“Le gru di carta” di Piera degli Esposti

Era il 2001 l’anno in cui conobbi Piera degli Esposti. Raimondo Donà, allora presidente del Teatro stabile del Veneto, mi propose a lei come regista per l’allestimento di un testo tratto dal romanzo di Edda Bruna Dalla Costa, “Le gru di carta”, in concorso al Campiello.

Lavorai sodo con Piera per arrivare a ridurre il romanzo a copione teatrale, ci incontravamo all’Hotel Tritone di Abano dove alloggiava, ma, anche per guadagnare tempo, dovetti rincorrerla a Trieste, a Grado, a Bologna, a Roma, dove lavorava.

Mi ricordo che fui colpito dal fatto che nella costruzione del copione, nel plasmare i personaggi, Piera tendeva a inserire nella struttura drammaturgica alcuni dettagli del suo vissuto. Alle mie richieste di chiarimento di questa contaminazione, mi espose molte riflessioni tecniche sul mestiere dell’attore, finché in modo riassuntivo mi disse che fin da ragazza aveva trovato il modo di piegare testi e personaggi alla propria indole e alle proprie esperienze e questo per lei non era un tradimento nei confronti dell’autore, ma costituiva l’unico dispositivo per poter essere autentica nella finzione senza essere falsa. Attribuiva a questa astuzia il suo successo.

In effetti Degli Esposti come attrice non cercava mai l’immedesimazione o la simulazione e la sua dimensione espressiva non era mai naturalistica bensì moderatamente epica. Raccontando il personaggio raccontava sempre se stessa e Clitemnestra, Giocasta o Molly Bloom plasmate da Piera risultavano autentiche, universali e sempre attuali.

di Toni Andreetta

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