Maria Letizia Gorga è protagonista, insieme a Pino Ammendola, della commedia apocalittica “Nero come un canarino”, scritta negli anni Sessanta da Aldo Nicolaj e in scena al Teatro Manzoni di Roma da giovedì 2 a domenica 19 febbraio, per la regia di Silvio Giordani, prodotta dal Centro Teatrale Artigiano diretto da Pietro Longhi.
Un inquinamento ambientale e morale che annerisce persino i canarini, un mondo di delitti e ciminiere, di manichini più che persone. Un tocco di rosso-rosa squarcia però il grigio dello smog. Gilda (Maria Letizia Gorga), l’ultima romantica rimasta in questa Metropolis futuribile dove non ci sono più né un albero né un filo d’erba, è sospettata di aver avvelenato tre mariti. La donna coltiva ancora fiori colorati e profumati ed alleva canarini veri in un mondo dove ormai tutto è di plastica. Il commissario Pietro Bon (Pino Ammendola), incaricato delle indagini, nuovo arrivato in paese, si lascia lentamente ed inesorabilmente affascinare dalla donna. Tra antenne e fabbriche inquinanti, con ironia e moderato pessimismo, l’inchiesta va avanti tra incontri galanti e autopsie. Alla fine, il solerte investigatore troverà l’amore o si candiderà invece ad essere la prossima vittima della fascinosa Gilda?
Attrice profonda, raffinata, poliedrica, in questa piacevole chiacchierata Maria Letizia Gorga ci ha parlato di Gilda, il personaggio da lei interpretato in “Nero come un canarino”, ma anche dell’incontro artistico con Peppe Barra, dei prossimi progetti, di poesia e delle canzoni di Pino Daniele.
Maria Letizia, è in scena al Teatro Manzoni di Roma con la commedia apocalittica “Nero come un canarino”, cosa l’ha colpita maggiormente di questo testo?
“Grazie alla proposta bellissima arrivata dal regista Silvio Giordani di fare insieme a Pino Ammendola un testo che è una specie di black comedy, un noir divertente, abbiamo avuto l’occasione di tornare al Teatro Manzoni di Roma nei panni di questi due personaggi piuttosto particolari. Il commissario Pietro Bon viene incaricato di fare delle indagini in un nuovo paese che però si presenta diverso da come se lo aspettava. Un paese sospeso, in un futuro strano, quasi strampalato, un universo che all’epoca in cui è stato scritto era futuribile ma oggi in parte è realtà, dove tutto è di plastica, dove i ruoli sono invertiti, gli uomini vogliono fare le cose in maniera seria e sposarsi prima di mettere su famiglia, mentre le donne al contrario fanno le prove di indipendenza, di autonomia. C’è poi Gilda Foschi, una vedova che ha sepolto tre uomini e che qualcuno dice li abbia avvelenati, che ha ereditato dal nonno l’arte di fare miscele prodigiose, strane, con cui in qualche modo coccola i suoi consorti. Siccome i reati in questo paese non vengono puniti né scoperti l’unica cosa che interessa al commissario è andare a fondo sulla vicenda di questa vedova. Gilda è l’unica donna, in mezzo a tutta quella plastica, che coltiva fiori veri, alleva canarini. E proprio per cercare una femmina per un canarino che è rimasto anche lui vedovo il commissario si presenta a casa della donna, cercando anche di capire meglio come sono andate le cose”.
Qual è il tratto di Gilda che ha più apprezzato?
“E’ un personaggio carino, all’antica, con i valori di un tempo, con il senso della reciprocità e dell’accoppiamento in vecchio stile, si sente assolutamente utile soltanto se ha un uomo accanto. In realtà è lei che cuce la tela intorno a questi uomini e farà lo stesso anche con il commissario che è combattuto tra il sentimento che prova per lei e far rispettare la legge. Non sveliamo però se riuscirà a sedurlo e se lui accetterà di correre il rischio. E’ una donna affascinante, una mantide religiosa che ha una sua purezza, è simpatica a tutti, è come se fosse una specie di consigliera”.
E’ una commedia scritta negli anni Sessanta ma per molti aspetti attualissima…
“Aldo Nicolaj aveva in qualche modo previsto tutto. Quello che negli anni Sessanta era un’ipotesi anche un po’ incredibile, si è poi in parte realizzata nella società contemporanea e questo genera un riso amaro”.
Condivide il palco con Pino Ammendola, con il quale c’è un meraviglioso sodalizio artistico che si è concretizzato in diversi spettacoli teatrali ma anche al cinema, in Stregati dalla luna, da lui diretto con Nicola Pistoia…
“Con Pino Ammendola lavoriamo insieme da tempo e siamo compagni nella vita. Ha scritto tantissime commedie, è un attore con cui ho condiviso con piacere la scena. Ritrovarci in veste di coppia attoriale in “Nero come un canarino” è una bellissima occasione in un teatro che amiamo molto come il Manzoni di Roma, dove abbiamo recitato diverse volte e dove torniamo sempre con grande gioia. Sul palco con noi ci sono Maria Cristina Gionta, Luca Negroni, Giuseppe Renzo, i costumi sono affidati a Lucia Mariani, le bellissime musiche originali sono di Stefano De Meo, le scene di Mario Amodio, le luci di Marco Macrini. Possiamo contare su una squadra molto forte e soprattutto che lavora in armonia e con spirito di collaborazione, che è una cosa rara”.
