Intervista con Giorgio Colangeli, protagonista della serie tv di Rai 1 “Tutto può succedere 2”

Tra i protagonisti di “Tutto può succedere 2”, seconda stagione della serie tv molto apprezzata dal pubblico, in onda il giovedì in prima serata su Rai 1, c’è Giorgio Colangeli, attore versatile e dalle straordinarie doti interpretative, che riveste il ruolo di Ettore Ferraro.

Nella sua quarantennale carriera, iniziata nel 1974 con la Compagnia del Teatro Didattico Il Torchio diretta da Aldo Giovannetti, dopo essersi laureato in Fisica Nucleare, Giorgio Colangeli ha lavorato con grandi registi, da Marco Tullio Giordana a Ettore Scola, vincendo un Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista per “La Cena” e un David di Donatello come miglior attore non protagonista per “L’Aria Salata” di Alessandro Angelini. Ha preso inoltre parte a fiction di successo e recitato in tanti spettacoli teatrali.

Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Giorgio Colangeli per parlare di “Tutto può succedere 2” e dei prossimi progetti.

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Giorgio, in “Tutto può succedere 2” interpreta Ettore Ferraro. Cosa le piace di più di questo personaggio?

“Quello che mi piace di più del personaggio è la franchezza, anche una muscolarità nello stare nella vita, il fatto che non si preoccupa troppo delle brutte figure. Ettore è una persona diretta, piena di difetti, si dà con grande generosità, non ha paura del ridicolo, del disagio che si prova nel fare pessime figure. Per quanto riguarda la sua evoluzione nel corso della serie, viene sempre messo in condizione di capire che quello che pensava o stava facendo non andava bene, sembra imparare la lezione ma poi ricade negli stessi errori, anche perchè arrivati a una certa età non si può pretendere di cambiare più di tanto. Sia la sua famiglia sia lui stesso non riescono a rassegnarsi alla possibilità significativa del cambiamento, di diventare qualcos’altro. Allo stesso tempo possiede una civiltà e un ascolto che in gioventù non aveva, quella che si potrebbe chiamare saggezza, che qualche volta sconfina nella stanchezza, perchè da vecchi si diventa saggi non avendo più l’energia per prendere di petto le cose (ride)”.

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La prima stagione ha riscosso ottimi risultati in termini di ascolti e anche la seconda sta andando benissimo. Quale pensa sia il segreto del successo di questa serie?

“Io penso che il segreto sia nella grande efficienza della macchina organizzativa, quando si parla di fiction di lunga durata si sta sul set per 7 mesi, è un lavoro incessante, spesso fatto da due unità simultaneamente, quindi c’è un afflusso di attori, di decisioni da prendere, di logistica da avviare nei modi giusti, ci sono problemi organizzativi ingenti. Io sono solo l’ultimo step di quella macchina ma devo dire che è efficiente e questo produce la serenità dell’ambiente di lavoro e una qualità della concezione dal punto di vista materiale e delle location. Tutto concorre alla qualità della confezione. L’altro punto di forza è il cast con bravi attori, ovviamente parlo in primis dei colleghi, siamo molto ben integrati e aderenti ai ruoli, siamo un gruppo ben scelto e assortito in modo corretto e fecondo, funzioniamo bene insieme, dai patriarchi, io e Licia Maglietta, ai nostri figli e nipoti della serie, compresi i bambini più piccoli. Non ultima è importante la scrittura, la felicità dell’adattamento del format americano, che si conserva in una solidità del tracciato psicanalitico nei rapporti tra i personaggi tipico della serie statunitensi che hanno un’attenzione quasi pedissequa alle dinamiche che la psicanalisi studia. Questa grande verosimiglianza nei rapporti è un altro grande pregio. Infine c’è la novità di aver abbandonato il format delle lunghe serialità, cioè i personaggi fissi e gli ospiti di puntata. “Tutto può succedere” non ha una struttura narrativamente così scandita, ma è piuttosto un grande romanzo, tipo Guerra e Pace, magari lo spettatore in una prima fase fatica a ricordare subito i nomi di tutti i personaggi ma poi se ha pazienza e continua a vedere le puntate riesce a comprendere una storia più complessa e appassionante, in cui è sempre presente tutta la famiglia più le altre persone che la vicenda ci porta a conoscere”.

