Intervista con Daniele Cassioli, campione di sci nautico paralimpico e autore del libro “Insegna al cuore a vedere. Il bello è oltre la superficie delle cose”: “Tutto dipende dal significato che diamo alle cose e da come siamo pronti a metterci in gioco”

“Essere più tolleranti con l’altro vuol dire anche accogliere meglio se stessi. Ciò che vediamo è il 10% della verità perché dentro ci sono i pensieri, il vissuto di ognuno di noi e tante cose che sfuggono alla retina. Dovremmo imparare a cogliere queste sensazioni con il cuore e con l’intelligenza emotiva“. Si intitola “Insegna al cuore a vedere. Il bello è oltre la superficie delle cose” il nuovo libro di Daniele Cassioli, il più grande sciatore nautico paralimpico di tutti i tempi, scritto con Salvatore Vitellino ed edito da De Agostini.

Può un non vedente insegnare a chi vede come guardarsi dentro? Sì, proprio chi vive al buio dalla nascita può diventare la nostra miglior guida per imparare a vedere “oltre”. Perché la cecità interiore è un ostacolo molto più insidioso di quella degli occhi: rabbia, vittimismo, senso di colpa e frustrazione offuscano la nostra lucidità e ci impediscono di compiere le scelte davvero giuste per noi. Daniele Cassioli ha raccolto storie, esempi, riflessioni nate dalla sua esperienza personale di sportivo e di formatore per poi offrircele, non come un maestro che sale in cattedra ma come un amico che ci accompagna col sorriso in un percorso di crescita e consapevolezza. Un percorso che parte dalla teoria del “piano inclinato”, che ci porta a ripetere una routine anche se per noi è dannosa, e arriva a riconoscere la paura come la vera “disabilità”, per poi focalizzarsi sulle passioni che muovono i nostri istinti migliori e individuare infine un “equilibrio dinamico” che rappresenta il giusto approccio mentale alle situazioni che ci troviamo di fronte. Insegnare al cuore a vivere in armonia con il mondo e valorizzare quelle qualità che ci rendono unici è meno difficile di quanto si creda comunemente, occorre solo decidere di fare il primo passo.

Daniele Cassioli ad oggi ha vinto 25 titoli mondiali, 25 europei e 41 italiani nello sci nautico e detiene i record del mondo delle tre discipline in cui gareggia: slalom, figure e salto. Dal 2021 è membro della giunta nazionale del CIP (Comitato Italiano Paralimpico) come Rappresentante degli Atleti, ha fondato l’associazione Real Eyes Sport ed è ospite fisso del programma “O anche no” in onda Su Rai 2.

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Daniele, è uscito il suo secondo libro “Insegna al cuore a vedere. Il bello è oltre la superficie delle cose”, scritto con Salvatore Vitellino. Ci racconta com’è nata questa sua opera?

“Avevo da un po’ di tempo il desiderio di scrivere qualcosa di diverso, poi il lockdown ha cambiato completamente i miei piani e mi ha costretto a rinunciare a tante cose. Per riempire questo vuoto che si è creato ci sono state prima le chiacchierate con Salvatore e poi un nuovo contenuto. Il mio libro d’esordio è un romanzo autobiografico, quindi l’idea era realizzare un progetto differente che fosse in linea con la mia evoluzione professionale. Dato che mi sto rivolgendo di più al campo della formazione, mi sentivo pronto per offrire degli spunti universali su questo tema. Con Salvatore avevo già scritto “Il vento contro”, c’è sintonia e affiatamento tra noi e mi è sembrato bello lavorare insieme anche per questo libro”.

Per vivere in armonia con il mondo bisogna prima imparare a vedere dentro se stessi. Come si può quindi superare la cecità interiore e valorizzare le nostre capacità, abbandonando il piano inclinato delle abitudini?

“Le due grandi operazioni, le due grandi vittorie sono accettare ciò che accade e se stessi e assumersi una responsabilità. Anche nel parlare comune la difficoltà esterna ha sempre un grande impatto sul nostro stato d’animo, sul nostro sentire, sui colori con cui vediamo il mondo. La cosa straordinaria è che tutto dipende dal significato che diamo alle cose, da come siamo pronti a metterci in gioco, a cambiare il nostro punto di vista, il nostro comportamento, a fare noi in primis delle modifiche per rendere la realtà che ci è capitata più bella e funzionale. E’ successo anche a me, il non vedere è una cosa che non posso mutare ma modificando il mio rapporto con la cecità tutte le cose hanno preso un nuovo significato”.

