Intervista con Mauro Nespoli, argento nella prova individuale di tiro con l’arco ai Giochi Olimpici di Tokyo2020: “E’ un traguardo importante che mi dà grande soddisfazione e mi riempie d’orgoglio”

“Sono stato per anni identificato come un atleta che non era in grado di reggere la tensione durante gli scontri individuali, questa medaglia è un traguardo importante che mi riempie d’orgoglio“. Precisione, concentrazione, talento: Mauro Nespoli ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020 ha conquistato un fantastico argento nella prova individuale di tiro con l’arco, sconfitto soltanto in finale dal turco Mete Gazoz per 6-4.

Il campione azzurro, alla sua quarta Olimpiade, è stato autore di un torneo eccellente, superando agli ottavi il brasiliano Marcus D’Almeida per 6-0, nei quarti il tedesco Florian Unruh per 6-4 e in semifinale il cinese di Taipei Tang Chih-Chin per 6-2.

Già argento a squadre a Pechino 2008 e oro a squadre a Londra 2012, in questa intervista che ci ha gentilmente concesso Mauro Nespoli ci ha parlato delle emozioni vissute a Tokyo ma anche dei prossimi impegni e della sua squadra del cuore, l’Inter.

224773422_4556671777676552_7432894907256685496_n

Mauro, ai Giochi di Tokyo 2020 hai conquistato uno splendido argento. Ci racconti le sensazioni che hai provato in quel momento?

“E’ stata una grandissima emozione, una soddisfazione per il percorso fatto sia durante le Olimpiadi, che non è stato per niente semplice, sia in preparazione. In qualche modo si è chiuso un viaggio iniziato 24 anni prima ed è stato raggiunto un traguardo in una delle tappe”.

Cosa rappresenta per te questa medaglia?

“Sono stato per anni identificato come un atleta che non era in grado di reggere la tensione durante gli scontri individuali, nonostante abbia vinto tanto ma nelle competizioni a squadre. In qualche modo questo risultato ha riconfermato quel trend iniziato a Rio2016 dove sono arrivato sesto e che ha segnato la svolta nella mia carriera. E’ un traguardo importante che mi dà grande soddisfazione e mi riempie d’orgoglio, è una rivincita nei confronti dei detrattori che non hanno saputo leggere i veri motivi delle difficoltà che ho avuto nelle gare”.

Quella di Tokyo è stata la tua quarta Olimpiade dopo Pechino2008, Londra2012 e Rio2016. Cosa ti ha lasciato ciascuna di queste partecipazioni a cinque cerchi?

“Pechino è stata sicuramente l’Olimpiade della grandiosità, della maestosità, al di là che era la mia prima partecipazione. La Cina fece un allestimento fuori dalla misura d’uomo, era tutto molto opulento, la stessa mensa era infinita, la sala muscolazione era composta da 7-8 locali differenti in base al tipo di allenamento. Era uno schiaffo positivo al mondo. Londra è stata la mia seconda Olimpiade e l’ho vissuta con una consapevolezza maggiore di quelle che erano le mie capacità e quelle della squadra ma anche dei trabocchetti che i Giochi riservano alle nuove leve. Rio è stata la responsabilità, il peso di arrivare da campioni olimpici in carica e da vice campioni del mondo. Personalmente sono andato per cercare di ottenere grandi risultati e sono invece tornato a bocca asciutta, seppure avendo ritrovato la gioia e la piacevolezza di praticare il tiro con l’arco per me stesso. Quelli di Tokyo2020 sono stati i Giochi più difficili, sia per la preparazione che per come sono stati vissuti, ma allo stesso tempo hanno rappresentato una ripartenza per tutto lo sport a livello mondiale e un punto di partenza per quello che ho intenzione ancora di fare”.

Cosa passa nella mente di un arciere dal momento in cui la freccia viene scagliata a quello in cui arriva sul paglione?

“E’ un pensiero molto veloce perché il tempo a disposizione è pochissimo. Di fatto sai già se hai tirato bene quella freccia oppure no. Se il tiro è giusto non aspetti altro di vederla impattare al centro del bersaglio, in caso contrario incroci le dita sperando di non aver fatto una cavolata troppo grande e che possa intervenire qualche colpo di fortuna”.

