GLI CHAMPAGNE NELLA VISIONE DEI VIGNERON E LE ECCELLENZE DELLA CUCINA GOURMET SICILIANA

La splendida Tenuta San Lorenzo di Camporè, a Randazzo (zona Etna Nord) ha fatto da teatro, giorno 25 settembre, a “CHAMP.O.RE’ – La champagne raccontata da VANIA VALENTINI accompagnata dai piatti della chef Valentina Rasà“, evento in cui l’arte enoica d’oltralpe del vino mosso metodo classico ha incontrato quella siciliana in un connubio intenso con la splendida abilità gastronomica di VALENTINA RASÀ di Cucina Manipura e della sua equipe ed anche di Ivan Siringo (peraltro proprietario, assieme a Jessica Cucinotta, di Vite restaurant a Catania).

CHI E’ VANIA VALENTINI

A condurre questo importante appuntamento è stata Vania Valentini, Master Sommelier ALMA e Degustatrice Ufficiale AIS, nonché vice-curatrice per la Guida Grandi Champagne. L’esperta di vini mossi francesi si occupa inoltre della rubrica ‘Perlage’ di Spirito Divino e scrive di bollicine per varie testate online. La Valentini svolge anche un’attività di didattica attraverso lezioni dedicate alla Champagne presso l’Università Internazionale delle Scienze Gastronomiche UNISG, tenendo in tutta italia un gran numero di seminari incentrati sulla regione dello Champagne e sugli Sparkling Wine. La conoscenza di personalità di spicco dell’ambito enoico del calibro di Andrea Grignaffini e, soprattutto, di Alberto Lupetti hanno indirizzato i l principio del suo percorso, spingendola, in modo particolare grazie a Lupetti (tra i cinque esperti più importanti di Champagne) verso il vino non fermo della Champagne.

La Rasà (che con Cucina Manipura svolge un’attività d’alto livello di banqueting e catering, con interessanti progetti come di questo evento) ha affermato di aver conosciuto la sommelier dell’Emilia-Romagna in occasione di un press tour, trovando subito una consonanza di visione enogastronomica, all’insegna della qualità e dell’eccellenza dei territori.

FATTURATO

Sette interessantissimi prodotti enoici, biologici (con il quarto biodinamico) di vigneron della Champagne (il territorio de “il vino dei re ed il re dei vini”) hanno fatto da protagonisti assoluti di questa masterclass incentrata su una zona che annovera ben 5.000 produttori, con 15, od anche 20 etichette diverse per produttore.

A detta della Valentini, il vino in questione è il più complicato ed al contempo il meno complesso del mondo, perché dotato di una grande leggerezza. Lo champagne nel corso delle ultime due annate ha avuto un incremento di fatturato notevole raggiungendo, nel 2020, i 4.700.000.000 di euro, aumentando di un ulteriore miliardo nell’anno successivo, crescendo quindi notevolmente durante il periodo di maggiori restrizioni pandemiche, durante il quale la richiesta è accresciuta notevolmente, anche al di là di quanto possano esprimere le semplici cifre.

Spesso questo particolare prodotto enoico della “Regione del Grande Est”, ha aggiunto la Valentini, viene considerato come uno strumento celebrativo, ma in realtà narra e si fa portatore di una storia più profonda che dura da circa tre secoli, per un territorio che, per la sua collocazione geografica, è sempre stato importante commercialmente, anche perché limitrofo a luoghi da questo punto di vista fondamentali e proprio per questo però attraversato da vari conflitti (dalla guerra dei cent’anni alle due guerre mondiali) che l’hanno segnato profondamente.

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LA STORIA: DAI ROMANI AI VIGNERON

La sommelier ha poi dato vita ad un’interessante descrizione storica, affermando inoltre come il vino fermo del luogo secoli addietro non fosse particolarmente apprezzato, per cui gli abitanti della zona si sono dovuti inventare un prodotto enoico diverso che esprime un territorio unico, cosa adesso evidenziata dalla letteratura recente del vino che scopre gradualmente nuove realtà delle zone dello Champagne. Champagne che deve il suo nome dal vocabolo tardo latino “campania” (ossia campagna) assegnato dai romani alle colline molto dolci della zona. Gli stessi romani scavarono il sottosuolo, fino a 50 metri di profondità, per potere avere materiale per erigere i loro edifici, trovando il “craie”, una pietra calcarea gessosa, tenera da scavare ma resistente se usata per costruire. Essa deriva da un fango bianco gessoso, risalente al Cretaceo (da 60 a 80 milioni di anni), che, quando il mare presente fino a quell’epoca in quelle zone si ritirò, si solidificò costituendo il gesso.

