“Mi hanno colpito la sua grandissima forza, l’energia e la determinazione nel mordere la vita, nell’affrontarla con una passione, con un grande amore per gli animi umani, per l’arte, per la storia, per la cultura, per la bellezza in senso artistico”. Matilde Gioli è la protagonista di “Fernanda”, diretto da Maurizio Zaccaro, coprodotto da Rai Fiction e Red Film, in onda su Rai 1 martedì 31 gennaio in prima serata, in cui interpreta Fernanda Wittgens, la prima direttrice della Pinacoteca di Brera e la prima donna in Europa a ricoprire un ruolo così prestigioso.
Fin da bambina trascorreva le domeniche visitando i musei di Milano in compagnia del padre e sognava di diventarne la “Direttrice”. Il suo sogno si avvera nel 1928, quando viene presentata dal prof. D’Ancona, suo docente in Accademia, ad Ettore Modigliani, direttore della Pinacoteca di Brera. Un incontro che le cambia la vita: la sua bravura e la sua alacrità vengono subito notate. Quando Ettore Modigliani, essendo ebreo, viene sollevato da ogni incarico, mandato al confino e perseguitato, Fernanda prende il suo posto, diventando la prima donna a dirigere la prestigiosa galleria d’arte.
Quando l’Italia entra in guerra nel giugno del 1940, Fernanda partecipa al trasferimento di alcune delle opere ospitate in Pinacoteca. È il primo di molti altri da lei organizzati, scortando personalmente le preziose opere in giro per l’Italia e realizzati con l’aiuto di Giovanni, un uomo di fatica che appare ruvido al primo contatto e con cui invece troverà un’intesa crescente. Ed è con la stessa dedizione che Fernanda, dopo aver visto come le persecuzioni razziali hanno ridotto il professor D’Ancona, si impegna in una missione ancora più rischiosa: mettere in salvo numerosi ebrei destinati ai campi di concentramento. Tradita da un giovane collaborazionista che cercava di aiutare, viene arrestata e rinchiusa a San Vittore. Fortunatamente la guerra è agli sgoccioli e la sua famiglia riesce a farla scarcerare nel 1945.
In questa intervista che ci ha gentilmente concesso, Matilde Gioli ci ha parlato con trasporto e profonda ammirazione di Fernanda Wittgens, di come si è preparata per interpretare questa donna speciale e di quanto oggi l’arte e la cultura possano giocare un ruolo fondamentale per far riflettere le persone e contrastare l’odio e la cattiveria.
Matilde Gioli in “Fernanda” con Sabrina Marchetti, Valeria Cavalli e Silvia Lorenzo
Matilde, nel film evento “Fernanda” interpreta Fernanda Wittgens, prima direttrice della Pinacoteca di Brera. Che tipo di preparazione ha fatto per entrare nel personaggio?
“Quando si ha la possibilità di interpretare un personaggio realmente esistito hai a disposizione le fonti, nel mio caso libri come L’allodola di Giovanna Ginex e altre biografie di Fernanda Wittgens, nelle quali questa scrittrice appassionata ne ha descritto in modo esaustivo tanti aspetti. Successivamente ho lavorato con il regista Maurizio Zaccaro, che a sua volta aveva fatto uno studio del personaggio per potermi aiutare ad interpretarlo dal punto di vista del tono della voce, delle movenze, del carattere. L’unione di queste due cose, insieme ad una serie di fotografie e di articoli su Fernanda, mi hanno permesso di avere materiale sufficiente per poter ridare vita a questa donna”.
Qual è l’aspetto di Fernanda Wittgens che l’ha colpita maggiormente?
“Mi hanno colpito tanti aspetti, in particolare la sua grandissima forza, l’energia e la determinazione nel mordere la vita, nell’affrontarla con una passione, con un amore per gli animi umani, per l’arte, per la storia, per la cultura, per la bellezza in senso artistico. Aveva un concetto di bello un po’ lontano da quello che ci viene proposto oggi, soprattutto dai social network. Fernanda Wittgens è stata un’eroina perché è riuscita, mettendo il suo corpo a disposizione durante i bombardamenti, a salvare le opere d’arte a Milano ma anche tante persone aderendo alla Resistenza e trasportando queste famiglie di ebrei al confine con la Svizzera, rischiando di essere fermata e arrestata o addirittura giustiziata”.
