Intervista con Anna Barbaro, argento nel paratriathlon ai Giochi di Tokyo 2020 insieme alla guida Charlotte Bonin: “Lo sport mi ha resa più forte mentalmente e mi ha fatto capire che per qualsiasi problema c’è sempre una soluzione”

“Questa medaglia è frutto di tanti anni di sacrificio. Io non ero una sportiva, non mi ero mai dedicata allo sport, quindi è stata una rivincita sulla mia vita“. Anna Barbaro, insieme alla sua guida Charlotte Bonin, ha fatto sognare l’Italia ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020, centrando uno strepitoso argento nel paratriathlon con il tempo di 1:11:11, chiudendo alle spalle delle spagnole Susana Rodriguez e Sara Loher, al termine di una gara intensa ed eccellente in tutte e tre le discipline: nuoto (0,75 chilometri), ciclismo (20 chilometri) e corsa (5 chilometri).

Calabrese, classe 1985, appartenente al gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre, in questa intervista che ci ha gentilmente concesso ci ha parlato non solo delle emozioni vissute a Tokyo, ma anche del suo cane-guida Nora, dell’importanza della fede nella sua vita, dell’incontro con Papa Francesco e dei prossimi obiettivi.

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Anna, ai Giochi di Tokyo 2020 hai conquistato uno splendido argento nel paratriathlon, insieme alla tua guida Charlotte Bonin. Ci racconti le emozioni che hai vissuto quando hai tagliato il traguardo con il tricolore sulle spalle?

“Abbiamo vissuto un’emozione unica e indescrivibile, che rimarrà a vita nel nostro cuore. Un’emozione condivisa e dunque ancora più bella perché capisci che insieme si possono abbattere tante difficoltà e tanti limiti”.

Cosa rappresenta per te questa medaglia?

“Questa medaglia è frutto di tanti anni di sacrificio. Io non ero una sportiva, non mi ero mai dedicata allo sport, quindi è stata una rivincita sulla mia vita. La perdita della vista non mi ha precluso niente, anzi, mi ha aiutato ad avere una rivalsa, a non buttarmi giù. Dentro questo argento c’è tutta la sofferenza, il cadere e il rialzarmi di questo periodo, riuscire realmente a concretizzare un sogno che prima era solo mio, poi è diventato di tutte le persone che ho incontrato lungo il mio percorso e da marzo 2019 anche di Charlotte Bonin”.

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Anna Barbaro e Charlotte Bonin

Come vi siete conosciute tu e Charlotte?

“Era il Capodanno 2018-2019 ed ero molto sconfortata, non riuscivo a trovare delle guide che mi potessero dare quel guizzo in più che ti porta ad arrivare all’eccellenza, nonostante fossero forti. Io ero pure infortunata, ho passato quel giorno ad Assisi e ho detto a San Francesco: “Se questa è la strada ti prego fammi trovare qualcuno”. Il ct della Nazionale Mattia Cambi aveva già sondato il terreno e ha proposto a Charlotte che si era ritirata dopo le Olimpiadi di Rio di riprendere ad allenarsi per fare la guida a me e con grande stupore, perché per me lei era un idolo, ha accettato. Ero felicissima, non ci potevo credere. Un giorno, durante un ritiro, ho detto a Charlotte che sarei voluta arrivare fino a Tokyo e lei mi ha risposto: “dobbiamo portare avanti questo nostro sogno”, da lì ho capito che era la persona giusta perché voleva condividere con me questo traguardo. Ed è stata importantissima. Abbiamo passato momenti lontano dalla famiglia, tra cui tre mesi di ritiro, ed eravamo sempre insieme. Charlotte mi ha sostenuto e aiutato a capire come approcciarmi alle gare essendo più navigata. Non si è mai tirata indietro”.

Quante ore di allenamento avete fatto durante la preparazione ai Giochi?

“Più o meno facevamo dai 16 ai 18 allenamenti alla settimana, tra combinati, lunghi, singoli di uno sport, con ore giornaliere variabili”.