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Le cave che furono create, collegate tra loro, determinarono dei cunicoli sotterranei, che arrivano ad un totale di circa 250-300 km. I monaci, sapienti produttori di vino, compresero che le crayères (che dal 4 luglio del 2015 sono patrimonio dell’UNESCO), vista l’elevata umidità (80-90%) e la temperatura, costante durante tutto l’anno, di 10-11°, potessero essere adibite alla conservazione, non solo di cereali, ma anche di vini. Ed i primi vini di quella zona erano rossi, aspri e duri, usati dai monaci per le messe, anche se i preferiti dalla gente e dai potenti del tempo erano sicuramente quelli più suadenti della Borgogna che si trova a circa 60 chilometri dalla Champagne. Una pressatura dolce poteva e fu un aiuto per creare un prodotto più apprezzabile ad opera dei monaci. Ma una tappa fondamentale nell’avvicinamento al vino champagne attuale è sicuramente addebitabile a Carlo II che, trovatosi in esilio in Francia, si innamorò del vino del luogo e lo portò e lo volle con sé in Inghilterra, dove giungeva trasportato in botti e poi immesso in bottiglie di vetro più solide rispetto a quelle francesi (che scoppiavano a seguito della pressione), con l’aggiunta (esiste un documento del 1662 a riguardo) di zucchero per aumentare la frizzantezza. Ad esaltare davvero i vini della Champagne però fu Dom Pierre Pérignon a cui si deve la nascita, tra il 1690 ed il 1714, dello champagne, avendo anche intuito che il clima freddo della zona consigliava l’assemblaggio di più vini ed inventando la bottiglia di Argonne, con Luigi XV che nel 1728 firmò il decreto per la commercializzazione del vino champagne in bottiglia e con la creazione nel 1729 della prima cantina ad opera di Ruinart.

Successivamente furono i tedeschi a dare impulso alla vendita del vino brillante dello Champagne, per poi, attraverso varie fasi storiche, incominciare a svilupparsi pian piano il fenomeno dei “vigneron”, vignaioli che decidono di non conferire più alle grandi aziende, con il notissimo “Domaine Jacques Selosse” che venne generato nel 1949 da Jacques Selosse che, assieme al figlio Anselme, vinifica in proprio a partire dal 1974.

Attualmente nella Champagne si producono tre tipi di vino AOC Champagne:

Lo Champagne

il Rosé de Riceys (vino fermo)

il Coteaux Champenois (vini fermi)

Le zone di produzione dello champagne sono: Châlons-en-Champagne, Epernay e Reims, con la classificazione dei comuni in Grand Cru, Premier Cru e Cru a seconda che le uve dello champagne prodotto derivino rispettivamente al 100%, tra il 90 ed il 99 % e tra l’80 e l’89% da luoghi identificati con quei termini. Luoghi che generalmente fanno parte di Montagne de Reims (zona maggiormente vocata al pinot noir) e Côte des Blancs, (insieme di luoghi in cui il vitigno principe è lo chardonnay), eccezion fatta per Ay, che è nella Vallée de la Marne.

I VINI IN ASSSAGGIO

AOC Champagne, Diebolt-Vallois Prestige Blanc de Blancs Grand Cru

100% Chardonnay

La maison nasce a Cramant, paese della Côte des Blancs, in cui, nel 1978, la tradizione di vinificazione familiare divenne azienda indipendente, con vini come “il Fleur de Passion 2013” considerato un “meraviglioso” introvabile.

Il vino fa fermentazione in acciaio e si compone di due annate precedenti, facendo un leggero passaggio in legno, con un dosaggio di 4,5. Al naso “Prestige” mostra agrumi sottili e polvere di gesso ed in bocca espone una salinità calcarea, quasi salmastra per l’origine marina dei terreni, con un finale accennato di magnesio.

AOC Champagne, Champagne Brut Reserve Vieilles Vignes Francis Orban

100% Pinot Meunier

La cantina Francis Orban è collocata nel centro della Vallée de La Marne, a Leuvrigny, a 15 chilometri da Epernay, in una zona in cui il Pinot Meunier è assoluto protagonista. Anche in questo caso è stata la generazione recente (la quarta) della famiglia a creare un’indipendenza del vignaiolo rispetto ai grandi produttori per questa realtà che conta sette ettari vitati. (Per comprendere i rapporti di forza con le maison più importanti basti sapere che Moët & Chandon ha 1350 ettari di vigneti).

Il vino, che si giova di un breve passaggio in botti grandi molto esauste, all’analisi olfattiva, si configura pungente, con note di susina ed albicocca, mentre al sorso si rivela succoso e fruttato, con inoltre una dolcezza dovuta anche al dosaggio (8), fornendo comunque una buona mineralità.

