Intervista con Wasichu che ci presenta “Non è un disco per giovani”

E’ uscito a dicembre su tutte le piattaforme digitali l’album di esordio di Wasichu, “Non è un disco per giovani”, distribuito dall’etichetta La Stanza Nascosta Records del musicista e produttore Salvatore Papotto.

Mood sonoro anni ’70 e testi solidissimi, “Non è un paese per giovani” è un disco viscerale, schietto, riuscitissimo. Un disco divisivo, probabilmente, come divisivo ci sembra il suo autore.

SpettacoloMusicaSport Quotidiano lo ha intervistato per voi. 

Come nasce l’idea di presentarsi con lo pseudonimo di Wasichu?

“Nasce da una mia forte simpatia (o forse meglio dire empatia) verso la cultura e la filosofia dei nativi americani… WASICHU significa “ladri di grasso” ed è il modo in cui i LAKOTA chiamavano i visi pallidi, a sottolinearne l’ingordigia, l’avidità, la vorace voglia di supremazia …“qualità” che abbiamo più che mai rafforzato!”.

Vuole parlarci della gestazione di “Non è un disco per giovani”?

“È durata circa 30 anni, forse di più …oltre la metà sono canzoni moto vecchie, rivisitate. Molti adolescenti sognatori compongono cose: diari, poesie, murales o, appunto… canzoni! Avevo anche provato a farle sentire: cassetta, testi a macchina da scrivere, busta gialla imbottita, raccomandata con ricevuta di ritorno…Ma, a parte una telefonata di un allora giovane produttore, nulla è successo e quindi tutti i sogni sonno finiti sottochiave nel solito cassetto”.

Non è un disco per giovani viaggia su sonorità seventies, si ritiene un nostalgico (almeno musicalmente)?

“Sì, fatico a trovare canzoni di questo lustro che mi colpiscano veramente. Oggi tutto è progettato per logorarsi velocemente, per essere consumato e sostituito in breve tempo, dalle lavatrici alla musica. Ma poi, al di là della musica, sa cosa c’è: che io, trenta anni fa, di anni ne avevo una ventina …si andava in vacanza con gli amici con quattro gettoni del telefono: due per dire (il primo giorno) “ciao mà, sono arrivato!”. E due per avvisare (l’ultimo giorno) “uè mà…va che stiamo tornando….arrivo per cena!”. Che figata!”.

Il suo album è prodotto da La Stanza nascosta Records. Come è nata questa collaborazione?

“Per puro caso: mi è venuta voglia di riprendere il discorso “musica”… un po’ grazie a mio figlio che, con tre amici, qualche anno fa, ha messo in piedi una band “vomit-pesant-metal” …e poi perché ero stufo…stufo di essere solo il bravo impiegato …soffocavo. E quello che mi sta succedendo adesso MI FA RESPIRARE! Ho mandato via e-mail le bozze delle mie canzoni, a circa 800/900 indirizzi di etichette discografiche… Molte non hanno risposto, molte non erano interessate….molte: “sì belle, ma non sono commercializzabili!. Salvatore Papotto, invece, evidentemente, ha ritenuto di darmi una opportunità… Credo che, per scegliere di arrangiare e produrre il primo disco ad un ultra cinquantenne, si debba essere un po’ folli e un po’ sognatori…probabilmente Salvatore lo è … e non finirò mai di ringraziarlo!”.

E’ tempo di bilanci in musica, quali sono i dieci artisti che le hanno fatto compagnia in questo annus horribilis?

“Ultimamente ”le classiche belle canzoni ” non mi piacciono più tanto (forse le ho ascoltate troppo!) e quindi mi sono messo a cercare cantanti magari un po’ sottovalutati o poco conosciuti …e ho scoperto canzoni altrettanto belle di Tricarico, Mario Castelnuovo, Jacop Dylan, Massimo Bubola, Il Duo Bucolico, John Cougar, Alberto Fortis…ne mancano tre: Daniele Ronda, Massimo Priviero e Sulutumana…”.