235220927_225604886239825_9184712572950348755_n

Come è nata la scintilla per il tiro con l’arco?

“Ho iniziato per caso, ero in vacanza all’Aprica con i miei genitori e dietro all’albergo in cui alloggiavamo veniva organizzato un campus di tiro con l’arco. Ho visto gli arcieri locali che si allenavano e che davano la possibilità di provare questa disciplina e alla fine, dopo parecchia insistenza soprattutto con mia madre, ho fatto un tentativo. Ho scoperto poi che a Voghera c’era una società di tiro con l’arco che era attiva da parecchi anni e che organizzava corsi per ragazzi. Così ho avuto modo di proseguire il mio percorso sportivo”.

Qual è l’insegnamento più importante che ti ha dato il tiro con l’arco?

“Sicuramente ho imparato che i risultati si ottengono con sacrificio, impegno e che il tuo futuro e il tuo destino sono plasmati dalle tue dita. Questo è uno sport individuale e l’arco è un oggetto inanimato, non ha una sua personalità. Se colpisci il centro sei stato bravo, se non lo colpisci non ci sono scuse, hai commesso un errore e non puoi dare la colpa a nessuno se non a te stesso, quindi devi rimboccarti le maniche, capire cosa non ha funzionato e rimetterti al lavoro. E’ uno sport che insegna anche a fare autocritica”.

Dopo Tokyo2020 quali sono i prossimi impegni?

“Tra una settimana partiamo per i Campionati del Mondo che si terranno a Yankton, negli Stati Uniti, che chiuderanno la stagione internazionale outdoor 2021, e la settimana successiva ci sarà la finale di Coppa del Mondo dove l’Italia è rappresentata da due atleti, io nel ricurvo maschile e Federico Pagnoni nel compound. Ci saranno poi i Campionati italiani di arco olimpico dall’8 al 10 ottobre e compound dall’1 al 3 ottobre a Bergamo. Quindi inizierà la preparazione per la stagione indoor. Io penso di bypassarla e tornare nel 2022 con le gare all’aperto ma ancora dobbiamo definire i dettagli insieme alla Federazione e al mio staff”.

Quante ore al giorno ti alleni?

“Il programma prevede 6-7 ore di tiro al giorno per 5-6 volte alle settimana, oltre ad un paio di ore di preparazione fisica tre volte alla settimana. Considera che un arco pesa 3 kg e la forza che va sviluppata per ogni lancio è di circa 25 kg. In gara si tirano 100 frecce al giorno e in allenamento dalle 400 alle 600, quindi solo in una competizione si trazionano alla fine della giornata due tonnellate e mezzo. Alla faccia di chi pensa che il tiro con l’arco sia uno sport mentale (sorride). Sicuramente non corriamo durante il gesto atletico ma l’impegno, anche fisico, è ugualmente notevole. Chi fa tiro con l’arco viene spesso preso in giro dai compagni, con poca sensibilità, dicendo che gli atleti che vengono scartati nelle altre discipline vanno poi a praticare questo sport. Capitava quando ero ragazzino e so che succede anche nelle scuole di oggi perché me lo raccontano i ragazzi. Io vorrei mettere alla prova chi pensa queste cose così capiranno che non è così semplice nemmeno aprire il mio arco, pensa poi riuscire a centrare il bersaglio con la freccia!”.

Concludo chiedendoti, da tifoso interista, cosa ti aspetti dalla nuova stagione dell’Inter che è campione in carica ma che ha cambiato l’allenatore e ha ceduto Lukaku?

“Sono convinto che non si vinca da soli in uno sport di squadra come il calcio. Nessuno è indispensabile, tutti sono importanti, credo che il gruppo possa fare bene e si possa comunque portare a casa il risultato e imparare da eventuali errori per raddrizzare subito il tiro, come facciamo noi arcieri. Ovviamente spero di non dover aspettare altri dieci anni per vincere un trofeo”.

di Francesca Monti

credit foto Facebook Mauro Nespoli

Si ringrazia il Ten. Col. Fabio Tomasulo – COMAEROP/C.S.S. A.M.

Rispondi