PREMIO RAVERA – Intervista con Beppe Carletti dei Nomadi: “La nostra forza è sempre stata la coerenza”

Tra i grandi ospiti che si esibiranno sabato 4 settembre alle ore 21.00 al prestigioso e attesissimo “Premio Ravera: Una canzone è per sempre” giunto alla settima edizione ci sono i Nomadi, amatissimo gruppo nato nel 1963, il più longevo in Italia, che hanno da poco pubblicato il nuovo disco “Solo esseri umani”, che contiene anche un brano dedicato all’indimenticabile Augusto Daolio, “Il Segno Del Fuoriclasse”. 

Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Beppe Carletti, parlando della musica di oggi, dei ricordi legati ai Nomadi e dei prossimi progetti.

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Beppe, può anticiparci cosa porterete sul palco del Premio Ravera?

“Faremo due-tre canzoni tra cui “Io vagabondo” e una tratta dal nostro ultimo disco. Sul palco saremo solo io e Yuri, il nostro cantante, perché portare tutto il gruppo sarebbe stato un po’ difficile per gli spazi e la strumentazione”.

Ci regala un suo ricordo di Gianni Ravera?

“Ho conosciuto Gianni Ravera nel 1971, è stato un maestro nel suo campo, ha insegnato a tanti organizzatori come fare quel lavoro. Ha lanciato Modugno al Festival di Sanremo con Nel blu dipinto di blu, una delle canzoni più conosciute nel mondo. Sono orgoglioso e onorato di prendere parte a questa serata a cui ci hanno invitato. Ci saranno anche Al Bano, Orietta Berti che ha avuto una rinascita incredibile, e giovani di talento”.

In effetti è stata un’estate che ha visto brillare grandi artiste quali Orietta Berti e Ornella Vanoni…

“Sono contento per questo e spero che prima o poi toccherà anche ai Nomadi un’estate importante. Forse si è arrivati alla saturazione con tutti questi giovani che fanno canzoni simili, con lo stesso ritmo, con lo stesso sound, senza nulla togliere alla loro bravura. Noi abbiamo un genere diverso e non abbiamo mai portato la canzone più immediata, abbiamo avuto delle hit che continuiamo a cantare anche adesso. Ornella Vanoni e Orietta Berti sono rimaste nel cuore delle persone perché hanno fatto cose belle e sono apprezzate da diverse generazioni. E la dimostrazione è il successo che hanno avuto anche con le loro ultime canzoni e questo dovrebbe far riflettere. Mi sembra che ci sia un’aria di cambiamento”.

A proposito di vostre hit “Dio è morto” o “Io vagabondo” sono evergreen che tutti cantano ancora, mentre spesso le canzoni odierne vengono dimenticate dopo poco tempo…

“”Dio è morto” ad esempio è una poesia che Guccini ha messo in musica e abbiamo avuto la fortuna di interpretare, mettendoci la faccia. E’ una canzone di speranza come molte altre dei Nomadi perché si pensa sempre che ci possa essere un futuro migliore e dobbiamo crederci. E’ bellissimo quando vedi un ragazzino che la ascolta o che canta “Io vagabondo”. Oggi i network non trasmettono certi brani e i ragazzini fruiscono la musica con gli smartphone e fanno la loro playlist, non ascoltano le cosiddette radio libere che in realtà così libere non sono. Non c’è la fantasia di passare i brani di emergenti ma spero che prima o poi qualcosa cambierà”.

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I Nomadi sono stati fondati nel 1963 e nonostante l’avvicendarsi di diversi componenti siete riusciti a mantenervi sempre coerenti…

“Ho incontrato Augusto Daolio nel 1963 e da lì è partita la nostra storia con intenti ben precisi, non abbiamo mai pensato al successo ma a fare ciò che volevamo senza essere condizionati da nessuno. Nonostante i vari cambiamenti, in cui ognuno ha dato e lasciato qualcosa e contribuito a questa storia infinita, abbiamo mantenuto integra l’idea principale che è stata quella della speranza, di non essere banali o superficiali, perché se negli anni Ottanta ci fossimo messi a fare la disco music per stare a galla sarebbe stato un disastro. Abbiamo invece continuato nel nostro cammino e siamo stati premiati. Nonostante gli avvicendamenti che ci sono stati, quasi mai voluti, siamo ancora qua ed è una grande soddisfazione, vuol dire che un piccolo segno lo stiamo lasciando. La forza dei Nomadi è sempre stata la coerenza. Non abbiamo mai rinunciato ad un concerto perché il palco non era consono, in tutta la nostra carriera ci siamo sempre adattati e abbiamo rispettato tutti, il pubblico in modo particolare, e la gente ci rispetta. Nella vita prima di avere devi dare”.

