Paolo Cognetti con il romanzo “Le otto montagne” (Einaudi) ha vinto la 71esima edizione del Premio Strega con 208 voti. Al secondo posto, si è classificata Teresa Ciabatti con 119 voti per “La più amata” (Mondadori) e al terzo Wanda Marasco con 87 voti per “La compagnia delle anime finte” (Neri Pozza). Al quarto Matteo Nucci con “È giusto obbedire alla notte” (Ponte alle Grazie) con 79 voti, al quinto Alberto Rollo con “Un’educazione milanese” (Manni) con 52 voti. La giuria era composta da 660 votanti: ai 400 Amici della Domenica e ai 40 lettori forti selezionati dalle librerie indipendenti italiane dell’Ali, si sono aggiunti 200 intellettuali e studiosi italiani e stranieri scelti da 20 istituti italiani di cultura all’estero e 20 voti collettivi espressi da scuole, università e biblioteche. A presiedere il seggio Edoardo Albinati, vincitore della scorsa edizione del Premio Strega. “Le otto montagne” ha vinto anche la prima edizione del Premio Strega Off con il 57% dei voti calcolati proporzionalmente tra riviste, blog letterari e pubblico presente alla serata finale al Giardino Monk di Valle Giulia a Roma.
SINOSSI LIBRO: Pietro è un ragazzino di città. La madre lavora in un consultorio di periferia, farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un solitario, e torna a casa ogni sera carico di rabbia. Ma sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l’orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia. Quando scoprono il paesino di Graines sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quella Val d’Ayas “chiusa a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l’accesso” ma attraversata da un torrente che lo incanta dal primo momento. E lì, ad aspettarlo, c’è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma si occupa del pascolo delle vacche. Sono estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri. Sono gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, “la cosa più simile a un’educazione che io abbia ricevuto da lui”. La montagna è un sapere, un modo di respirare, il suo vero lascito: “Eccola lì, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino”. Paolo Cognetti esordisce nel romanzo con un libro sui rapporti che possono essere accidentati ma granitici, sulla possibilità di imparare e sulla ricerca del nostro posto nel mondo.