Il mio smartphone

Ritiene che il suo esordio sia un lavoro essenzialmente derivativo?

“Forse sì…Stilisticamente sì …a livello di sonorità sì … non ho inventato nulla… Forse nei testi provo a dire qualcosa di nuovo, forse…non so….forse sono state già dette da altri …però a me le canzoni sono venute così …e sono comunque contento! E poi mi chiedo: ma non è che un po’ tutto, oggi, derivi da qualcos’altro? C’è oggi qualcosa di realmente originale che prima non c’era? A livello musicale mi sembra un mondo pieno di copie, delle copie…di altre copie…”.

Parliamo di Rappers, l’episodio più scanzonato del disco… Le predicazioni le danno fastidio anche in certa canzone d’autore?

“In realtà no, l’obbiettivo della mia vita è riuscire a prendere seriamente MENO COSE POSSIBILI! Da molti anni ho smesso di prendere seriamente le canzoni degli altri (lungi da me l’intenzione di prendere seriamente le mie); cominciano a piacermi le facce sempre sorridenti dei monaci buddisti …quindi sto diventando molto tollerante! Tollero le predicazioni di tutti…nessun fastidio (in fondo anche le mie sono prediche). Detto ciò mi è sempre piaciuto prendere in giro le mode, tutto ciò che è troppo dominante, troppo vincente non lascia più spazio ad altro…opprime, conforma, annoia, rende tutto uguale e quindi …merita un po’ di ironia. Aggiungo: so prendere in giro molto bene anche me stesso!”.

La sua figura sembra avvolta da un alone di mistero, non è presente neanche sui social.  A cosa è dovuto questo riserbo?

“Guardi, sto davanti al pc 8 ore al giorno per lavoro…essere social significherebbe passare altre ore tutti i giorni davanti ad un monitor …ma come fate? Il mio riserbo è normale, normalissimo! E’ il NON RISERBO di tutti voi “social” che dovrebbe essere ritenuto strano. Fotografarsi il sedere allo specchio per poi pubblicarlo sui social…QUESTO E’ STRANO! Fotografare il primo, il secondo e il dolce, ogni volta che si va al ristorante…QUESTO E’ STRANO! Qualche settimana fa, mentre mia moglie e i miei figli adempivano agli “obblighi” degli auguri natalizi social, stando mezza giornata con la testa china e lo smartphone caldo tra le mani, io sono uscito. Qui vicino c’è un po’ di campagna …nevicava …ho camminato per due ore in un bosco silenzioso ed innevato…sembrava di stare in un quadro…questo è quello che mi piace, che mi interessa, che vorrò fare da vecchio. Non mi interessa mettere i like alle foto dei sederi e delle fettuccine … Non mi interessa conoscere la vita degli altri…e nemmeno far conoscere la mia … A meno che tutto ciò non avvenga semplicemente di persona…magari fuori, all’aperto, “live”, in presenza…magari in una stradina innevata  di campagna”.

Lei sembra dedicare grande attenzione alla parte testuale…mi sbaglio?

“Sono cresciuto ascoltando cantautori come Guccini, Bertoli, De André, Bennato…perché mi piaceva quello che dicevano; stavo attento ai testi, mi piaceva impararli a memoria, mi facevano pensare … Attenzione: non voglio certo accostarmi a questi giganti! Io sono un microbo …  ma anche nel mio piccolo (piccolissimo) micromondo musicale le canzoni sono una forma di comunicazione e quindi mi piace provare a comunicare qualcosa. Ma sempre senza prendersi troppo seriamente … Insomma: SONO SOLO (e resteranno sempre) CANZONETTE!”.

C’è un libro che staziona sul suo comodino? Una sorta di vangelo personale?

“Il potere del cervello quantico”.

Link Spotify album:

La Redazione

Rispondi