Intervista con Giulio Scarpati: “Quando si ha un sogno bisogna provare a realizzarlo”

“La parte più interessante è stata l’evoluzione del personaggio che inizialmente è rigido nelle sue decisioni, ma che poi fa una scelta radicale, tradisce in parte le sue convinzioni e si trasforma”. Giulio Scarpati, amatissimo attore dalla lunga e straordinaria carriera vissuta tra teatro, cinema e tv, dove ha impersonato ruoli variegati risultando sempre credibile e intenso, arriva dal grande successo del musical “Billy Elliot”, firmato da Massimo Romeo Piparo, prodotto dalla PeepArrow Entertainment, dove ha vestito i panni di Jackie Elliot, il padre di Billy, che non accetta l’amore del figlio per la danza e vorrebbe vederlo seguire la sua personale passione per il pugilato.

In questa piacevole chiacchierata, con la consueta disponibilità, Giulio Scarpati ci ha parlato del suo ritorno in un musical dopo l’esperienza in “Aggiungi un posto a tavola”, della funzione che può avere oggi il teatro, ma anche dei suoi inizi nel mondo della recitazione e dei ricordi legati all’interpretazione di Rosario Livatino nel film “Il giudice ragazzino”.

Giulio Scarpati con gli interpreti di Billy Elliot

Giulio, arriva dal grande successo a teatro con il musical “Billy Elliot” in cui ha interpretato il padre del protagonista, Jackie. Come si è approcciato a questo personaggio?

“Sono molto contento che Massimo Romeo Piparo mi abbia coinvolto in questo spettacolo e proposto di interpretare il ruolo di Jackie Elliot. E’ un personaggio che inizialmente si oppone fortemente al desiderio del figlio di fare il ballerino. E’ un minatore, impegnato nella lotta operaia contro la Thatcher, che da giovane era appassionato di pugilato e che ha cercato di trasferire questa passione a Billy, pagando delle lezioni affinché potesse praticare questo sport. Quando scopre che il figlio invece sogna di diventare ballerino entra in crisi. Quindi ho dovuto impersonare un uomo che ha dentro di sé anche una certa dose di omofobia, che è rigido nelle sue decisioni, ma che poi fa una scelta radicale, tradendo in parte le sue convinzioni, e aiuta Billy a realizzare il suo sogno, vedendo con quanta determinazione persegue il proprio obiettivo. La parte più interessante era l’evoluzione del personaggio che parte in un modo e poi si trasforma”.

E’ un musical che affronta tematiche sempre attuali, dal rapporto padre-figlio ai pregiudizi, dalle aspettative che i genitori riversano sui loro figli alle lotte dei lavoratori…

“Sì, il musical affronta tematiche sempre attuali, tra le quali l’omofobia e il pregiudizio in base al quale se un ragazzo vuole fare il ballerino potrebbe essere omosessuale. Uno degli aspetti più belli di “Billy Elliot” è che solitamente le scelte di carattere artistico riguardano classi medie, abbienti, mentre in questo caso il protagonista è figlio di un minatore, arriva da una famiglia operaia che dopo un anno di scioperi non ha i mezzi economici per supportarlo nel suo percorso e si deve confrontare con una passione fuori dagli schemi classici. Ho immaginato che il padre di Jackie fosse un minatore e lo avesse fatto entrare in miniera da ragazzo anche se lui voleva diventare un pugile. Spesso se hai una frustrazione perché non hai realizzato un sogno lo proietti su tuo figlio, come fa il mio personaggio con Billy, ma è un modo sbagliato di pensare al suo futuro”.

Billy Elliot

“Io non voglio una qualunque adolescenza. Io voglio diventare un ballerino!”, afferma Billy Elliot. Quanto è importante assecondare le passioni e provare a realizzare i propri sogni?

“Fare l’attore è stata una scelta di passione, di conseguenza ho constatato direttamente su me stesso cosa significhi avere un sogno e cercare di realizzarlo. Esserci riuscito mi ha convinto che le passioni vadano assecondate, anche se ovviamente si scontrano con tante difficoltà, principalmente con quella di capire se hai il talento per poter fare quel mestiere. Ci vuole una grande convinzione ma quando poi raggiungi il tuo obiettivo è il massimo della felicità, come è accaduto a me”.

Quando ha deciso di fare l’attore quanto è stato importante il supporto della sua famiglia?

“Il mio primo spettacolo è stato a 12 anni, al teatro “Delle Muse” a Roma, un’esperienza nuova che mi aveva molto colpito, poi a 16 anni ho frequentato la scuola di recitazione di Elsa de’ Giorgi calcando di nuovo le scene, mentre ero al liceo, quindi sono entrato nella Cooperativa Gruppo Teatro G alla fine degli anni Settanta, e insieme ai miei coetanei ho cominciato a lavorare seriamente. Ero però sempre in conflitto con me stesso, infatti ero iscritto a giurisprudenza e avevo un’occupazione presso un centro studi di diritto dove facevo il bibliotecario e il correttore di bozze. Così mi sono trovato a un bivio e ha prevalso la passione per il teatro. I miei genitori non mi hanno ostacolato, mi hanno supportato negli anni, nonostante la loro preoccupazione fosse se avessi il talento necessario per far diventare questa passione una professione”.

Qual è il messaggio più importante che secondo lei arriva al pubblico tramite questo musical?

“Il confronto con questa storia che vede protagonisti dei ragazzi di 11-12 anni è già particolare perchè viene messa al centro la generazione del futuro. Tra il pubblico vedo spesso giovani, bambini, adolescenti che frequentano scuole di danza e sono super entusiasti poiché in qualche modo si rivedono in Billy e credere che un sogno si possa avverare è importante. Magari non tutti riusciranno a realizzarlo, però questo musical comunica tanta forza, ha delle bellissime musiche di Elton John ed è un inno all’energia del ballo, al trasferimento della comunicazione dei sentimenti, è qualcosa di contagioso”.

