Gangs of London: finale di stagione. Recensione ottava e nona puntata

Tra colpi di scena e un turbinio di morti violente, si conclude il primo ciclo della serie di Sky Atlantic dedicata alla criminalità inglese

Ottava puntata

La penultima puntata si apre con i sicari assoldati da Jevan che fanno un’incursione nella casa dei Wallace, trovandola totalmente vuota a parte un paio di scagnozzi fedeli a Marianne che stanno lì a farsi macellare.

Sean viene portato in un rifugio sicuro, un vecchio albergo della famiglia, ormai semi abbandonato e occupato da una comunità hippy.

Elliot si reca a casa di Shannon, ma qui trova il Ed Dumani, per lui non simpaticissimo, che con modi piuttosto spicci gli fa capire di andarsene favorendo prima il rifugio dei figli Wallace superstiti.

Alexander intanto è intento nel tentativo di recupero del miliardo e mezzo di sterline sottratte agli investitori, recuperando 250 milioni, mentre Jevan, in evidente stato di angoscia, sbotta con il Duman senior e lo minaccia di morte nel caso in cui i soldi non vengano rapidamente trovati, richiedendo ordine e fiducia.

Nel suo covo, l’albergo Rino, Sean rimugina sulle parole del defunto Finn e trascorre il tempo dipingendo con la madre, che è assolutamente avvelenata contro i Dumani e vorrebbe attaccarli. Il primogenito Wallace è in stato di panico e depressivo, continua ad avere allucinazioni in cui vede il padre e pensa di farla finita suicidandosi, ma non ne ha il coraggio.

Prima che i cecchini prezzolati da Jevan riescano a raggiungerli, Billy riesce a convincere la sorella Jackie a fuggire per potersi ricostruire una nuova vita per lei e per la bambina che porta in grembo.

Elliot incontra il suo sovraintendente che, a muso duro, gli ricorda le sue responsabilità e gli addebita il rapimento e la presa in ostaggio di Anthony, l’altro poliziotto infiltrato, ma il nostro si difende affermando che Sean si sia “fottuto il cervello” e che presto riuscirà a liberare Anthony e a consegnarlo alla polizia.

I nigeriani, comunque armati di machete, stanno aspettando asserragliati in un albergo di poter recuperare denaro dal capo della cosca albanese Luan, grazie a un informatore cinese. Il primo albanese viene straziato, l’informatore è ucciso senza pietà. Nonostante l’inferiorità numerica, Luan si dimostra un lottatore eccellente e riesce a mutilare orrendamente e uccidere i quattro nigeriani che lo circondano. Deciderà quindi di allontanarsi insieme alla moglie.

Floriana, che ha ormai dato alla luce la figlia sua e di Finn, è sempre tenuta in cattività dal capo dei sicari assoldato da Jevan e da sua madre, nella convinzione che sia quest’ultima intestataria di un conto in cui verranno fatti confluire i soldi. Approfittando di un attimo di distrazione della sua carceriera, riesce a fuggire insieme alla bambina.

Lale e Sean si mettono d’accordo per far detonare un grattacielo costruito con i soldi degli investitori nella piena city di Londra, parcheggiando un furgone bomba nel parcheggio, vicino ai piloni portanti.

Nasir continua la campagna elettorale per diventare sindaco di Londra, col supporto di suo padre Asif, fortemente determinato a continuare a fare affari come in precedenza.

Il poliziotto Carter (che di nome fa Elliott) riesce a farsi riferire da Sean il luogo di detenzione di Anthony ma quando finalmente lo raggiunge è ormai troppo tardi: la punta di un trapano gli ha già reciso la giugulare. Scappa quindi prima dell’arrivo della sua capa, Vicky, che non può far altro che accertare il decesso del collega.

Shannon raggiunge Elliott che è riuscito appena in tempo a far sparire da casa le tracce delle indagini, spiegandole la pericolosità della situazione ed esortandola a stare momentaneamente lontana da lui.

Sean chiama Alexander e gli rinfaccia di essere succube degli investitori, proseguendo sulle orme del padre Finn che aveva cercato di frodare questi ultimi, pagando poi con la vita.

Durante la drammatica chiamata, il furgone parcheggiato nei sotterranei del grattacielo da Lale viene fatto detonare e l’intera torre collassa su se stessa sulle note dell’aria della Tosca di Puccini “E lucevan le stelle” cantata da Pavarotti.

Nona puntata finale di stagione

La nona è l’ultima puntata, un episodio finale ricco di colpi di scena, suspense, una serie fitta di flashback e flashforward e con rivelazioni in parte inaspettate. Tutto comincia con un flashback di Elliot e il padre pugile, in cui c’è una lezione di vita secondo cui “i pedoni non diventano Re”, ma possono camminare liberi dal peso della corona.

L’agente Carter si risveglia alquanto disorientato in una sorta di ospedale militare, dove viene denudato, perquisito e sottoposto ad una serie di prelievi. Ben presto un agente inizia a interrogarlo brutalmente su cosa ci facesse il giorno prima nell’Hotel Rino e quando avesse visto Sean, accusato di un atto di terrorismo per aver fatto crollare la Belvedere Tower.

Flashback al giorno prima. Lale sta preparando una parrucca bionda, che si scoprirà poi essere parte del travestimento usato per avvicinare e uccidere Nasir, il neosindaco di Londra, tagliandogli la lingua.

Alexander Dumani è interrogato dalla polizia, Marianne si reca al cimitero a “pregare” sulla tomba di Finn e qui incontra Ed Dumani che le chiede di consegnarle Sean per aver salva la sua vita e quella di Billy e Jacqueline.

