Il documentario “Don Lorenzo Milani, il peso della libertà”, di Simona Fasulo con la regia di Nicoletta Nesler, lunedì 26 giugno alle 21.10 su Rai Storia

Dal 26 giugno del 1967, data della sua morte, sono passati cinquant’anni, eppure don Lorenzo Milani è una figura attualissima, un uomo le cui azioni, il cui entusiasmo e la fede di poter cambiare le cose troverebbero posto e sarebbero utili in questa Italia dei giorni nostri. Sono stati fatti tanti ritratti del prete scomodo, critici, romanzati, appassionati. Il documentario “Don Lorenzo Milani, il peso della libertà”, di Simona Fasulo con la regia di Nicoletta Nesler – in onda lunedì 26 giugno alle 21.10 su Rai Storia per il ciclo “Italiani” con  Paolo Mieli – si propone di far parlare lui, don Lorenzo, attraverso le numerose lettere che ha scritto: quelle ufficiali redatte con i suoi ragazzi di Barbiana, nella forma di scrittura collettiva (Lettera ai cappellani militari e Lettera a una professoressa), quelle ai suoi superiori che non lo amavano e tentavano di tenerlo a bada, quelle private agli amici e soprattutto alla madre, Alice Wiess di origine ebraica. Con il racconto di Sandra Gesualdi, figlia di Michele, uno dei primi ragazzi della scuola, autore di “L’esilio di Barbiana”, si ripercorre la storia di don Milani dal periodo di Calenzano all’arrivo nella parrocchia sperduta tra le montagne. “Barbiana gridava povertà”, dice Sandra, “il giorno in cui lui arrivò pioveva, trovò una chiesa ammuffita, qualche casa sperduta nel bosco, mezzadri timidi e diffidenti”. Nel doc c’è anche una lunga intervista a don Silvano Nistri che ha conosciuto anche i dolori e gli affanni di don Milani quando si sentiva il figlio non amato di una Chiesa che non concordava  col suo pensiero e le sue azioni, e che dice: “Se non c’era Barnaba non c’era San Paolo, e il Barnaba di don Milani è stato il suo padre spirituale don Bensi”. Proprio le parole di don Raffaele Bensi, tratte da un incontro televisivo con Enzo Biagi del 1971, narrano l’incontro di Lorenzo Milani Comparetti con la fede, all’età di vent’anni. Le testimonianze di chi l’ha potuto incontrare – tra gli altri la professoressa Adele Corradi e Giuseppe Matulli, e alcuni dei suoi studenti, che l’hanno accompagnato fino alla fine –  rievocano le durezze della vita di montagna per un fisico minato come il suo, ma anche le gioie e le meraviglie che don Lorenzo condivise con gli allievi che amava come figli, e con  le sue “perpetue”, l’Eda e la Giulia. Il materiale di repertorio sulla scuola di Barbiana mostra l’organizzazione puntuale e felice di una scuola dove si studia, si apprendono vari mestieri,  si lavora, si impara a pensare.
Don Lorenzo Milani, nato ricco, borghese, da famiglia intellettuale coltissima d’origine ebrea, si spende per gli altri cui dedica tutta la vita. La sua puntigliosità e il suo carattere tutt’altro che accomodante non lo aiutano a vivere bene in un ambiente codificato da secoli come quello ecclesiastico, ma con il suo entusiasmo e la sua fede nella ragione oltre che in Cristo, don Lorenzo crede di poter sovvertire le leggi per fare spazio a quell’unica regola che per lui la Chiesa dovrebbe seguire: l’amore.

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