Nel libro c’è una frase che mi ha colpito in cui dice: “sono le emozioni che ci fanno vedere dentro e le emozioni non hanno bisogno del nervo ottico ma di un cervello elastico e di quell’ingrediente in più che si chiama sensibilità”. Un concetto molto importante, ancora di più nella società odierna dove c’è sempre meno sensibilità ed empatia verso gli altri…

“Abbiamo visto come sui social sia facile giudicare gli altri. Penso ad esempio allo sport, in particolare alla ginnasta americana Simon Biles ai Giochi di Tokyo 2020 e alla pattinatrice russa Kamila Valieva a quelli di Pechino 2022, a quanto siamo pronti a non perdonare le debolezze degli altri. Essere invece più tolleranti e accoglienti con l’altro vuol dire anche accogliere meglio se stessi. E’ una forma di comportamento che poi replichiamo su di noi. Ciò che vediamo è il 10% della verità perchè dentro ci sono i pensieri, il vissuto di ognuno di noi e tante cose che sfuggono alla retina. Dovremmo imparare a cogliere queste sensazioni con il cuore e con l’intelligenza emotiva, con la parte più consapevole del nostro cervello”.

Quale messaggio vorrebbe arrivasse ai lettori attraverso il suo libro?

“Vorrei che arrivasse la consapevolezza che al di là di quanto uno sia bravo in un determinato campo, che sia uno sportivo, un insegnante, un genitore, tutta quella parte di attitudine, di atteggiamento, di pensiero resiliente ha un peso molto importante. Lo sport ce lo dimostra. All’interno di una partita di tennis o di calcio se guardi la prima e la seconda parte ti sembra di vedere due spettacoli completamente diversi perché dentro ci sono la mente, la sicurezza, la paura, il coraggio. Nel libro spieghiamo in quale modo allenare queste sensazioni e come riuscire ad avere un approccio funzionale. Ogni tanto bisogna fermarsi a riflettere su certe cose. Spesso abbiamo dei punti in agenda da smarcare e non importa cosa si sia fatto e detto, invece bisogna prima smarcare i punti dentro di noi, e mettere in attesa quelli esterni riflettendo su come stiamo in quel momento”.

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A livello personale cosa sta aggiungendo il lavoro di formazione che sta facendo nelle aziende e nelle scuole?

“Mi sta dando un sacco di soddisfazioni. Le persone mostrano interesse e partecipazione e ne sono contento. In questo periodo c’è una sensibilità nuova sulla diversità, sul valorizzare le qualità di ognuno. In ogni incontro sono io il primo a crescere ed è bellissimo perché lavorare su di sé è un’opportunità e una grande fortuna in quanto devo essere innanzitutto io a credere in certe cose per poi portarle in maniera vera agli altri”.

Cosa può raccontarci riguardo la sua associazione Real Eyes Sport (sito: https://sportrealeyes.it/)? Quali sono i prossimi obiettivi?

“E’ nata dall’intelligenza emotiva, nel senso che la frustrazione, il dolore, la fatica che ho affrontato mi hanno spinto a sublimare queste difficoltà e ho pensato che il mio percorso potesse essere di aiuto e da apripista, da rompighiaccio ad altri bambini non vedenti. E’ un’associazione che sta crescendo e in cui credo tanto, abbiamo 200 piccoli tesserati in tutta Italia, abbiamo anche una squadra di calcetto per adulti ipovedenti e una di blind tennis. L’obiettivo è creare sempre più opportunità di contatto tra chi non vede e lo sport perché nonostante siamo nel 2022 e si parli finalmente a spron battuto delle Paralimpiadi ci sono ancora tanti ragazzi non vedenti che non fanno nemmeno educazione fisica a scuola”.

Cosa le ha insegnato lo sport e in che modo le è stato di aiuto per andare oltre i limiti?

“Lo sport mi ha insegnato tanto, innanzitutto che se uno si allena può migliorare a prescindere dalla propria condizione, poi mi ha permesso di uscire di casa, di avere da piccolo qualcosa da raccontare ai miei amici, di confrontami con la paura di perdere e di vincere e soprattutto a gestirla. L’allenamento vero è la gestione, non è sbagliato aver paura ma far finta che non ci sia. In ogni situazione lo sport ti mette di fronte a te stesso, indipendentemente che tu stia partecipando al campionato del mondo o alla partita della domenica con gli amici al campetto”.

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Come si è avvicinato allo sci nautico?