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Come si è trovato a recitare con i tre giovani attori che si alternano nel ruolo di Billy e con il resto del cast, a cominciare da Rossella Brescia?

“Mi sono trovato benissimo con tutto il cast, con Andrea Loconsole, Emiliano Fiasco e Bryan Pedata, che interpretano il protagonista, e con Rossella Brescia che veste i panni della signora Wilkinson che in questa piccola cittadina fa lezione a un gruppo di ballerine, tra cui c’è anche sua figlia, e che trasmette a Billy la passione per il ballo e ne capisce il talento aiutandolo a prepararsi per le audizioni di nascosto dal padre e dal fratello Tony. Rossella oltre ad essere bravissima ha una grande disciplina e costanza nel tenersi in esercizio, proprie del mondo della danza, mentre forse noi attori siamo meno disciplinati. In passato avevo recitato in “Aggiungi un posto a tavola” e sono contento di essere tornato al musical, con questo clima di lavoro, passione, preparazione che mi piace molto”.

Quale funzione può avere oggi il teatro e quanto può essere utile per far riflettere gli spettatori?

“Il teatro è utile e necessario, e sarebbe importante anche nell’educazione dei ragazzini se venisse portato nelle scuole, coinvolgendo gli studenti ad esplorare sentimenti ed emozioni e insegnando loro come comunicarli attraverso un testo teatrale scelto ad hoc. Potrebbe fungere anche da terapia per le nuove generazioni che hanno subìto la pandemia, che sono state senza contatti diretti con gli altri per tanto tempo. Visto da spettatore il teatro ha una capacità di illuminazione immediata. “Billy Elliot” ad esempio, anche attraverso le canzoni, ti fa capire che la diversità è un patrimonio, una ricchezza e che ci sono enormi possibilità di realizzare se stessi in ogni campo, nonché l’importanza della libertà di scegliere, anche sessualmente, chi essere. E’ un musical delicato, non c’è niente di forzato ed ideologico”.

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credit foto Azzurra Primavera

A teatro ha interpretato tanti spettacoli diversi, da “Il misantropo” a “L’idiota”, da “Una giornata particolare” al musical “Aggiungi un posto a tavolo”, c’è un personaggio che ancora non ha avuto modo di fare e che le piacerebbe impersonare?

“Ormai non ho più l’età ad esempio per l’Amleto ma ho recitato ne L’idiota di Dostoevskij che ritengo essere un Amleto aggiornato rispetto a quello di Shakespeare, quindi in un certo senso è come se lo avessi interpretato sebbene con un altro testo. I rimpianti sono per quei ruoli come Konstantin de “Il Gabbiano” di Cechov che non ho avuto la possibilità di impersonare. Il teatro per fortuna ha una varietà di personaggi grandissima, ne ho interpretati diversi, distanti da me, cercando di capire come renderli al meglio. Un po’ come lo stesso Jackie del primo atto che non è così aderente alla mia persona, ma capirne le ragioni mi ha aiutato a comprendere come si evolve nel corso del musical ed è stato molto gratificante. Non c’è un personaggio particolare che vorrei interpretare, sono attirato da quelle storie che raccontano un cambiamento, quando la vita ti pone davanti alle scelte e fa modificare le convinzioni”.

Ha avuto modo di vestire i panni di Rosario Livatino nel film “Il giudice ragazzino” e di essere la voce narrante del documentario “Il giudice di Canicattì Rosario Livatino, il coraggio e la tenacia”, che emozioni ha provato interpretando questo grande uomo?

“Il fatto che siano personaggi realmente esistiti e non creati dalla penna di uno sceneggiatore aggiunge molto. Tutte le volte che si parla in tv di Rosario Livatino mi giro come se la cosa mi riguardasse personalmente. Ho avuto poi la fortuna di incontrare i suoi genitori durante le riprese del film ed è stato meraviglioso, un momento emozionante. Nel corso degli anni sono tornato a Canicattì, dopo che è morta la madre di Rosario sono andato insieme a suo papà nella cappella di famiglia, ho fatto tanti convegni che riguardavano la mafia. Questo personaggio mi ha permesso di entrare in un mondo particolare. Livatino era figlio unico, recentemente è stato beatificato ma purtroppo i suoi genitori erano già scomparsi. Per loro sarebbe stata una grande consolazione. Ho avuto la fortuna di vestire i panni anche di Don Luigi Liegro, un altro uomo straordinario che si è battuto su tanti fronti. Fondatore della Caritas, ha portato alla luce il problema dell’Aids e dei malati che morivano per strada in condizioni terribili, ai margini della società, tra l’indifferenza della gente che aveva paura di contagiarsi. Interpretare questi personaggi che hanno lasciato un segno forte nella storia ti pone di fronte ad una responsabilità maggiore, anche verso la loro famiglia, perchè ti confronti con persone che hanno fatto un percorso importante e significativo e devi trovare i giusti equilibri, senza tradire la sostanza di quello che erano. Sono esperienze che ti arricchiscono dal punto di vista professionale e umano”.

In quali progetti sarà prossimamente impegnato?

“Quest’estate prenderò parte ad alcuni festival, a Salerno a fine giugno e a Pomigliano, con una lettura di un racconto di Kundera, una storia divertente e molto bella, che spero poi di poter portare anche in altri eventi in giro per l’Italia. E poi vorrei fare anche una vacanza, perché dopo la pandemia non ci sono state occasioni per fermarsi e quindi sento la necessità di rigenerarmi e stare un po’ con gli amici e la famiglia”.

di Francesca Monti

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