VENEZIA78 – Presentato Fuori Concorso il film di chiusura “Il bambino nascosto” di Roberto Andò con Silvio Orlando: “Gli incontri possono cambiare in meglio la vita delle persone”

“Il bambino nascosto” per la regia di Roberto Andò, prodotto da Bibi Film Tv (Angelo Barbagallo), Rai Cinema, Agat Films, è stato presentato alla 78a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella Selezione Ufficiale, Fuori Concorso come film di chiusura. Liberamente tratto dall’omonimo libro del regista, edito da La Nave di Teseo, vede protagonista uno straordinario Silvio Orlando, insieme a Giuseppe Pirozzi, Lino Musella, Imma Villa, Sasà Striano, Tonino Taiuti, Gianfelice Imparato, Francesco Di Leva, Roberto Herlitzka.

Gabriele Santoro vive in un quartiere popolare di Napoli ed è titolare della cattedra di pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella. Una mattina, mentre sta radendosi la barba, il postino suona al citofono per avvertirlo che c’è un pacco, lui apre la porta e, prima di accoglierlo, corre a lavarsi la faccia. In quel breve lasso di tempo, un bambino di dieci anni si insinua nel suo appartamento e vi si nasconde.
“Il maestro”, così lo chiamano nel quartiere, se ne accorgerà solo a tarda sera. Quando accade, riconosce nell’intruso Ciro, un bambino che abita con i genitori e con i fratelli nell’attico del suo stesso palazzo. Interrogato sul perché della sua fuga, Ciro non parla.
Nonostante questo, il maestro, d’istinto, decide di nasconderlo in casa, ingaggiando una singolare, e tenace, sfida con i nemici di Ciro.

Il regista Roberto Andò ha raccontato come ha lavorato al film: “E’ una storia che si svolge a Napoli, in pochi metri quadrati, quelli dell’appartamento in cui un maestro di pianoforte tiene nascosto un bambino che non conosce. Pochi metri in cui si misurano il senso profondo della vita e la possibilità di amare e di essere amati. Il bambino è figlio di un camorrista e, come accade quando l’infanzia è negata, ignora l’alfabeto dei sentimenti. Il maestro di pianoforte è un uomo silenzioso, colto, solitario. Un uomo di passioni nascoste, segrete. La musica è il suo demone, la sua misura. Toccherà a lui lo svezzamento affettivo di un bambino difficile, un ribelle. Una partita rischiosa in cui, dopo un’iniziale esitazione, si getterà senza remore. Quello che mi interessava far emergere era il rivelarsi di questo incontro misterioso che dà vita ad una situazione di nuova famiglia. Questo padre non è naturale ma riconosce in questo bambino un sentimento d’amore. E’ un tema molto delicato che fa parte della vita civile e mi piaceva raccontarlo anche per dare sviluppo a questa violenza che è presente al Sud che non viene percepita solo quando avvengono fatti eclatanti ma che si respira quasi nell’aria e di cui questo personaggio si rende conto ancora di più. E’ una violenza che si interiorizza, è come se in questa città vivesse sotto assedio.  Ho cercato di distanziarmi dal romanzo e di trovare un punto di vista molto libero, anche rispetto all’esito finale. L’aiuto di Franco (Marcoaldi) è stato importante perché ci voleva una cifra rigorosa, vigile e abbiamo lavorato con grande naturalezza e facilità”.

Franco Marcoaldi ha scritto la sceneggiatura insieme ad Andò: “Per me è la prima esperienza di scrittura nel cinema e mi fa piacere averla fatta con Roberto, che è un amico e un regista che stimo. E’ una storia che racconta forse la cosa più importante e vera di tutte, senza zuccherosità e sentimentalismi: gli incontri possono cambiare la vita delle persone, come accade a Gabriele e Ciro che arrivano da mondi diversi”.

Ad interpretare il maestro di pianoforte Gabriele Santoro è Silvio Orlando: “Mi sono lasciato sorprendere da tanti aspetti, ho letto la sceneggiatura e dopo cinque minuti ho detto: dove devo firmare? Sono rimasto colpito da questo personaggio che mi ha consentito di portare al cinema un uomo che fa un passo indietro e poi un altro e un altro ancora fino a diventare invisibile, sia fisicamente che nell’anima. Poi arriva questo ragazzino che è una scheggia impazzita, che ha tanta voglia di vivere e gli crea una voragine interiore, capisce che non ha mai vissuto una vita legata ai sentimenti e alla trasmissione di qualcosa. Infatti ha un rapporto sterile anche con l’arte. Lavorando con Giuseppe Pirozzi ho ritrovato il candore della prima volta al cinema e ho imparato tante cose. Roberto è un regista straordinariamente accogliente e aperto all’ascolto delle idee. E’ stata un’esperienza particolare da molti punti di vista”.

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Il giovane Giuseppe Pirozzi dà il volto a Ciro: “Sono stato preso dopo diversi provini. Il rapporto con Silvio si è sviluppato e alimentato di pari passo con l’evolversi della storia dei nostri personaggi e piano piano siamo diventati amici. Ciro è un personaggio abbastanza difficile a livello di caratteristiche perché non esprimeva tutte le sue emozioni ma le sfogava nel silenzio finché poi arriva Gabriele che diventa un padre per lui”.

di Francesca Monti

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