di casa”…

“C’è un eroismo quotidiano che va celebrato. Pensiamo sempre che gli eroi siano quelli che salvano le vite umane e lo sono, ma a volte c’è dell’eroismo anche in chi fa semplicemente il proprio dovere di padre e madre, in chi si occupa con amore e cura di seguire le aspirazioni dei propri figli, in chi decide di fare una scelta coraggiosa, magari cambiando lavoro, perchè non si sente più felice della posizione che sta occupando. C’è quella famosa metafora della bottiglia d’acqua che ha un costo diverso in base a dove l’acquisti, se in aeroporto o in autogrill o al supermercato. Queste canzoni hanno un valore molto alto per me, è come se fossero tutte all’aeroporto e spero che possano trovare posto anche negli aeroporti delle altre persone”.

Vorrei chiederti se ci racconti qualcosa in più riguardo due brani: “Il rumore del tempo” e “Cattedrali”…

“C’è molta cinematografia in queste canzoni perchè amo il cinema in modo smodato. In un tempo liquido, che corre veloce, abbiamo pensato di creare un video in stop motion per “Il rumore del tempo”, un cartone molto lento che dura 4 minuti con protagonisti due anziani, perchè mi piaceva che venisse valorizzata la figura dei nonni. E’ una storia un po’ struggente e commovente con lui che tiene la mano a lei, nella sala d’attesa di un ospedale, ed è stato realizzato da Giulia Del Monte.

“Cattedrali” è invece una serie di polaroid di posti che sono riuscito a visitare. Ho viaggiato tanto per scrivere queste canzoni che sono come piccole cartoline che non si comprano e spediscono più ma che per me erano un bellissimo regalo quando le ricevevo e mi facevano viaggiare con la fantasia”.

C’è un Paese in particolare che ti piacerebbe visitare?

“Non sono mai stato in Africa e mi piacerebbe tanto visitarla. Adoro la musica sudafricana, a partire da Graceland, un disco di Paul Simon che è stato registrato a Città del Capo e a Johannesburg, in cui utilizzava strumenti e musicisti africani e mi piace molto il loro modo di portare il tempo che è diverso rispetto a quello occidentale, è strano, sincopato. Nel disco c’è il brano “Insegnami” che riprende quella filosofia, dove non c’è un piatto e c’è anche una sonorità con queste chitarre strappate ma a incastro a comporre una specie di ricamo. E’ un pezzo a cui tengo molto”.

“Campo di battaglia” invece è un brano molto attuale se pensiamo alla guerra in Ucraina e non solo…

“Questo brano e Via della Pietà sono quelli più duri del disco, con un intriso sociale. Anche se sono stati scritti due anni prima della guerra in Ucraina sono adattabili a quello che sta capitando. Puoi leggerle però anche come guerra quotidiana, perchè tante volte sei in difficoltà e l’unica mano in fondo al tuo braccio che trovi è la tua, devi farcela da solo, allora cerchi mille espedienti per non affondare”.

Hai cantato “Cerezo”, una lettera dedicata a tuo papà, allo stadio Ferraris di Genova prima di Sampdoria-Roma. Che emozione è stata?

“E’ una lettera con tutte quelle cose che non sono riuscito a dire a mio papà. Lui diceva di non fare la musica ma di trovarmi un lavoro normale, se solo avesse potuto vedere che facendo il cantante e l’autore ho costruito una famiglia e una vita più che rispettabile probabilmente sarebbe contento. O forse è stato lui che ha gestito dall’alto tutto quanto per portarmi a girare il video di “Cerezo” nello stadio vuoto e poi a farmi cantare questo brano al Ferraris davanti a 30.000 persone. Non ho pianto al funerale di mio papà, che è scomparso quando ero ancora un ragazzo, ma mi sono commosso per l’emozione esibendomi allo stadio. Quando ho visto le persone che gridavano il mio nome e muovevano le bandiere ho cercato con lo sguardo quella sedia vuota nella gradinata sud e ho pensato che magari papà fosse seduto lì”.

Prima dicevi che sei un grande appassionato di cinema. Che generi preferisci guardare?

“Mi piace tutto, anche i film in bianco e nero, adoro la filmografia di Hitchcock, ho un debole per i primi lavori di Dario Argento che sono dei capolavori, dalla trilogia degli animali fino a Profondo rosso. Il mio film preferito è L’attimo fuggente di Peter Will, ma mi piacciono anche le commedie leggere, come “Elizabethtown” di Cameron Crowe, e gli on the road”.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

“Dopo l’uscita del disco pubblicherò altri due videoclip, poi a gennaio ci saranno dei concerti di anteprima. Nel frattempo sarò l’ospite musicale degli spettacoli dei comici Antonio Ornano, Maurizio Lastrico e Andrea Di Marco”.

di Francesca Monti

Grazie a Sofia Leonardi – About Srl

credit foto Luigi Cerati

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