Intervista con Maria Vittoria Strappafelci, autrice del libro “Il digiuno dell’anima: una storia di anoressia”

Maria Vittoria Strappafelci è l’autrice del libro “Il digiuno dell’anima: una storia di anoressia”, in cui racconta attraverso la propria testimonianza il drammatico problema dell’anoressia che ha vissuto e da cui è riuscita ad uscire, diventando un esempio di speranza per tutti coloro che affrontano questa grave problematica.

Hai pubblicato il libro “Il digiuno dell’anima: una storia di anoressia“. Com’è nato?

“A circa venti mesi dall’inizio del mio percorso di guarigione, ho iniziato a scrivere le pagine della mia triste vicenda vissuta nel tunnel dell’anoressia dando vita alla mia prima pubblicazione intitolata “Il digiuno dell’anima: una storia di anoressia“. La scrittura per me è stata sempre una forma di terapia, aiutandomi ancor di più a prendere coscienza del problema che avevo vissuto e nella consapevolezza della mia malattia, volevo far conoscere la mia storia per far capire alle persone che cosa significa soffrire di anoressia, che cosa significa soffrire di un disturbo alimentare vissuto in tutte le sue fasi, ma soprattutto per incoraggiare quelle ragazze/i che soffrono di una patologia del genere, che si può uscire e si può guarire”.

02. Copertina Mariavittoria Strappafelci

Hai vissuto sulla tua pelle la drammatica problematica dell’anoressia che nel libro chiami “perfida vipera” o “mostro”. Quando ti sei resa conto di aver bisogno di aiuto?

“Per chiedere aiuto ho impiegato tanto, tantissimo tempo. Dovevo toccare il fondo, vedere la morte in faccia e capire finalmente che ero una persona malata e che avevo bisogno di essere curata. Forse doveva succedere quel brutto episodio bel 2004 in una notte d’estate per aprire gli occhi su una realtà che negavo a me stessa, avendo una visione completamente distorta del mio corpo davanti allo specchio. Se non fosse accaduto tutto ciò e non fossi arrivata ad essere consapevole del male che mi stavo facendo, non so per quanto tempo sarei andata ancora avanti in quello stato che a poco a poco mi avrebbe portato definitivamente alla morte arrivando a pesare poco meno di 34 kg e nonostante tutto ho impiegato tre anni prima di chiedere aiuto e intraprendere un percorso di terapia, perché dicevo a me stessa che ce l’avrei fatta da sola, quando da soli invece non si esce, ma si ha bisogno di un supporto psicologico in centri specializzati che si occupano di disturbi alimentari. Oggi io mi ritengo “fortunata” rispetto a tante altre ragazze che lottano entrando ed uscendo dalle strutture per continui ricoveri e credo che per guarire da una malattia come l’anoressia, bulimia e altri disordini alimentari, si debba veramente toccare il fondo e raggiungere la consapevolezza di essere persone malate”.

Chi ti ha dato una mano a superare questo problema?

“Una volta presa consapevolezza del mio problema, la prima persona che mi ha dato una mano a cercare un centro per curarmi è stato mio fratello Graziano, che stanco di vedere uno scheletro girare per casa mi ha preso e sbattuto al muro. E forse avevo bisogno proprio di quel gesto così forte per rendermi conto ancor di più dello stato grave che avevo raggiunto nella malattia, mentre prima di prendere coscienza, rifiutavo aiuti rispondendo con l’aggressività del mio carattere che era dettato da quella “bestia” che si era impossessata del mio corpo. Da lì a pochi giorni ho iniziato il mio percorso di terapia al centro AIDAP di Roma seguita dalla Dottoressa, psichiatra, psicoterapeuta Maria Grazia Rubeo che ha preso a cuore la mia salute e con amore e amicizia per cinque anni mi ha supportato lungo questo cammino di guarigione. È stata molto dura la terapia,  perché ho dovuto combattere nella mia testa la “vocina” di quel mostro che mi parlava in continuazione ogni volta che facevo un passo avanti nella mia guarigione e “Lui” continuava a farmi lo sgambetto per farmi cadere e tornare indietro. Ma ho vinto sempre io e tutto ciò mi rende ancora oggi orgogliosa!”.