Sicuramente è anche una serie che tratta tematiche in cui tutti possono rivedersi…

“Anche questo, qui vengono trattati temi importanti ma in modo meno superficiale rispetto a molte altre serie che attingono all’attualità ma soltanto sfiorando certe problematiche, qui invece il trattamento è più circostanziato, anche i tempi del racconto sono più comodi, si sta sui problemi più a lungo e poi c’è la simulazione di una vita famigliare vera, nel senso che se c’è una difficoltà e non si risolve si ingigantisce e servono volontà e impegno per superare insieme le difficoltà. Sono dinamiche più verosimili alla realtà”.

Nella sua carriera ha lavorato con grandi registi come Ettore Scola, Marco Tullio Giordana, in tanti spettacoli teatrali e in varie fiction di successo, tra cui recentemente ricordiamo “Braccialetti Rossi”. C’è un personaggio a cui è più affezionato e un ruolo che le piacerebbe fare in futuro?

“Sono affezionato a tutti i personaggi che hanno una certa complessità, che sembrano cattivi ma poi hanno un fondo buono, che non si fanno ridurre facilmente a un’icona. Sono molto legato a L’Aria salata di Angelini, in cui interpreto Luigi Sparti, un detenuto che ritrova il figlio, un personaggio che è facile definire cattivo, che fa di tutto per non deludere questa aspettativa, ma che è anche un essere umano completo, un padre che si vergogna per non essere stato vicino al figlio. Per quanto concerne i ruoli che non ho ancora fatto mi piacerebbe interpretare un prete e poi il trans, in realtà ho avuto la possibilità di recitare questa parte in un corto ma mi piacerebbe interpretarlo a teatro o al cinema, seriamente, affrontando la dinamica dal punto di vista discreto, normale. E’ proprio questa la sfida”.

Una curiosità: lei è laureato in fisica nucleare, com’è avvenuto il passaggio alla recitazione?

“Per caso, quando mi sono laureato c’era ancora il servizio militare obbligatorio e se non espletavi gli obblighi di leva non potevi trovare lavoro, allora avevo dei mesi sabbatici da trascorrere tra la laurea e il servizio militare, un amico di mio fratello mi invita a fare teatro in una compagnia filodrammatica e durante la ricerca di un locale dove fare questo spettacolo che poi non si fece, capito in un teatrino di Trastevere chiamato Il Torchio, dove si facevano spettacoli per bambini con i bambini e rimasi folgorato da questa formula. Per diversi anni ho fatto, prima come hobby e poi come attività, soltanto teatro ragazzi, per poi passare al teatro e dopo ancora al cinema. Come attore di televisione e di cinema nasco tardi, a quasi cinquanta anni e comunque il teatro rimane per me ancor oggi l’aspetto più importante e affascinante di questo lavoro. Al cinema mi sono come abituato, mi sono rassegnato al fatto che strategicamente era importante farlo, così come la tv, per non restare ai margini, ma la grande passione è da sempre il teatro”.

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A quali nuovi progetti sta lavorando?

“Per quanto riguarda il cinema farò delle partecipazioni a progetti interessanti, ma nulla di grosso, anche perchè alla mia età non è facile fare dei protagonisti. A teatro invece si apre un periodo che spero sia fecondo, sono pronto a interpretare i grandi classici, come ad esempio Otello, ma anche opere di autori contemporanei che prevedano personaggi complessi. Ho recitato recentemente per la regia di Filippo Gili, con Francesco Montanari, nel ruolo di Estragone, io in quello di Vladimiro, in Aspettando Godot che ha avuto grande successo e che speriamo di riprendere, è un progetto a cui tengo molto e mi piacerebbe riproporlo nella prossima stagione”.

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