A MILANO ANTEPRIMA DELLO SPETTACOLO “LE OTTO MONTAGNE” TRATTO DAL ROMANZO DI PAOLO COGNETTI, PREMIO STREGA 2017

In scena a Milano, sabato 16 giugno (ore 20.30) e domenica 17 giugno (ore 17), presso il circolo ARCI La Scighera, in via Candiani 131, l’anteprima nazionale dello spettacolo Le Otto Montagne con la regia di Marta Marangoni, tratto dal romanzo di Paolo Cognetti, premio Strega 2017.

L’adattamento drammaturgico di Francesca Sangalli è stato realizzato in stretta collaborazione con lo scrittore. Alex Cendron interpreta il ruolo del protagonista, Pietro, e la voce narrante; Giuliano Comin è l’amico Bruno e la performer Alice Bossi incarna i ruoli femminili presenti nel romanzo. Lo spettacolo debutterà il 22 luglio a Il Richiamo della Foresta Festival (AO).

“Lo spettacolo teatrale – spiega la regista Marta Marangoni – è frutto dell’amicizia nata proprio in Scighera con Paolo Cognetti, che da molti anni abita in Bovisa. Siamo coetanei ed abbiamo condiviso un vissuto politico ed esistenziale molto simile. I suoi pensieri e i suoi interrogativi sono i miei e quelli di Francesca Sangalli, autrice della drammaturgia dello spettacolo”.

Sullo spettacolo Paolo Cognetti ha scritto: “La storia smontata e rimontata a volte dà un senso di vertigine, continua a tornare indietro, e poi dall’indietro va indietro ancora, così la nostalgia che c’era nel libro diventa un’ossessione del passato, un continuo ricordare e interrogarsi. L’altro effetto è che il passato non è più passato ma è costantemente presente”.

Lo spettacolo Le otto montagne va in scena nell’ambito della Festa di mezz’estate, che per due giorni propone un programma ricco di iniziative coinvolgendo cittadini, associazioni, commercianti e altre realtà del quartiere Bovisa sul tema del “bosco”, della tutela e della valorizzazione dell’ambiente nella periferia milanese. Un progetto di Minima Theatralia, La Scighera e Spirit de Milan, sostenuti da Fondazione Cariplo.

Sabato pomeriggio, alle ore 17.30, Terzo Tempo Spazio Ululì presenta lo spettacolo itinerante dedicato alla Bovisa “Gino Memory, il tempo è una storia su due ruote”, durante il quale gli spettatori, grandi e piccoli, tutti in bicicletta, scopriranno i luoghi del quartiere e le loro storie: il gasometro, le cristallerie, le cascine e altri ancora. Gino Memory, interpretato da Paolo Mandelli, è un personaggio speciale: un “raccoglistorie” che ascoltando il vento impara le storie dei luoghi e delle persone che lì vivono. Domenica mattina si svolgeranno le incursioni teatrali tra le bancarelle del mercatino delle pulci della Bovisa, che si tiene ogni settimana in piazza Emilio Alfieri, di fronte alla stazione dei treni, dove si possono trovare oggetti di modernariato, vestiti vintage, mobili d’epoca e molto altro. Tableau vivant, installazioni teatrali sul tema del bosco e i “Monologhi della Montagna” realizzati dai cittadini-attori animeranno per tutta la giornata le vie del quartiere. Lungo via Bovisasca comparirà anche un piccolo bosco “urbano” grazie alla partecipazione diretta degli abitanti del quartiere che potranno donare gerani, violette, cactus, edere e qualsiasi genere di pianta per dare vita ad una installazione collettiva green. Nei giorni precedenti alla festa, infatti, dal 13 al 15 giugno, le piantine saranno raccolte presso il Cohousing (via G. M. Donadoni 12), La Scighera (via Candiani 131), Cascina Albana (via Bovisasca 70).

Nel pomeriggio la festa itinerante prosegue con una breve passeggiata lungo via Bovisasca che finisce allo Spirit de Milan, dove, alle ore 19.30, va in scena Orti Insorti di e con Elena Guerrini. Una narrazione ironica e civile su ruralità e vita contadina, riciclo e cibo, ricette, ambiente, orti, barzellette e minestroni. Cantastorie con accento maremmano, Elena Guerrini coinvolge il pubblico offrendo parole e vino e semi di basilico. Come biglietto di ingresso è necessario offrire un dono della terra, olio, vino, formaggio… un incasso in natura, insomma.

