“E’ una storia talmente irreale e incredibile che non c’è stato un approccio concreto, non ho potuto ispirarmi ad una persona che conosco ma è stato un lavoro basato sulla fantasia e sull’immaginazione”. Giorgio Lupano è lo straordinario protagonista di “La vita al contrario – Il curioso caso di Benjamin Button”, in scena dal 23 al 26 febbraio al Teatro Ghione di Roma, con la regia di Ferdinando Ceriani e l’elaborazione teatrale di Pino Tierno, in occasione dei 100 anni dalla prima pubblicazione de “Il curioso caso di Benjamin Button” di Francis Scott Fitzgerald.
Nato ottantenne nel corpo di un bambino, Nino Cotone vive, ma solo nell’aspetto, una vita inversa. Vittima di una linearità alterata paradossale, affronta l’infanzia come se fosse un anziano e la vecchiaia come se fosse un bambino. Ma queste molteplici temporalità sembrano riunirsi e coincidere in un unico punto, ossia nella parola scritta, in quei fogli del suo diario che Nino vuole affidare alla memoria degli spettatori.
Benjamin Button, nell’adattamento Nino, vuole raccontare la sua storia prima di dimenticarla, prima di cadere in un eterno presente, quello dei neonati che non hanno la percezione del tempo che passa.
Pino Tierno ha italianizzato la storia riportandola agli avvenimenti che hanno riguardato il nostro Paese dall’Unità d’Italia fino ai primi anni Sessanta. La messa in scena è infatti accompagnata dai suoni e dalle melodie che hanno caratterizzato quell’arco storico, dalla fine dell’Ottocento passando poi per le due guerre mondiali fino al boom economico.
Giorgio, nello spettacolo “La vita al contrario” interpreta Nino Cotone, che affronta l’infanzia come se fosse un anziano e la vecchiaia come se fosse un bambino. Come ha lavorato per entrare nel personaggio?
“E’ una storia talmente irreale e incredibile che non c’è stato un approccio concreto, non ho potuto ispirarmi ad una persona che conosco ma è stato un lavoro basato sulla fantasia e sull’immaginazione, non soltanto mio ma anche del regista Ferdinando Ceriani. Al contempo abbiamo cercato di dare concretezza al racconto e di renderlo in qualche modo credibile nelle varie fasi della sua vita. Abbiamo lavorato anche sulla fisicità e sulla voce. Sicuramente aiuta il fatto che l’io narrante ricordi ed evochi tutti i personaggi che Nino Cotone incontra e questo fa sì che diventi un monologo a più voci, meno lineare e più variegato, più colorato, in modo che lo spettatore possa entrare in questa favola fantastica”.
Il tempo della vita di Nino Cotone è scandito dai sentimenti…
“Per lui il tempo non ha un valore come per noi, Nino vive nei vari momenti della sua vita diverse relazioni. All’inizio con il padre che non lo accetta, che non vuole avere un vecchio per casa, ma vorrebbe un bambino, poi sperimenta l’amore per una donna che fatalmente si allontana da lui e mentre lei invecchia Nino ringiovanisce, quindi sente la delusione e fa tesoro di queste esperienze, ma diventando piccolino è destinato a ricordarle vagamente e a perderle. In questo, seppur al contrario, segue l’iter dell’essere umano, in quanto alla fine della nostra vita torniamo un po’ bambini e magari dimentichiamo alcune cose. Nino è sempre affezionato al momento che sta vivendo e anche divertito. Per fortuna Francis Scott Fitzgerald ha scritto questa storia con molta ironia, senza commiserazione. Il protagonista osserva la sua vita dall’esterno quasi con divertimento e riesce a renderla tenera e leggera. Io per primo, e credo anche il pubblico, mi sono affezionato a questo personaggio così bislacco”.
Nino dice “tutti hanno una vita speciale a modo loro, tutti sono qualcosa che nessun altro è, né sarà mai”. E’ un bel messaggio per far capire che proprio la diversità rende uniche e speciali le persone…
“La diversità è qualcosa che non segue le regole stabilite dalla maggioranza di cui facciamo parte, composta da persone mediamente colte, sane, ricche, che hanno disegnato il mondo su misura ma l’universo è pieno di minoranze di qualunque genere che chiedono soltanto di essere viste e ascoltate. Qualche anno fa ho recitato in “Figli di un dio minore” a teatro lavorando con attori sordi. Questo mi ha aperto gli occhi sul fatto che noi spesso tendiamo ad ignorare le richieste, i bisogni, la presenza di chi vive in un mondo non fatto su misura per lui, in questo caso i sordi. Nino è una metafora della diversità in generale, che esiste solo per chi non la accetta. Lui nasce vecchio ed è la sua normalità, ma è difficile farla accettare agli altri e questo vale per la diversità sociale, di razza, di religione, di orientamento sessuale, culturale. C’è sempre una maggioranza che decide come debbano essere le cose e questo non è giusto”.
Quanto pensa che il teatro e in generale le arti possano essere un veicolo importante per far riflettere il pubblico su certe tematiche?
“Il teatro è comunicazione da quasi 4.000 anni, ci sarà sempre qualcuno che racconta delle storie a coloro che le vogliono ascoltare. E’ un rito che continua, perché ha una ragione di esistere. Insieme alla musica, alla letteratura, al cinema che in questo momento sta patento tanto, tratta degli argomenti che ci possono riguardare e ci permette di capire meglio noi stessi. Abbiamo vissuto un periodo drammatico con la pandemia, ma c’è voglia di tornare a teatro, di stare insieme e spero sarà così per milioni di anni. E’ un patto che si crea tra spettatori e attori, è una magia speciale”.