In questo spettacolo lei canta anche dei brani musicali…
“Sì, un’altra mia grande passione è il canto e mi è stato chiesto di interpretare dal vivo dei brani musicali che abbiamo scelto appositamente e ci sono sembrati pertinenti alla storia”.
A proposito di musica, tra i vari lavori che ha fatto nella sua carriera c’è anche “La Cantata dei Pastori” di Peppe Barra. Com’è nata questa collaborazione?
“Con Peppe c’è stato un lungo sodalizio d’amicizia, nato quando abbiamo fatto insieme sulle tavole del palcoscenico il Don Giovanni, con la regia di Maurizio Scaparro. Un giorno mi ha chiesto se avessi voluto fare con lui La cantata dei pastori e, dal debutto nel 2003 a Napoli, abbiamo portato per venti anni questo spettacolo, con le musiche di Cannavacciuolo e De Simone, in tantissimi teatri. E’ stato un successo pazzesco. Con Peppe è stato un incontro della vita, è un grande maestro di scena, un compagno straordinario”.
Anche con Napoli si è creato un rapporto speciale…
“Napoli mi ha un po’ sedotta, nel senso che da tanto tempo faccio delle operazioni musicali con questa città meravigliosa, che reputo di adozione, da La gatta cenerentola di Roberto De Simone al Masaniello di Tato Russo, passando per La cantata dei pastori per arrivare al musical Musicanti con le canzoni di Pino Daniele, che dopo essersi fermato per la pandemia finalmente riparte. Ho un debito molto forte con questa città e con gli artisti meravigliosi napoletani che mi hanno voluta accanto a loro”.
A proposito di Musicanti cosa rappresentano per lei le canzoni di un grande cantautore e poeta quale Pino Daniele?
“Rappresentano l’anima di Napoli che è blues, cosmopolita, internazionale. Pino sa raccontare attraverso la musica e le parole, perchè è stato un vero poeta e continua ad esserlo, quello che risiede nelle pieghe dell’anima di ognuno di noi e lo ha fatto con un linguaggio comprensibile non solo ai napoletani ma a tutti, rompendo queste barriere, cantando l’amore, la solitudine, la voglia di riscatto”.
Cosa può raccontarci riguardo il personaggio che interpreta, Donna Concetta?
“Donna Concetta è quella che tutto sa e tutto contiene, ed è un po’ come Napoli, una terra dove tutto può essere, dove convivono l’alto e il basso, la luce e l’ombra si fanno compagnia e si accettano. Pino Daniele ha saputo raccontare tutto questo meravigliosamente, con grande arte e sapienza”.
Che ruolo può avere la poesia nella società odierna?
“Citerò la frase della poetessa Patrizia Cavalli che diceva che la poesia è la Resistenza partigiana della civiltà. Credo che oggi ci sia ancora più urgenza di fare poesia, che è un ponte tra le varie arti sospeso nel tempo, che riesce a raccontare l’anima, il soffio vocale di ciascuno di noi fin dai primordi come se tutto ciò che è stato detto e respirato continuasse a viaggiare nel tempo. Riaccogliere dentro di noi questa pratica della poesia, non soltanto la lettura a bassa voce nella stanza tutta per sè, come avrebbe detto Virginia Woolf, ma in una specie di rito collettivo come è sempre stata, celebrarla con letture ad alta voce e performance atte all’incontro attraverso i versi, credo sia importante per ritrovare la nostra voce”.
Ha pubblicato pochi mesi fa il libro “Accordi poetici. Teoria e prassi della dizione poetica nel XX secolo”…
“Questo libro è nato perchè faccio formazione in accademie di cinema, televisione e teatro, soprattutto insegnando dizione. Avevo pubblicato una prima opera che si chiama “La Voce aperta. Viaggio nell’universo della parola parlata” e poi mi è stato chiesto un seguito. Siccome mi occupo anche della dizione poetica ho voluto approfondire in particolare sul Novecento e sulle pratiche di performance, attraverso grandi artisti e poeti. Ho avuto la fortuna di presentarlo alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma con il relatore Luca Aversano e con il grande poeta Elio Pecora”.
In quali progetti sarà prossimamente impegnata?
“Sto preparando insieme a Maximilian Nisi, con la regia di Daniele Falleri uno spettacolo a due personaggi che si chiama “Mathilde”, di Véronique Olmi. Al momento siamo in prova e debutteremo in primavera. E’ un testo bellissimo e molto forte, che tratta una tematica attuale e racconta la cronaca di uno scandalo”.
di Francesca Monti
Grazie ad Alessia Ecora