La Scighera – via Candiani 131
Spirit de Milan – via Bovisasca 57/59

Info: www.minimatheatralia.it

Prenotazioni per lo spettacolo “Le otto montagne”: info@minimatheatralia.it

Le otto montagne

Anteprima dello spettacolo Le Otto Montagne, tratto dall’omonimo libro di Paolo Cognetti, Premio Strega 2017, che debutterà il 22 luglio al “Richiamo della Foresta Festival” (AO). Ingresso libero con sottoscrizione e tessera ARCI.

Drammaturgia Francesca Sangalli
Regia Marta Maria Marangoni
Con Alex Cendron, Giuliano Comin e con la performer Alice Bossi
voce fuori campo Arianna Scommegna
musiche Fabio Wolf
Installazioni sonore Dario Buccino
Consulenza drammaturgica Diego Vincenti
Consulenza scenografica Marco Teatro
Assistente alla regia Ida Treggiari
Prodotto da Minima Theatralia
Spettacolo inserito nel progetto “Il bosco segreto di Milano”, realizzato grazie al contributo diFondazione Cariplo.

<<“Le otto montagne” racconta la storia di Pietro, un ragazzino di città solitario e un po’ scontroso, del suo rapporto con i genitori, con il suo amico Bruno e, soprattutto, con la montagna. La montagna, nella sua scarna bellezza, dura e selvaggia, segna l’anima per sempre, lascia l’impronta in chi vi è nato e in chi l’ha amata. Diventa una categoria dello spirito e, anche quando la si lascia in cerca di un altrove più conveniente, non ci si può mai staccare veramente da essa. Basta un suono, un profumo, e si è risucchiati. È questo che capita ai personaggi del romanzo, che non riescono a farne a meno, e vanno e ritornano, senza mai lasciarla veramente.
È una storia di padri e figli, di abbandono della civiltà, di libertà della vita selvatica. Ho sempre avuto il ricordo di una grande felicità vissuta da bambino tra i boschi>> Paolo Cognetti

Note di regia

<<Un uomo che racconta. Un altro uomo seduto di spalle, immobile come una montagna a cui tornare per ritrovarsi, dopo lo smarrimento del viaggio nel mondo. Intorno a queste due figure si muove una performer. Irrompe un rumore metallico: in scena una lastra di lamiera appesa a un telaio rievoca lo scrosciare dell’acqua, poi si fa ghiaccio, poi tuono e tempesta. Oltre ad imbastire la linea sonora, questo elemento scenografico riprende e trasforma le descrizioni degli ambienti, ricreando simbolicamente la finestra dalla quale aprire l’azione drammatica a ricordi e riflessioni, prestandosi al gioco del gesto.
La parola narrata si intreccia musicalmente al rimbombo dell’acciaio, poi si fa suono confluendo nelle parole dell’eco della montagna, modulate dalla vocalità poliedrica di Arianna Scommegnain un fluire continuo. La colonna sonora originale interpreta il paesaggio nella sua accezione sonora, visiva e poetica: una miscellanea di musica, voci e, composte da Fabio Wolf e Dario Buccino. La luce ha un impatto importante nella scenografia, dato che è anch’essa molto presente nella tessitura del romanzo. Acqua, ghiaccio e sassi sono rappresentati in scena da fonti luminose modellabili, attraverso l’utilizzo di LED uniti a materia pura, vera, metallica e legnosa. Lo spettatore si troverà davanti ad un allestimento che fa tesoro delle esperienze legate all’installazione, evocando piani simbolici e procedendo per astrazioni. Manipolare il ghiaccio, fonte di luce, cristallizzatore di momenti e sentimenti, con esso costruire una casa seguendo un sentiero di luce fredda e calda che si fa corpo e spazio. I fili luminosi di un pensiero da esplorare diventano una mappa della vita che scorre come un ruscello di montagna. Anche dal punto di vista della scenografia, l’utilizzo di macchine teatrali tradizionali, legate a un mondo pre-tecnologico (la lastra del tuono, il proiettore di diapositive) è in connessione tematica con il romanzo. Un mondo che si presume avanzato e ipertecnologico, quello da cui proviene Pietro, il protagonista, si scontra con la civiltà di montagna dove il ritmo è ancora scandito dal rigore delle stagioni, dove il lavoro è legato a una pratica che fa uso di mezzi obsoleti ma capaci di armonizzarsi con il contesto>>.