Ne “La vita al contrario” la storia è stata italianizzata riportandola nel periodo che va dall’Unità d’Italia fino agli anni Sessanta, quindi racconta anche un po’ uno spaccato della società del nostro Paese…
“Pino Tierno ha fatto questa trasposizione per avvicinare quello che succede nel background del racconto al pubblico italiano, ovverosia mentre Nino vive la sua vita accadono avvenimenti come gli scioperi di fine Ottocento-primi Novecento, la prima e la seconda Guerra Mondiale, eventi che conosciamo o che ricordiamo. Sono state inserite anche delle canzoni che scandiscono il passare del tempo, famose anche in Italia, come Il pinguino innamorato, Lola, che danno l’idea del momento storico in cui siamo. Inoltre la critica ormai ha accettato il fatto che Francis Scott Fitzgerald potrebbe aver scritto Il curioso caso di Benjamin Button ispirandosi a un racconto italiano di uno scrittore piemontese, Giulio Gianelli, che scrisse Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino. Lei ha viaggiato spesso in Europa e anche in Italia ed è possibile che questo sia accaduto”.
Diceva che questo personaggio le è entrato nel cuore. Cosa ha aggiunto al suo percorso artistico e umano?
“La tenerezza. Nelle serie televisive ho spesso interpretato personaggi un po’ romantici o cinici, dall’armatura glaciale che poi si scioglie incontrando l’amore, ma in questo caso racconto una storia che crea un’empatia con me e anche con il pubblico. Tante persone, dopo aver visto lo spettacolo, mi dicono che ha ispirato loro tenerezza, che è un bel sentimento da provare oggi, è avvolgente. E’ una novità per me raccontare una favola da adulto ad altri adulti ed è la prima volta che faccio un monologo. Quindi è stato un banco di prova. Quando mi hanno proposto per la prima volta questo spettacolo ho rifiutato perchè ero impegnato con altri progetti, poi è ritornato qualche tempo dopo e in quel momento ho accettato, ed era destino che ci incontrassimo, io e Benjamin/Nino (sorride)”.
Nino ha con sè una valigia dove ha raccolto i ricordi della sua vita, cosa metterebbe in una sua ipotetica valigia?
“La valigia in teatro è un topos, quando vedi entrare un attore, un personaggio con questo oggetto significa che si sta portando dietro una vita, una storia. I ricordi sono sempre con me, le persone che ho amato, i luoghi che ho visitato, l’amore. Io vorrei invece essere sorpreso da quello che c’è dentro, aprire la valigia e trovare delle cose che ho dimenticato”.
In quali progetti sarà prossimamente impegnato?
“La tournée de “La vita al contrario” terminerà il 26 febbraio a Roma ma mi piacerebbe portare nuovamente in giro per l’Italia questo spettacolo nella prossima stagione. Ad inizio marzo ci sarà la ripresa di “Tre uomini e una culla”, quindi switcherò da un racconto onirico e tenero a una commedia francese divertentissima che metteremo in scena nei teatri fino a maggio e poi il prossimo anno. La dimensione teatrale mi sta piacendo molto, è il mio primo amore e mi ha permesso di riscoprire dopo la pandemia il gusto di viaggiare, incontrare le persone, vedere nuovi posti”.
In una nostra precedente intervista ci aveva raccontato che uno dei suoi sogni era portare a teatro “Il collezionista” e alla fine c’è riuscito. Com’è andata?
“E’ stato un sogno che si è realizzato e poi subito infranto. Avremmo dovuto portarlo in scena per un festival di teatro inglese contemporaneo che si svolge a Roma e si chiama Trend ma nel 2020 hanno chiuso i teatri a causa del lockdown. Attraverso un crowdfunding, che ha avuto una bellissima partecipazione da parte di tante persone che con le donazioni ci hanno aiutato a produrre lo spettacolo perchè eravamo rimasti senza produzione, Il Collezionista è stato fatto in streaming, con la regia di Francesco Bonomo, e Beatrice Arnera ed io come interpreti. Quando tutto è ripartito ognuno aveva impegni diversi e non siamo riusciti a portarlo a teatro. Lo spettacolo c’è nella nostra memoria e magari un giorno riapriremo questa valigia e uscirà fuori Il collezionista”.
Ha doppiato Pingio il gelataio in “Lampadino e Caramella nel MagiRegno degli Zampa”, primo cartone animato al mondo per bambini con e senza deficit sensoriali. Che esperienza è stata?
“Venivo da un’esperienza con persone sorde a teatro e poter conoscere la loro cultura e il loro mondo, la loro lingua e recitare insieme è stato il più grande regalo che mi ha fatto questo mestiere. Ha cambiato il mio punto di vista su tante cose. Nel caso di “Lampadino e Caramella nel Magi Regno degli Zampa” è stato ancora più immersivo perchè questi cartoni animati sono realizzati con grande attenzione verso bambini con abilità differenti, ipovedenti, sordi, autistici e fanno veramente servizio pubblico in questo senso, in quanto finalmente qualcuno pensa a creare qualcosa di fruibile ed accessibile a tutti. Ho aderito molto volentieri a questo progetto, mi sono divertito a doppiare Pingio, con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di giusto perchè dobbiamo considerare anche le persone che non fanno parte di quella maggioranza che ha disegnato il mondo a suo uso e consumo, a volte lasciando indietro gli altri”.
di Francesca Monti
Grazie a Paola Spinetti