03. Retrocopertina Mariavittoria Strappafelci

Quanto una società che è sempre più votata all’apparenza e all’estetica può contribuire a far sì che una ragazza abbia una percezione distorta del proprio corpo?

“Oggi purtroppo ci sono messaggi sbagliati che ci vengono trasmessi attraverso i social e la TV. È sempre più diffusa la “bellezza irreale” di una donna che non esiste nella società in cui viviamo. Una “bellezza irreale” che le ragazzine adolescenti con una spiccata fragilità, seguono come modello e che raggiungono drasticamente nel momento in cui cadono in un disturbo alimentare e nella malattia. Da non sottovalutare anche le diete “fai da te” che troviamo sempre di più su internet. Mai seguirle! Ogni soggetto ha bisogno di un’alimentazione personalizzata basata sull’altezza e sul peso e dettata sempre da un medico nutrizionista”.

Che consiglio ti sentiresti di dare ad una ragazza o un ragazzo che ha disturbi alimentari?

“Anche se non se ne parla mai abbastanza, ma sempre molto di più di quando sono caduta io nel tunnel dell’anoressia, il mio consiglio, anche se non c’è la totale consapevolezza di vivere un problema, è quello di prendere in considerazione i primi campanelli di allarme nell’avere pensieri negativi, malati e distorti nei confronti del cibo e del proprio corpo, ma soprattutto di non avere vergogna e chiedere aiuto prima che nell’organismo si inneschi quel “maledetto meccanismo” simile alla droga di cui non puoi più fare a meno quando il disturbo si dilunga nel tempo. Solo così si può prendere in tempo la malattia e ritornare alla “normalità” di vivere la vita!”.

Ci racconti qualcosa in più riguardo il progetto “non siete soli” che vuole sensibilizzare sulla tematica dei disturbi alimentari?

“Il Movimento “NON SIETE SOLI” è nato dall’incontro con il cantautore Igor Nogarotto e con Alessandro De Gerardis (Speaker radiofonico di RAI Isoradio e musicista). Igor Nogarotto ha dato musica alle parole di una lettera scritta nero su bianco da Eleonora, una ragazza morta di bulimia, per volontà della madre al fine di far conoscere la tematica dei disturbi del comportamento alimentare e soprattutto sensibilizzare. Così abbiamo unito la musica, la letteratura e la voce di Alessandro dando vita al Movimento “NON SIETE SOLI” che raccoglie anche storie di chi ha vissuto o chi vive un disagio con il cibo e il proprio corpo. Avremo tanti appuntamenti in futuro ma quello più importante è cercare di sensibilizzare la tematica nelle scuole visto che l’età di esordio della malattia sta scendendo spaventosamente. I dati sono molto allarmanti perché troviamo bambine in età prepuberale tra gli 8 e i 10 anni che soffrono già di un disturbo alimentare. In Italia ci sono più di tre milioni e mezzo di persone che soffrono di questa malattia ed è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Dati da non sottovalutare nemmeno quelli dei casi maschili in continua crescita”.

Come stai trascorrendo queste giornate a casa?

“È un momento difficile per tutti, ma credo che avessimo bisogno di staccare un po’ la testa dal frenetico tran tran della quotidianità che stavamo vivendo fino a circa un mese fa. Forse avevamo proprio bisogno di questo per capire e dare importanza ai valori della vita, agli affetti e a tante altre cose a cui non davamo il giusto significato prima. Io personalmente non ne avevo poi così tanto bisogno di capire, perché la sofferenza del passato è già stata una grande lezione di vita per comprendere quanto è bello vivere e apprezzarne le “piccole sfumature” come spesso cito nel mio libro. Però in questo periodo non mi annoio affatto. Anzi, devo dire che le giornate volano, perché mi occupo di tutte quelle piccole cose per le quali non avevo mai avuto tempo prima. E poi la cosa più interessante è che do sfogo al mio lato artistico sia nel creare che nel recitare. Tutto sommato non mi dispiace affatto starmene a casa e come in ogni situazione negativa, prendo il lato positivo!”.

di Francesca Monti

 

Un commento

  1. Ho letto il libro, una storia forte, ma l’autrice è stata più forte della “bestia”!
    Da una situazione così dura o ne esci fortificato o non esci. Lei ha lottato per la metà della sua vita; è uscita fortificata e oggi sta cercando con buoni risultati di aiutare chi passa questi brutti momenti. Brava!

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