Il 15 giugno i teatri e i cinema hanno finalmente riaperto dopo tre mesi di lockdown, ma quale futuro si prospetta per il mondo dello spettacolo? Ne abbiamo parlato con il regista Toni Andreetta, che ha diretto “Intervista impossibile a Giandomenico Tiepolo”, “Sinfonia in Rosso” e il docu-film “Storie di piombo”.
Toni, dopo la riapertura di sale e teatro, come pensa reagirà il pubblico?
““After the interval – Dopo l’intervallo” è il nome di un sondaggio, elaborato dalla società inglese INDIGO, sugli effetti che la pandemia ha prodotto sul pubblico degli spettacoli dal vivo. Dalla ricerca emerge che il 90% degli spettatori è in astinenza di teatro, musica, danza e quindi ne sente molto la mancanza, ma una buona parte di essi non intende ritornare nelle sale teatrali nell’immediato. Dalla chiusura delle sale si è visto il teatro penetrare in rete e nei social in diretta o in differita con una potenza di fuoco mai registrata prima. Il Teatro Stabile del Veneto dopo la chiusura forzata della stagione ha diffuso in internet iniziative di teatro digitale con la rassegna “Stagione sul sofà” che ambisce ad arrivare a un milione di contatti, operazione che coinvolge in favole e monologhi gli allievi della Scuola Teatrale di Eccellenza dello Stabile, ma non solo, hanno debuttato nelle piattaforme streaming “Yuri Libero” di Matteo Righetto con Valerio Mazzucato e gli episodi “ Racconti dell’Iliade” con Andrea Pennacchi. Il 15 giugno sempre lo Stabile, per festeggiare e propiziarsi l’apertura della stagione estiva all’aperto, ha programmato con Padova, Treviso e Venezia tre spettacoli, in contemporanea, dal vivo e in streaming con Carlo e Giorgio, Red Canzian e Fabio Sartor e l’Orchestra di Padova e del Veneto”.
In questi mesi le piattaforme digitali hanno costituito una via alternativa alle sale per l’uscita dei film mentre sui social sono state lanciate varie iniziative culturali…
“C’è voluto un pipistrello cinese per imprimere uno slancio tecnico-organizzativo innovativo che sta aprendo nuovi orizzonti espressivi in alternativa alle tradizionali sale teatrali e cinematografiche. Le istituzioni e gli artisti per poter campare sono giustamente disposti a tutto. Alcuni per denaro, molti per passione, altri, quelli con meno visibilità, divorati dalla depressione per essere rimasti senza lavoro e dal narcisismo, si raccontano sui social con performance a volte niente male. Il pipistrello ha destrutturato il mondo dello spettacolo con una offerta esorbitante a fronte di una domanda purtroppo debolissima e un’attenzione da parte della politica praticamente nulla”.
Come vede il futuro del mondo dello spettacolo?
“Oggi la gente si nutre di fiction, televisione e serie tv internazionali. Tutto cambia e si trasforma ma “in arte non vi è mai progresso, ma solo differenze” quindi il consumo di teatro, musica, danza nelle sale tradizionali riprenderà, ritornando a essere quello che è stato prima del pipistrello cinese, ovvero un teatro che assomiglia sempre di più alla televisione sul piano della scelta degli attori e della struttura quasi sempre multimediale degli spettacoli. Tutto questo per sedurre il pubblico, abituato da trent’anni ai ritmi e ai contenuti delle prove del cuoco, e del ballando sotto le stelle e così via. Più pubblico, più attenzione dal governo e quindi un po’ di contributi. Un panorama istituzionale concentrato in poche mani che si allarga sempre più nel territorio a fronte di una marea di attori e lavoratori dello spettacolo disoccupati, sfruttati e sempre più precari, definiti inutili da gente involuta e volgare. Forse l’intraprendenza e il piglio di giovani e meno giovani artisti di talento, rimasti tagliati fuori dalla stabilità dei giochi istituzionali, non prigionieri di vecchi paradigmi accademici e organizzativi, in controtendenza con le modalità espressive correnti, potrebbero generare nuovi slanci innovativi utilizzando il digitale, non come dispositivo coatto di visibilità, imposto dalla costrizione del lockdown, ma come strumento propulsivo di nuove opportunità estetiche e nuovi linguaggi in grado di ricreare in teatro due elementi importantissimi, ora quasi totalmente scomparsi: il “senso del sacro” e la catarsi (termine ambiguo che significa pressappoco “purificazione”) e di purificazione dai miasmi del nostro tempo pare vi sia sempre più domanda”.