Come ti sei avvicinata a questa disciplina?

“Stavo seguendo le gare di triathlon in tv in occasione dei Giochi Olimpici di Londra 2012, avevo fatto la traversata dello Stretto e mi era piaciuta. Mi avevano detto che il paratriathlon non era ancora una disciplina olimpica, ma che lo sarebbe diventata a Rio 2016. Non avevo mai fatto nuoto, bici e corsa ma ho deciso di provare. Ho iniziato a documentarmi, quell’anno l’Italia era rappresentata da Annamaria Mazzetti mentre Charlotte per varie problematiche non era riuscita a qualificarsi per Londra. Ho seguito le loro imprese e mi sono appassionata a questo sport. E poi a settembre 2015 ho fatto la mia prima gara di prova”.

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Anna Barbaro ad Assisi

Poco fa parlavi di Assisi, sappiamo che sei terziaria francescana e che hai portato nella città umbra la medaglia vinta ai Giochi. Com’è nata la devozione per San Francesco?

“Mi piace la sua filosofia di vita, che cerco di applicare nel mio quotidiano fatto di famiglia, di preghiera ma anche di aiuto e visione verso l’altro. A 17 anni sono entrata nella Gioventù Francescana, cosciente del percorso che stavo iniziando e San Francesco con il tempo, leggendo i suoi scritti, mi ha rapito sempre di più. Mi sono anche rispecchiata in questa sua devozione alla Madonna perché faccio parte dell’Unitalsi. Sono due figure che mi sono state vicino non solo nella mia crescita ma anche quando ho perso la vista e mi hanno aiutato a vivere la mia vita appieno in una nuova situazione, a capire che non sempre il disegno che Dio ha per noi è quello che noi crediamo che sia. Io pensavo di essere arrivata, avevo trovato un lavoro come ingegnere, potevo farmi una famiglia, avevo 25 anni, poi tutto è crollato e ora la mia vita è diversa, ho studiato per insegnare ai non vedenti, posso fare l’insegnante di religione. Uno potrebbe dire: “hai tutta questa fede però Dio non ha fatto il miracolo”, inteso come riguadagnare la vista. Non ti nego che se accadesse lo accetterei con gioia, però dalla mia vita sto avendo tanto, ho accanto persone che mi amano, ho avuto Charlotte Bonin, il mio cane guida, pur non vedendo vivo in maniera normalissima e tranquilla. Quindi il miracolo è stato anche essere riuscita a reagire e ad arrivare ai traguardi che con i sacrifici ho ottenuto. La mia forza è stata la fede, la vicinanza che ho sempre sentito dentro di me di Maria e San Francesco”.

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Sul tuo tandem invece è raffigurata la zampa di Nora, il tuo cane-guida…

“Nora è nata nel gennaio 2011, il momento più buio per me, quando ho dovuto accettare di non poter camminare sola perché qualsiasi cosa facessi andavo a sbattere, non riconoscevo più nulla, vedevo solo i colori primari, i contorni non li percepivo, tanto che mia mamma aveva organizzato casa con l’accappatoio rosso, il computer giallo in modo che sapessi dove fossero le cose. Nora mi è stata data come cane-guida nel 2012, quando ci sono state le Olimpiadi di Londra”.

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Anna Barbaro con la splendida Nora

Ed è diventata una presenza fondamentale per te…

“Grazie a lei ho raggiunto l’autonomia. E’ stato difficile, non lo nego, per un anno e mezzo mi sono quasi isolata dal mondo perché volevo apprendere il più possibile, il braille, l’informatica, camminare col bastone. Nora mi ha dato una grande soddisfazione. Con lei esco, faccio la spesa, passeggio, prendo l’autobus, vado agli allenamenti, riesco a vivere la mia libertà come persona e non devo più essere costretta alle dipendenze di qualcuno. E’ brutto da dire ma a volte una persona potrebbe non avere voglia di uscire con te o devi organizzarti con gli orari, mentre se ho voglia di fare una passeggiata dico a Nora “andiamo” e lei è contenta di uscire”.

