Intervista a Pauz – Tra coerenza e sperimentazione

Sms News Quotidiano ha incontrato l’artista sardo Pauz, che ha all’attivo tredici anni di attività da solista e diversi riconoscimenti tra i quali la recente vittoria della quarta edizione di JazzAlguerMediterrani (il contest giovanile della rassegna JazzAlguer). Una sorprendente capacità di scrittura, quella di Pauz, capace di restare fedele alla sua cifra stilistica pur nella contaminazione, coniugando coerenza e sperimentazione.

Nel suo ultimo singolo, Cocktail, disavventure sentimentali e repentini due di picche diventano il pretesto per la scrittura di uno spaccato generazionale semiserio, in bilico tra leggerezza e consapevolezza. Decisivo nel rinvigorire l’anima melodica del brano-dove l’estetica generale dell’hip hop sembra dilatarsi, aprendosi a sonorità catchy- è l’intervento sul finale, di Irene Sotgiu, dal 2015 corista fissa del rapper sardo.

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Dal 2010, anno di uscita del tuo primo disco da solista,” I love Pauz”, ad oggi c’è stata,   secondo te, nei tuoi brani, una evoluzione stilistica?

“Certo… il 2010, in particolare, segnò una ripartenza: per anni ho fatto parte di un gruppo rap – “Fight Point Clan”- assieme al mio grande amico Kappa, ma sentivo l’esigenza di uscire da quegli schemi senza rovinare quello che fin lì avevamo costruito. Per questo lasciai con grande rammarico il gruppo per iniziare a fare quello che più mi rappresentava, un rap contaminato da qualunque genere mi piacesse e poi fatto ulteriormente mio. Dà li ho sempre cercato di evolvermi e migliorare, pur sempre mantenendo intatto il mio tipo di scrittura. Come dissero gli Articolo 31 in una canzone “L’evoluzione continua ma la radice è  la stessa””.

Come riesci a coniugare atmosfere scanzonate e riflessione sociale?

“La musica è la mia vita, e la mia vita a volte è dolce, altre volte è amara, quindi un giorno posso scrivere un brano con le lacrime agli occhi, un altro giorno essere di pessimo umore e scrivere un pezzo con il coltello tra i denti. Ho la fortuna di non appartenere a nessun genere, questo mi permette di fare quello che voglio senza snaturare me stesso”.

Il tuo ultimo singolo è “Cocktail”, un brano fresco e radiofonico che fotografa una generazione. Com’è nato?

“Ad estate inoltrata ero in studio e pensavo di scrivere un pezzo estivo ed orecchiabile da fare ai concerti, in realtà non l’avevo registrato, ma era un qualcosa fatto per tenermi in allenamento sulla scrittura e per avere un pezzo in più in scaletta. In questa canzone d’amore in realtà parlavo di quanto l’amore, a seconda degli scenari, possa essere comico e demenziale al tempo stesso.

Durante i concerti ho notato un apprezzamento forte ed immediato del pezzo da parte del pubblico, che mi chiedeva spesso dove poterlo ascoltare e mi trovava totalmente impreparato sulla risposta. Per questo “Cocktail” è uscita in pieno inverno nonostante fosse una canzone per l’estate”.

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Nel 2012 esce “D.Oppio”, un doppio cd accompagnato dal videoclip “La mia Panda”. E’ un lavoro  che ti rispecchia ancora?

“Guarda, l’ho ascoltato proprio in macchina questo fine settimana e posso dirti con certezza che quello fu il mio anno migliore in quanto ad ispirazione ed idee. Ci sono delle trovate e dei contenuti che  oggi non mi verrebbero mai in mente. Il 2012 è un anno da ricordare con grande piacere. Ah! E sono rimasto affezionato anche alla Panda!!!”.

Nel doppio album era contenuto anche il singolo “Vallanzasca”, nato dalla collaborazione con l’ex  produttore degli Articolo 31 “Pacio”. Vuoi raccontarci qualcosa della gestazione del brano?

“Siamo sempre nel 2012, mi stavo riprendendo da una lunga relazione finita pochi mesi prima e avevo bisogno di scrivere un brano dove sfogare tutta la rabbia che covavo dentro. Ho trasformato Vallanzasca in un artista, provando ad immaginarmelo con tutti i cliché di un artista portati all’esasperazione e ne è venuto fuori un brano hardcore con delle variazioni continue della metrica fino ad arrivare all’extrabeat.

Il finale, che gioca con il nome di battesimo di Vallanzasca, Renato, lo capirono in pochi, forse nessuno: “Sono un Re nato per il trono come Vallanzasca”.

Pacio era il produttore degli Articolo 31 e curò l’organizzazione del Videoclip girato con la tv Ilike.tv, con cui in quegli anni ebbi una bellissima e duratura collaborazione”.

A proposito di collaborazioni, hai qualche ricordo da regalarci di quella con il duo sardo B Brothers? Come è nata l’idea di accostare il rap ad un rock/pop melodico dal respiro internazionale?

“Domenico (il più grande tra i due) lavorava con me come operaio metalmeccanico, c’era una stima reciproca, ed un giorno venne da me dicendomi “Cosa ne dici se collaboriamo ad una canzone? Avrei già il titolo, Strade di fango, e la canzone parlerà delle difficoltà che un artista affronta  per arrivare al vertice”. Non ci pensai due volte, ho sempre amato il rap con i ritornelli cantati e mi sentivo che questa collaborazione avrebbe fatto bene ad entrambi; non mi sbagliai.

Grazie a quella collaborazione con i BBrothers nacque un sodalizio fraterno che dura tuttora, abbiamo  scritto una bella pagina di storia per la nostra Città, e posso dirti con sicurezza che Alberto e Domenico sono due delle più belle voci in Sardegna”.

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L’artista con il quale spereresti, in futuro, di lavorare?

“Te ne dico due. Max Pezzali ed Elisa”.

Quali sono i tuoi riferimenti musicali e quanto hanno influito, secondo te, sul tuo modo di esprimerti ?

“Ho avuto la fortuna di essere cresciuto con due gruppi che hanno sempre contaminato la loro musica nelle più disparate direzioni.

Sono i Queen e gli Articolo 31, grazie a loro ho imparato che la musica non ha confini né chiusure mentali”.

Che ruolo gioca nella tua musica la sperimentazione? Sei aperto, pur rimanendo nel solco dell’hip- hop, alla contaminazione?

“Non mi sono mai posto limiti in quello che faccio, la musica a parere mio è qualcosa di talmente grande e colorato che rimanere ancorati a qualcosa equivale a rinchiudersi da soli in una cella. Ammiro chi mantiene invariati i valori della propria musica, e non parlo solo del rap, ma allo stesso tempo ho sempre ammirato chi contamina la propria musica per farla arrivare ad un pubblico più vasto, compreso chi magari quel determinato genere non lo aveva mai ascoltato.

Io ad esempio non mi sarei mai immaginato di ascoltare lirica eppure, grazie alla collaborazione di Freddie Mercury con Montserrat Caballé, ho imparato ad apprezzare un genere a me sconosciuto, idem per i Run DMC con gli Aerosmith, o gli Articolo 31 con gli Extrema. Il mondo è bello perché vario, la stessa cosa vale per la musica”.

di Clara Lia Rossini

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