Qual è il ricordo più bello che ha di questi 58 anni con i Nomadi?

“Ce ne sono tanti che posso riassumere nello stare insieme sul palco e fare quello che amiamo. Non abbiamo mai cercato il successo, abbiamo venduto 16 milioni di dischi, siamo stati i primi artisti indipendenti negli anni Ottanta, poi siamo tornati a lavorare con un’etichetta multinazionale, quindi di nuovo indipendenti finché all’improvviso è arrivata la BMG, che crede ancora in noi, e questo è bellissimo”.

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Cosa può raccontarci riguardo il vostro nuovo disco “Solo esseri umani” con canzoni che raccontano la vita e l’amore? 

“L’anno scorso a metà settembre eravamo fermi e siamo andati in sala di incisione, avevamo pronte diverse canzoni e abbiamo iniziato a lavorare sui testi. Abbiamo pensato e pensiamo tuttora di aver fatto un lavoro che ci rappresenta. Dopo 28 anni abbiamo dedicato una canzone ad Augusto, “Il segno del fuoriclasse”, e siamo orgogliosi del risultato, quando la eseguiamo live la gente fa una standing ovation. Che l’applauso sia per Augusto o per il fatto che abbiamo pensato di fare questo brano non è importante, quello che conta è il riconoscimento della gente verso i Nomadi. Sono canzoni che parlano di vita, d’amore, cerchiamo di raccontare la quotidianità e il mondo che ci circonda”.

A proposito del mondo che abbiamo intorno ci sono due canzoni molto attuali come “C’eri anche tu” e “Dalla parte del cuore”…

“”C’eri anche tu” l’abbiamo incisa un anno fa e non ci siamo posti il problema che qualcuno potesse dirci che sosteniamo gli immigrati. E’ una canzone importante. Un tempo anche noi italiani siamo andati all’estero in cerca di lavoro e di fortuna, dobbiamo ricordarci che i migranti sono innanzitutto essere umani. “Dalla parte del cuore” parla invece non di un amore tra un uomo e una donna ma del pensare le cose col cuore e di avere il coraggio delle proprie idee”.

Nel disco sono presenti due featuring con Enzo Iacchetti e con Chiara Bertone…

“Enzino è un amico, c’è una stima reciproca, ci conosciamo da tanto, gli abbiamo fatto sentire la canzone e ha accettato subito. Per quanto riguarda Chiara volevo una voce femminile particolare che fosse consona alla canzone per duettare con Yuri. E’ molto brava e le auguro un grande futuro”.

Siete stati i primi a tornare sul palco dopo la pandemia. Ci racconta cos’ha provato in quel momento?

“E’ stato emozionante per noi, per i ragazzi con cui lavoriamo, è stato bello rivederci e ripartire con il pubblico davanti. Anche dopo tanti concerti c’è sempre l’adrenalina. Quest’anno molti artisti hanno ripreso a fare live e questo mi fa piacere. Io ho voluto essere il primo perché bisogna crederci ed è andata bene. Non poter andare sul palco per mesi è stato terribile e la soddisfazione di ripartire è stata impagabile. Abbiamo ancora dei concerti in programma e non vediamo l’ora di andare nelle piazze a cantare e a suonare”.

Vi piacerebbe tornare in gara al Festival di Sanremo?

“Tornerei volentieri, in effetti ci siamo andati poche volte. Se ci invitano corro perché penso sia l’unica manifestazione rimasta in cui hai la possibilità di lanciare il disco e se la canzone è bella di avere un buon riscontro. Del resto Sanremo è Sanremo”.

C’è ancora qualcosa che non ha fatto in carriera e che le piacerebbe realizzare?

“Non saprei. Dico sempre che ho realizzato tutto e all’improvviso arrivano cose nuove, come la scrittura della musica per i cortometraggi. Ho avuto tante soddisfazioni e sono felice, vorrei solo  che la vita continuasse a darmi la possibilità di salire sul palco”.

di Francesca Monti

grazie a Riccarda Meda e a Mauro Caldera

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