Lo sport è anche una sfida con se stessi, ci sono dei limiti che sei riuscita a superare o delle cose di te che hai scoperto grazie al triathlon?

“Lo sport mi ha resa molto più forte mentalmente. Mi ha aiutato a capire che per qualsiasi difficoltà o problema c’è sempre una soluzione. Questo è stato importante anche nella vita quotidiana, ad esempio quando mi buttavo giù perché non riuscivo a cucinare. Più che limiti sono problemi da risolvere, trovando i giusti adattamenti da sola o con l’aiuto degli altri, mia mamma, mio marito, mio padre. I limiti sono soprattutto mentali, ma è sufficiente educare le persone”.

A proposito di barriere architettoniche, mentali e culturali, i Giochi Paralimpici di Tokyo 2020 hanno finalmente avuto una grande visibilità e copertura da parte dei mass media. Cosa manca per superare quei pregiudizi che ancora esistono?

“Manca la cultura di vedere il “diverso”. Quando viene creato qualcosa, da un negozio a un monumento, dovrebbe essere accessibile ma non si pensa se potranno usufruirne tutti i cittadini, non parlo solo del disabile in carrozzina o del non vedente, ma anche di un anziano o una mamma con il passeggino. Ogni cosa dovrebbe essere alla portata di tutti, altrimenti si deve provare a farla diventare accessibile. Le barriere architettoniche non permettono alle persone diversamente abili di muoversi agevolmente e a volte rimangono in casa. Faccio un esempio: se vai in piscina ci sono le scale, i gradini, ma dev’esserci anche un ascensore per chi ha difficoltà a spostarsi. Inoltre la gente ha spesso paura dello “sconosciuto” e non sa come comportarsi quando viene a contatto con qualcuno considerato “diverso”. Serve dunque anche una maggiore visibilità e conoscenza”.

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Anna Barbaro con il marito

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

“Dovrebbe esserci il Mondiale a novembre ma ancora è da organizzare. Poi avendo dedicato tanti anni alla sfera sportiva, ora vorrei concentrarmi su quella privata. Tornata da Tokyo con il mio fidanzato abbiamo fatto la promessa e ci siamo sposati con rito civile una settimana fa. A dicembre ci sarà anche il matrimonio religioso”.

Un sogno nel cassetto…

“Il sogno più bello sarebbe quello di dare la vita, quindi creare una mia famiglia. A livello sportivo vedremo…”.

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Concludo chiedendoti di raccontarci le emozioni che hai provato incontrando Papa Francesco…

“C’è una storia dietro quell’incontro. Avevamo fatto il fax una settimana prima per partecipare all’udienza generale. Il giorno prima di recarci a Roma, il mio fidanzato, e ora marito, è andato a controllare per prendere la ricevuta e non sapeva come dirmi che non era stato inviato. Allora abbiamo mandato il fax e siamo partiti comunque per Roma. Una volta arrivati in Piazza San Pietro siamo andati a ritirare i biglietti e ce li hanno dati. Eravamo increduli. Essendo non vedente e con il cane guida ci hanno posizionato davanti, di lato, e ci siamo ritrovati praticamente di fronte al Pontefice. Non potevo crederci. Avevo in mano la papalina perché se è della sua misura il Papa fa cambio con la tua. Quando si è avvicinato e mi ha parlato in un primo momento non avevo nemmeno capito che fosse lui, talmente ero felice. Mi ha chiesto come mi chiamassi e quando ho risposto Anna mi ha detto che è il nome della nonna di Gesù, nel frattempo Nora lo annusava (sorride). Poi guardando la papalina, mi ha domandato: “vuoi che me la metta?”, quindi mi ha dato la benedizione, l’immagine della Sacra Famiglia e il rosario. E’ stata un’emozione grandissima”.

di Francesca Monti

credit foto profilo Facebook Anna Barbaro

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