Il figlio di Ed contatta Sean telefonicamente dicendogli che gli investitori hanno intenzione di incontrarlo faccia a faccia, cosicché il rampollo dei Wallace coinvolge anche Alexander intimando che all’incontro si rechino insieme e inviandogli l’indirizzo dell’albergo. Il primogenito Wallace si impossessa e spulcia il telefono dell’infiltrato ormai defunto sbirro Anthony, scoprendo alcune informazioni sensibili su Elliott.

Con un montaggio analogico, torniamo alla stanza delle torture dove l’inquisitore, per risultare più convincente, si avvale dell’aiuto di un energumeno alto circa 2 metri e 20 con il quale cerca di estorcere all’agente Carter notizie sull’identità degli investitori, sugli ordini impartiti e su come sia entrato in contatto con loro.

Si ritorna al passato, mentre Jevan passeggia è avvicinato alla limousine degli investitori a cui si accosta riluttante. La stravagante coppia emana per lui una sentenza di morte, dicendo che il loro tempo è finito e invitandolo ad autoeliminarsi. Il suo cadavere verrà ritrovato impalato ad un cancello.

In un ingorgo mostruoso, Asif si sta recando a congratularsi con il figlio per la vittoria delle elezioni. Decide quindi di scendere dall’auto e proseguire a piedi, ma sul suo percorso incrocia una sedicente sostenitrice (in realtà è Lale imparruccata) che si congratula apparentemente con lui.

Avviene perciò una bizzarra stretta di mano, al termine della quale Asif si ritrova con entrambe le mani insanguinate. Con un atroce presentimento, il boss pakistano riesce a raggiungere il quartier generale e salire dal figlio ma ormai è troppo tardi: Nasir è in piedi senza vita, con la lingua mozzata e in un mare di sangue. Lale torna da Sean e scambia qualche battuta circa quali siano le vere motivazioni che sostengono l’azione del rampollo dei Wallace, alleato nell’omicidio di Nasir. I due consumano un rapporto sessuale, poi la fiera guerrigliera curda si allontana in auto.

Ci si trasferisce di nuovo al cimitero, dove Marianne ed Ed consumano la tensione con uno scontro a fuoco in cui la madre di Sean sembra avere la peggio e rimane tramortita.

L’ispettrice Vicky è esortata a recarsi a casa di Shannon per farsi consegnare Sean e cerca di convincere la figlia di Ed Dumani, minacciando la revoca dell’assegnazione del figlio. Dopo aver avuto conferma del fatto, Shannon imbraccia una doppietta e fa fuoco in pieno petto, dilaniando il corpo della giovane ispettrice.

Elliott intanto viene avvicinato dagli investitori, sale in auto. Con un flashforward si torna alla sala di tortura, in cui all’ex infiltrato viene richiesto, dopo essere stato bendato con uno straccio intriso di acqua e sapone, cosa gli abbiano chiesto gli investitori. Un altro flashback ci riporta al giorno precedente, con l’avvicinamento di Elliot all’hotel Rino, seguito da uno stuolo di teste di cuoio.

L’hotel è una sorta di ritrovo di hippy tossici e balordi di ogni genere, strafatti di acidi. All’incontro Sean mostra all’ex-agente Carter il telefono di Anthony, accusandolo di essere un traditore, un uomo perso e di far schifo.

Segue una disamina psicologica condotta da una bizzarra versione del primogenito Wallace nelle vesti di psicanalista, in cui il primo minaccia all’altro di non avere una vita e di godere nel rovinare quella altrui, mentre Elliott ribatte che si sta comportando così perché loro sono criminali e che il suo atteggiamento sarebbe stato lo stesso nei confronti di chiunque avesse infranto la legge.

Invece di uccidere l’ex agente, Sean si spinge ad affermare come quest’ultimo possa essere il suo solo alleato contro coloro che “[…] non finiranno mai in carcere perché le carceri le hanno costruite” e consegna ad Elliott un microchip contenente tutte le informazioni sensibili sugli investitori.

Ai due si aggiunge Alexander che, giunto con l’intento di uccidere Sean ed essendo riuscito ad entrare armato dopo aver corrotto gli hippy di guardia, viene convinto da quest’ultimo, con un discorso intenso sui rispettivi padri e sulla possibilità di sconfiggere alleandosi gli investitori, a desistere. Con un colpo di scena, Sean viene trucidato da Elliot. Segue rocambolesca fuga dall’Hotel di Carter e Alexander.

Elliot viene catturato sul tetto e trascinato su un cellulare della polizia dalle teste di cuoio.

La camera indugia e ci riporta al presente, alla sala delle torture, dove apprendiamo il contenuto della conversazione tra Elliott e gli investitori: Sean dovrà essere eliminato mentre Alex Dumani dovrà restare in gioco. Prima di essere riempito nuovamente di botte, l’agente carter chiede di poter telefonare al padre e viene informato, da un’infiltrata infermiera, di aver ottenuto l’immunità diplomatica della repubblica di Panama, con la quale riesce a sottrarsi dall’interrogatorio marziale.

Floriana giunge al cimitero dove, avvicinandosi a Marianne, non morta ma solo assopita, le comunica che potrà aiutarla.

Una serie sicuramente affascinante, ricca di pathos, con una buona sceneggiatura e dal ritmo avvincente. I principali protagonisti sono talentuosi attori teatrali inglesi, un po’ come avvenuto per Games of Thrones. I risvolti più critici potrebbero essere un eccessivo e compiaciuto indugiare sugli aspetti più splatter, un tono grottesco in certe circostanze inappropriato, nonché delle soluzioni narrative, a volte, un po’ troppo banali. Avanti con la stagione 2.

di Nicolò Canziani

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