“QUATTRO CENTESIMI A RIGA”: LA FIGURA DEL GIORNALISTA ALESSANDRO BOZZO RACCONTATA DA LUCIO LUCA. L’ANTIMAFIA TRADITA È AL CENTRO DEL SUO PROSSIMO ROMANZO

La Legatoria Prampolini, luogo catanese denso di storia e cultura, il 3 marzo, ha dato ospitalità alla presentazione del libro “Quattro centesimi a riga” (sottotitolo: morire di giornalismo), di Lucio Luca, pregevole firma de La Repubblica, testata con cui collabora da più decadi negli ambiti della cronaca nera, di quella giudiziaria, della politica estera e dello sport.

La moderazione dell’evento è stata affidata ad Andrea Giuseppe Cerra, dottore in Scienze del Governo e Politiche Pubbliche presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli studi di Trieste, e Concetto Prestifilippo, insegnante, saggista  e giornalista di lungo corso, con entrambi a condurre brillantemente l’appuntamento in quel di Catania.

Il romanzo, giunto alla sua terza pubblicazione, ha per editore Zolfo, realtà culturale che si giova delle esperienze di Laurana ( “Ferrovie del Messico”, di Gian Marco Griffi, è stato un best seller, peraltro nato dal passa parola ) e che nasce anche dall’aggregazione di giornalisti e scrittori, quali Piero Melati ed Attilio Bolzoni, che ha realizzato la prefazione di “Quattro centesimi a riga” ( la cui post-fazione si deve a Roberto Saviano).

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Le 304 pagine di questo potente prodotto d’arte scritta ( redatto come se fosse una sorta di diario vergato quindi in prima persona) hanno avuto una riduzione e trasposizione teatrale che sarà rappresentata a Cosenza il 12 marzo ed a Donnici, vicino Cosenza, nel paese d’origine del protagonista del libro, il compianto Alessandro Bozzo, il 15 (decimo anniversario della sua tragica morte), con Taormina che ospiterà due volte la pièce: il 20 aprile, in occasione degli “Stati generali della parola”, uno degli eventi creati per celebrare i 60 anni dell’ordine dei giornalisti ed il 19 giugno nel contesto di Taobuk.

Luca ha sottolineato come questo libro abbia tratto le sue premesse da una mail, inviatagli da una corrispondente calabrese, che lo raggiunse nell’estate del 2016 , in cui si accennava a parte delle vicende del giornalista scomparso e soprattutto si citava la sentenza relativa all’accusa di violenza privata riferita all’editore di Calabria Ora, Piero Citrigno. Ciò che colpì nel profondo il giornalista fu il fatto che si trattasse di una fattispecie di reato raramente legata al rapporto editore-giornalista e come vi fosse una stretta connessione con il suicidio di Alessandro Bozzo, accadimento di cui solo pochi avevano frammentarie informazioni. Tra questi Lucio Musolino, del Fatto Quotidiano, aveva scritto qualcosa di più approfondito. Dopo un importante lavoro di ricerca, Luca decise di dare vita ad un romanzo, di modo da inserire elementi reali  che si intrecciassero a momenti immaginari, in modo da rendere appieno la drammaticità della situazione vissuta da Bozzo.

Bozzo era un giornalista scomodo  per le sue inchieste e per questo motivo era stato anche sottoposto a minacce. Non faceva distinzione tra destra e sinistra, investigando e raccontando dei potenti collusi e vicini ad ambienti legati alla ‘ndrangheta et similia, nel contesto di una provincia in cui l’editore del giornale per cui lavorava e con cui aveva un regolare contratto a tempo indeterminato, come descrive Luca nel suo libro, esercitava invece il giornalismo come omaggio al potere. Ed infatti, non appena ha potuto, l’editore ha incominciato, nei confronti di Bozzo, un’opera di demansionamento per poi porre un ultimatum finale in cui lo stesso Bozzo avrebbe dovuto scegliere tra il licenziamento od un contratto a tempo determinato con una netta diminuzione degli emolumenti precedentemente percepiti. Dopo vent’anni fatti di sacrifici -come ben esprime il titolo del romanzo di Luca- ed avere raggiunto il traguardo di un lavoro a tempo indeterminato, avere fatto un mutuo e progettato un futuro, Bozzo, si è ritrovato ad essere precario ed a fare un conto alla rovescia verso la scadenza del suo contratto. Scadenza che è divenuta purtroppo anche la sua personale, in quanto alla soglia dei quarant’anni si è sentito finito e perso. Bozzo ha continuato a scrivere, facendo uno scoop fino a pochi giorni prima di compiere il suo ultimo atto,  il 15 marzo del 2013, tre giorni dopo il suo quarantesimo compleanno: con il colpo di pistola che ha posto fine alla sua vita ci ci ha detto che non ce l’ha fatta e che il mondo si doveva svegliare. Invece il processo, pur con pene simboliche ( circa quattro mesi), intentato contro l’editore ( in precedenza condannato per usura ed a cui sono stati sequestrati, anche se poi restituiti, beni per cento milioni di euro) non ha avuto la conclusione adeguata alla storia di Bozzo.

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Bolzoni nella prefazione racconta come la storia di Bozzo sia quella di tanti colleghi che, nonostante ricevano stipendi da fame, continuano per amore per la professione e con la volontà di raccontare quanto accade nel mondo vicino e lontano, in un universo mediatico contraddistinto da un grande deficit di informazione che colpisce la platea dei lettori.

Luca, nel corso della presentazione, ha inoltre annunciato che, tra settembre ed ottobre, uscirà il suo nuovo libro (editore Castelvecchi), incentrato sul tema dell’antimafia tradita. Un romanzo, legato alla realtà, che si occuperà di boss veri o presunti, sequestri e confische ed imprenditori per bene messi in ginocchio per colpa di una giustizia che, a volte, sa essere molto “ingiusta”.

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Ritornando a “Quattro centesimi a riga”, la vicenda personale di Bozzo è quella di un giornalista che doveva essere in qualche modo eliminato, ha aggiunto infine Luca. Questo poteva avvenire “fisicamente”, come accadde per Pippo Fava a Catania; “tragediandolo”, ossia offuscandone l’umanità e la professionalità, attraverso campagne ingiuriose od oltraggiose; “normalizzandolo”, mediante il demansionamento ed altro. Per sottrarsi a questo, Bozzo se n’è andato. E Luca, in questo libro, lo fa tornare per aiutarci a capire e non dimenticare.

di Gianmaria Tesei

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