AOC Champagne, Apollonis – Michel Loriot Champagne Brut Authentic Meunier

100% Pinot Meunier

La maison si deve a Michel Loriot che principia la sua attività nel 1977, con la moglie Martine, venendo poi denominato “il vignaiolo melomane”, non solo per la sua passione per la musica ma anche perché la considera in grado di entrare in una relazione positiva con le vigne ed il vino, tanto da fa risuonare i brani di Mahler, Beethoven, Brahms, Mozart, Brahms e Vivaldi nei suoi 7 ettari vitati in un piccolo paesino della Vallée de la Marne, Festigny.

Il vino (con dosaggio 7) al naso è più “vinoso”, espone una maggiore struttura, con la susina in bella evidenza, con note fumé, pietra spaccata e caffè. L’esame gustativo svela una buona sintonia naso -bocca.

AOC Champagne, Champagne Drappier Clarevallis, Extra Brut

Assemblage: 75% Pinot Noir, 10% Pinot Meunier, 10% Chardonnay, 5% Blanc Vrai

La cantina è situata nella Bar-sur-Aube, regione alla quale, ad inizio ‘900, non si permetteva l’uso della denominazione Champagne. La cuvée Clarevallis (che rappresenta il nome latino dell’abbazia di Clairvaux, costruita da san Bernardo) è filiazione di uve coltivate biologicamente sulla collina di Urville, già vitata in epoca cistercense, ossia il XII° secolo. A dominare, nei 62 ettari vitati, è il Pinot Noir che costituisce il 70% della tenuta, mentre il Pinot Meunier è presente per il 15%, lo Chardonnay per il 9% e vecchie varietà per il 6%.

Il vino presenta al naso sentori di erbe aromatiche, fragoline di bosco e sottobosco, con note fumè. In bocca originando da un suolo quasi tipico dello Chablis, fa emergere anche il carattere e la mineralità dello Chardonnay che pure lo compone solo in piccola parte.

AOC Champagne, Champagne Hugues Godmé Blanc de Noirs

100% Pinot Noir

La maison è fatta da vignaioli che lavorano la vite da cinque generazioni e che svolgono, nei 7,5 ettari vitati a Verzenay, nel cuore della Montagne de Reims, una viticoltura biodinamica certificata.

Il vino (a dosaggio zero), essendo pinot nero, sprigiona, al naso, sentori di lampone, ribes, mirtilli ed in bocca è dritto, verticale, con grande personalità, fotografando appieno il territorio di provenienza.

AOC Champagne, Champagne AMC 00 Alberto Massucco

50% Chardonnay, 30% Pinot Noir, 20% Pinot Meunier

La cantina è dell’unico produttore italiano che può fregiare i vini della sua azienda con l’appellazione di Champagne (occorrono determinate caratteristiche come qualcuno che si occupi di vigneti nella Champagne da almeno vent’anni et similia). Lo stesso Massucco ha portato in Italia i prodotti enoici di quattro cantine indipendenti di vignaioli eroici: Rochet-Bocart e Trousset-Guillemart (Montagne de Reims), Gallois-Bouché (Côte des Blancs) ed Eric Taillet (Vallée de la Marne).

Il vino (dosaggio zero anche qui e passaggio in legno) al naso mostra note fumé importanti con una nota salmastra e marina che domina in bocca.

AOC Champagne, Champagne Jean-Philippe Trousset Le Rosé Extra Brut

Assemblage: 35% Pinot Noir, di cui l’8% in rosso, 50% Chardonnay, 15% Meunier

Questo vino rappresenta la “cuvée de prestige” (una sorta di biglietto da visita) di questa cantina nata da una famiglia che fa viticoltura da oltre tre secoli nel villaggio di Sacy.

Il vino, fermentato in acciaio (tranne il 10% che fa legno), con dosaggio 4, al naso si mostra fresco e fruttato, con note di lampone ed agrume ed una buona traccia di fumé. In bocca l’agrumato (arancio e mandarino) emerge con chiarezza, per un vino pulito, con un finale sapido e salino persistente.

Nel corso del pranzo gourmet i suddetti Champagne sono stati affiancati dai vini della Cantina Camporè:

DOC ETNA ROSSO, Camporè Tenuta San Lorenzo (95% Nerello Mascalese e 5% Nerello Cappuccio);

DOC ETNA BIANCO, Camporè Tenuta San Lorenzo (70% Carricante e 30% Catarratto)

DOC ETNA ROSATO, Camporè Tenuta San Lorenzo (100% Nerello Mascalese)

IGT TERRE SICILIANE, Camporé – Spumante Brut (100% Nerello Mascalese)

di Gianmaria Tesei

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