Sopportare il peso dell’inquietudine

a cura di Salvo Alfieri

Una cruda reazione di smarrimento e alienazione, uno dei temi affrontati dai Dancemalora, band catanese formatasi nel 2015 e nata dalle ceneri degli Arkham Asylum e da altri musicisti; il cantante e chitarrista Alberto Finocchiaro, il batterista Marco Galati, il bassista Daniele Lo Re e il tastierista Ence Fedele. A volte ai testi collabora anche Orazio Condorelli, purtroppo non molto attivo nel gruppo per i suoi impegni col teatro ed iniziative culturali nel territorio.
I Dancemalora sono i migliori, se non gli unici nella scena underground, ad esplorare le sonorità dell’alternative rock, dello sperimentale, del grunge più nudo e del noise. Danno vita al loro concetto di “rock puro”, grezzo, scarno, viscerale ma allo stesso tempo caldo e avvolgente come un abbraccio, il “Rock Concettuale”. Cercano di scavalcarne i confini, cosa che io personalmente adoro, per andare alla ricerca di nuovi linguaggi.

Nel 2016 hanno pubblicato il loro primo EP ma non basta parlarne o ascoltarlo per conoscerli.
Per convincersi dell’importanza dei Dancemalora basta vederli live, prepararsi all’uscita del prossimo EP (credetemi e’ una bomba) e seguirli.
Se il rock senza fronzoli del loro primo lavoro denota ancora margini di crescita, con questo assistiamo ad un’ottima maturazione ben definitiva e assemblata.
Tra strofe malinconiche e grunge, aperture psichedeliche e ballate sublimi di stampo retrò, non hanno tralasciato nessuna delle loro influenze.
Il nuovo EP si chiamerà Ritagli contiene 4 tracce inedite ed uscirà nella prossima estate.
Berlino è già un chiaro segno di maturazione: affidare l’apertura del secondo EP ad un basso con un attacco melodico alla Pixies, per un gruppo che sembrava solo spingere sull’acceleratore, pare una netta dichiarazione d’interessi. E se Blu e Accanto a te rivelano ancora legami col passato, Berlino e Solo Tu mettono in luce una nuova tendenza a divagare tra post-rock e noise.
Berlino,primo singolo: chitarre piene di echi alla Motorpsycho o alla Shipping News, riff di basso predominante e nessun ritornello killer; a farsi strada ed emergere sono semmai le tastiere, che impreziosiscono e compattano il suono della band. Stupisce Solo Tu, brano affogato fra synth, delay e feedback.
E’ senza dubbio il vertice artistico ed emotivo del disco, con un riff che cita – oltre il già citato trio norvegese – i Massimo Volume.
Nessun punto a sfavore del disco, ottima sia la produzione che qualità, dalle chitarre alle batteria, dalle tastiere alla voce. Bei dinamismi e strutture imprevedibili, altro che solite canzoncine pop.
Questo EP e’ un calcio ben assestato al prodotto musicale effimero odierno che ci propongono, alla faccia di chi dice che gli anni 90 sono finiti.

Salvo Alfieri intervista Alberto Finocchiaro

Ciao Alberto, ti chiedo subito come ti è venuto in mente di dar vita ad una band con un genere musicale così “datato”?

“Siamo cresciuti a pane e rock. Non è stata una scelta presa a tavolino. Ognuno di noi aveva già esperienze musicali con altre band della scena rock catanese. Un bel giorno abbiamo deciso di incontrarci per provare a vedere dove saremmo finiti ed ecco il risultato. Potremmo invece dire che piuttosto di aver scelto un “genere datato”, abbiamo scelto un percorso tutto nostro…siamo aperti alle sperimentazioni e chissà che fra qualche anno non finiamo a suonare trance, rap o perché no, trap (ride)”.

Cosa ne pensi della musica di oggi? In generale di tutti i cambiamenti ed evoluzioni, belle o brutte, che ha preso?

“Davvero, nessuno di noi ha pregiudizi sulle evoluzioni che ha preso la musica “pop” intesa nel suo più ampio significato. Anche se, pensando alla cosiddetta “scena odierna”, mi sale una spiacevole sensazione di chiusura. Ho l’impressione che la tendenza alla categorizzazione abbia creato mondi musicali e gruppi di fans chiusi e poco aperti alla sperimentazione. Ed e’un vero peccato! Ad esempio qui, a Catania, se non fai parte di questo o quel circolo sei tagliato fuori. Bisognerebbe collaborare tutti insieme per mantenere viva e attiva la Voglia di fare Musica, che sia rock, jazz o trap…non so se è davvero il pubblico a volere questa separazione.