“All’inizio è stato una sorta di ripiego, perché volevo giocare a calcio. Mi sono avvicinato grazie ad una persona non vedente che ho incontrato sulla neve e mi ha proposto di provare lo sci nautico. E’ stato subito amore e una grande scoperta”.

Tra tutte le medaglie che ha vinto nella sua strepitosa carriera ce n’è una a cui è più legato?

“Tutte le vittorie sono belle perché rappresentano un periodo della tua vita e soprattutto vanno a sigillare il lavoro che hai fatto, in quanto per preparare un Mondiale serve almeno un anno e mezzo. Se dovessi scegliere direi le cinque iridate conquistate nel 2013 a Milano all’Idroscalo (oro nello slalom, nel salto, nelle figure, nella combinata per non vedenti e nella combinata assoluta, ndr) perché giocavo in casa, c’erano gli amici a vedermi e vincere in Italia è stato bellissimo”.

Poco fa diceva che il suo sogno da piccolo era giocare a calcio, nel 2019 ha vinto uno scudetto con l’Ac Crema 1908 nel campionato di Calcio a 5 non vedenti. Che esperienza è stata?

“E’ stata una bellissima esperienza ed è stato divertente rimettersi in gioco, riprovare quel senso di rabbia e frustrazione in quanto non ero più abituato a sentirmi scarso in uno sport (sorride). Nel calcio è successo e mi ha insegnato a gestire queste sensazioni ma anche le dinamiche di squadra in campo, perché lo sci nautico è uno sport individuale. I miei compagni hanno magari storie meno conosciute rispetto alla mia ma altrettanto straordinarie in quanto si sono ribellati al destino e hanno costruito una vita ricca di tante soddisfazioni ed emozioni”.

In occasione dell’asta benefica We Run Together ha incontrato Papa Francesco…

“E’ stata una grande emozione. Mi hanno colpito molto la sua sensibilità e la sua umiltà. Papa Francesco è un uomo super semplice, ti dà l’impressione di essere il nonno o il vicino di casa che tutti vorrebbero avere”.

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Quali sono i suoi prossimi progetti sportivi?

“Nel 2023 sono in programma i Campionati del Mondo di sci nautico in Australia e conto di riprendermi dal problema alla schiena e di partecipare. Poi essendo membro di giunta del Comitato Italiano Paralimpico l’obiettivo è far bene nelle politiche sportive. Inoltre sono ospite fisso del programma in onda su Rai 2 “O anche no”, dove cerco di estrarre dei contenuti di crescita e formazione dallo sport parlando a un pubblico neutro, affinché chi ci segue possa magari decidere di iscrivere i propri figli o nipoti a qualche disciplina sportiva”.

Com’è nata la collaborazione per il programma “O anche no”?

“Con Paola Severini Melograni c’è una stima reciproca. Lei ha sempre avuto belle parole nei miei confronti. In occasione della Giornata della disabilità che ricorre il 3 dicembre abbiamo fatto un’intervista, è stato apprezzato quello che ho detto ed è nata una collaborazione continuativa”.

Da Londra 2012 in poi c’è stata una crescita di interesse e visibilità da parte dei mass media verso il mondo paralimpico. Cosa manca ancora per fare un ulteriore step? Pensa che programmi come “O anche no” o serie di successo come “Blanca” possano essere di supporto per avvicinare gli spettatori alle tematiche legate alla disabilità?

“Sicuramente sì. Oltre alla televisione il racconto alla popolazione viene fatto anche attraverso i social e i giornali. Quando ho iniziato 25 anni fa a praticare lo sci nautico se vincevo una gara scrivevo un trafiletto che poi veniva pubblicato sul giornale locale, oggi per fortuna ci sono grandi servizi e questo indubbiamente aiuta il movimento. C’è però ancora molto da fare. Abbiamo delle eccellenze ma la base va allargata. Una serie come “Blanca” o le testimonianze dei ragazzi non vedenti al Festival di Sanremo 2022 o le gesta dei campioni paralimpici sono un importante volano, ma dobbiamo anche fare in modo che alcune tematiche rientrino nella cultura generale. Se a scuola un professore non sente l’esigenza e non ha la volontà o le competenze per fare praticare educazione fisica a un ragazzino non vedente è un problema di tutti. Bisogna avere il coraggio non solo di esaltare chi ce l’ha fatta ma di mettere le mani in ciò che ancora dobbiamo fare e avere l’onestà intellettuale di raccontare anche ciò che abbiamo il dovere di migliorare”.

di Francesca Monti

credit foto Ufficio Stampa

Grazie a Caterina Chinellato – Sports Production Hub

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