E’ una donna che ha saputo unire la cultura alla solidarietà e all’altruismo. Cosa ha rappresentato per lei interpretarla?
“Chiaramente, come hai detto giustamente tu, c’è un insieme di cose belle e forti che è difficile trovare all’interno della stessa personalità. Fernanda oltre all’amore per l’arte e la cultura, alla determinazione e alla forza, aveva empatia e rispetto per gli altri e anche una grande generosità. Questo l’ha resa ufficialmente un’eroina del Novecento, di cui si dovrebbe parlare di più. Qualsiasi cosa in cui ha messo mano è stata in qualche modo migliorata, salvata, protetta, accresciuta”.
Quanto c’è bisogno oggi di esempi quali Fernanda Wittgens?
“Esempi come quelli di Fernanda servono tantissimo. In questo personaggio c’è molto da cui prendere spunto. E’ stata una donna speciale ma ci sono tante altre eroine di epoche diverse che sono da ispirazione per vari motivi”.
Il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria, quanto è importante oggi portare avanti la Memoria?
“Esistono giorni e date simbolici ma è un ricordo che deve essere sempre presente dentro tutti noi per non ripetere errori e stragi come quelli avvenuti con la Shoah. Purtroppo però vedo che nel mondo continuano ad esserci uccisioni di massa, guerre, è veramente difficile contrastare l’odio e la cattiveria”.
Quale ruolo sociale possono avere l’arte, il cinema, la televisione?
“L’arte e la cultura sono una grandissima arma, per questo la messa in onda il 31 gennaio di “Fernanda” sarà un modo per combattere l’odio e la cattiveria attraverso la storia e le azioni che ha compiuto questa donna, che avrebbe potuto non immischiarsi in quello che accadeva e che invece ha deciso di mettere a rischio la sua vita, il proprio lavoro, per aiutare le famiglie ebree. Ci sono tanti messaggi da cogliere e strumenti che possono essere usati per contrastare l’odio ogni giorno. Quindi questo film è un’occasione davvero importante per riflettere”.
Il film affronta temi quali l’affermazione femminile, l’impegno civile, la Resistenza, il sacrificio per l’arte e per gli altri, che sono molto attuali, se pensiamo a quanto accade nel mondo, in particolare in Iran e in Afghanistan…
“Purtroppo sì. E’ sempre un discorso delicato e cerco di essere più rispettosa possibile delle culture e religioni dei vari Paesi perchè si rischia quell’atteggiamento che centralizza il pensiero occidentale come unico al mondo. Penso che al di là di ogni religione, cultura, pensiero e credo ci siano degli elementi universali basici legati al rispetto di ogni anima, di ogni umanità che troppo spesso vengono calpestati. A costo di essere ridondanti va ricordata ogni giorno l’importanza dei diritti umani e nello specifico delle donne, che sono vittime di femminicidi, violenze, abusi. Bisogna parlarne in famiglia e a scuola, ed educare le nuove generazioni, a partire dal modo in cui i maschi devono rapportarsi con le donne, per cercare di cambiare in meglio il mondo”.
In “Lettera dal carcere di San Vittore alla madre” Fernanda Wittgens scrive: “Non si può e non sarebbe giusto tradire se stessi neppure per gli affetti più cari”. E’ d’accordo con questa affermazione?
“Fernanda era talmente determinata e sicura di sé che poteva fare un’affermazione così forte. Io mi ritrovo in quello che lei ha scritto e penso sia giusto ma forse non ho ancora il suo coraggio, a volte, per far valere le mie idee e il mio credo di fronte agli affetti personali”.
di Francesca Monti
credit foto ufficio stampa
Grazie a Flora Coluccia