Quindi affermi che c’è “difficoltà” a fare musica oggi?

“Dico che chi fa musica, oggi incontra due tipi di problemi, secondo me: il primo è legato al fatto che c’è la tendenza a fare qualcosa che piaccia al pubblico più che a stessi; e il secondo è legato al fatto che gli spazi e le occasioni per suonare musica inedita sono davvero ridotti e questo spinge chi li gestisce a non dare opportunità alle realtà musicali che non siano già affermate e non seguano la moda “.

Un artista italiano con cui sei in fissa ultimamente?

“Proprio in questo periodo, nella mia macchina girano a ruota Die di Iosonouncane ed Endkadenz vol.1 . Mi ha impressionato la loro modernità. Dell’album dei Verdena preferisco Derek, una bomba di brano, magnifico, dell’abum DIE, Tanca, un’odissea elettronica che ti sommerge e spinge verso il fondo senza respiro. Immagina quando ho scoperto lo split album che hanno fatto uscire…sono corso a comprare il vinile e adesso lo tengo come un gioiello in cassaforte (ride)”.

Tornando a voi, parlavi di sperimentazione prima. In futuro ci sarà maggior innovazione nel vostro sound o siete arrivati a ciò a cui puntavate?

“Quando in sala ci troviamo io ed Ence da soli, spesso ci ritroviamo a suonare elettronica spinta e giocare con i computer. Diciamo che siamo l’anima più elettronica della band, mentre Marco e Daniele amano i suoni più elettrici, quelli più duri alla Black Sabbath. Infatti i nostri primi lavori nascono dal suono elettrico mentre col tempo abbiamo cercato di evolverci in una direzione più ampia che includesse synth ed elettronica. Il nostro prossimo lavoro in uscita è forse un momento di passaggio verso questa commistione di generi. Vedremo se è vero. Amiamo sperimentare”.

Dalle canzoni si sente che ce tanto lavoro anche suoi tuoi testi, che tematiche tratti?

“Nemmeno se lo volessi potrei riuscire a scrivere di ciò che non mi appartiene. Cerco sempre di far nascere i testi dall’analisi di una mia condizione che sia presente o passata, che sia direttamente o indirettamente collegata alla mia vita. Non sono molto bravo a raccontare storie, e di questo me ne dispiaccio, ma al contrario mi riesce più naturale tratteggiare con le parole, anche poche, emozioni o stati d’animo specifici. Mi piace giocare con le parole piuttosto che con le storie. Non ho mai pensato di poter scrivere in un’altra lingua che non sia la mia perché non sarei in grado di usarne le sfumature.

Ci saranno novità per l’uscita dell’EP?

“Stiamo lavorando al videoclip di “Berlino” che dovrebbe uscire a giugno per la regia di Ence, che nella sua vita reale si occupa di video e televisione. Ne siamo davvero orgogliosi. Vorremmo che il risultato sia convincente e che riesca a valorizzare al massimo il brano, per questo motivo stiamo spendendo un bel po’ di energie nella fase di scrittura della sceneggiatura e nella scelta degli attori. Speriamo bene!”.

Ultima domanda, come mai avete scelto “Berlino” come singolo? È il brano a cui siete più legati?

“Questa domanda non è molto semplice, è come chiedere ad un padre quale sia il figlio che preferisce …magari lo sa, ma non te lo dice per non ferire l’altro. Comunque, ognuno di noi ha un suo brano preferito ma ci ritroviamo tutti nel ritenere “Berlino” quello più digeribile e per questo più spendibile sul mercato. Ci sono le parole di Orazio (autore di Berlino) che fanno la differenza e la parte musicale ha avuto una bella evoluzione nel tempo. Il brano è nato con un impianto pop, sia nella linea vocale che nell’arrangiamento, ma, con il tempo, la nostra natura noise ha voluto la sua parte, facendolo evolvere verso un finale esplosivo e doloroso in cui mi ritrovo tantissimo ad urlare (ride). Ricordo che, le prime volte in cui scoprimmo questa apertura, quasi svenivo dall’intensità con la quale interpretavo il cantato. Adesso il brano è stato metabolizzato, ma non dimentichiamo il lavoro che ci ha richiesto”.

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