Marta Marangoni

Adattamento drammaturgico
<<Lo spettacolo, oltre a contenere la vicenda narrativa, si sviluppa partendo da un nucleo di composizioni musicali che si intrecciano, come in una sinfonia, con la letteratura citata sotterraneamente nel romanzo (Scott Fitzgerald, Henry David Thoreau, Mark Twain, Murray Bookchin, Primo Levi, Ernest Hemingway, Natalia Ginzburg, Robert Louis Stevenson e molti altri). I due punti cardine della rappresentazione sono l’evocazione sonora della montagna, presente nelle descrizioni dei “paesaggi emozionali” (rappresentativi del vissuto interiore dei personaggi) e la costruzione del rifugio, chiamato “barma drola” ovvero “la roccia strana”, situazione centrale del romanzo, che diviene la struttura base del testo teatrale, aprendo la narrazione a scorci sul passato e sul futuro, ai pensieri e ai moti dell’animo. Nell’azione scenica principale due uomini (Pietro e Bruno) erigono dalle rovine di un vecchio alpeggio quella casa, un nido in un terreno d’alta quota che permette loro di ritornare alle radici, all’essenziale, alla ricerca del nucleo fondante di loro stessi. Molti sono i temi del romanzo che il contesto drammaturgico vuol far affiorare: coscienza, crescita, maturità, scelte di vita, costruzione di una casa, fuga dal superfluo. L’intento è quello di mettere in luce gli atti simbolici dei protagonisti della storia. Dare una forma astratta ai loro rapporti e alle loro azioni, distillarne una sorta di mandala, rappresentazione simbolica del cosmo buddista e induista, connessione tra centro e periferia. Un lungo viaggio di formazione che vede intrecciarsi l’amicizia e la morte. La parte più coinvolgente del romanzo ci ricorda dell’amore che un padre può non essere capace di esprimere in vita. Come riesca a farlo solo con una mappa, delle coordinate astrologiche per farci capire in quale angolo del cielo sia finito il suo sentimento. E di questo si animerà il palco: un sogno infranto, un uomo solo, il freddo, la fatica. La sfida di uscire e tornare di nuovo al corpo, cercare la via della trascendenza lontano dagli orpelli con cui riempiamo i nostri silenzi>>.

Francesca Sangalli

Gli attori
I tre interpreti in scena agiscono con qualità differenti, ma collegati dalla trama sottile della storia che inesorabilmente racconta del tempo che è trascorso e passa quasi non ci fosse mai un presente. Pietro, protagonista e voce narrante, alter ego dell’autore Paolo Cognetti, è Alex Cendron, attore di grande talento, capace di trascinare il pubblico rompendo ogni diffidenza e costruendo un forte legame empatico con lo spettatore. È dotato di registri molto ampi, dal comico al drammatico fino al grottesco con un’ottima capacità di affabulazione. Inoltre, aspetto non marginale, Alex Cendron è un uomo di montagna. Giuliano Comin interpreta Bruno, una presenza imponente i cui eloquenti silenzi dimostrano una natura pragmatica. Il suo lavoro sul personaggio mira a spostare in termini più corporei ed espressivi il livello riflessivo/intellettuale dell’amicizia con Pietro e tende ad esplicitare sentimenti ed emozioni prima nell’azione che nella parola.
La performer Alice Bossi incarna l’eco della montagna, che rappresenta il femminile, presente in diverse forme nel romanzo, impersonato da diverse figure è astrazione e spiritualità. Il suo gesto riporta nella geometria del mandala una sorta di radiazione, un’onda sonora trasposta nel movimento che si manifesta come eco della montagna e che riporta a noi le voci e i pensieri della madre, il lago, Lara e la bimba, così come la letteratura e la tensione rituale. La sua presenza è fondamentale per portare in emersione il piano simbolico, la ricerca del sé che accomuna il viaggio di tutti gli uomini, il legame tra centro e periferia raffigurato nel mandala, la contaminazione tra performance e parola. Liberata così dal peso della parola, resta sospesa fra umano e sovrumano.
La calda voce di Arianna Scommegna, una delle attrici più significative nel panorama nazionale, arricchisce lo spettacolo con un’interpretazione magistrale del personaggio “Eco della montagna”.

 

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