Tra i protagonisti dell’ottava stagione dell’amatissima serie “L’ispettore Coliandro”, in onda da mercoledì 22 settembre su Rai 2 (con le prime due puntate già disponibili su RaiPlay) c’è un’attrice di grande talento e fascino, Veronika Logan, che veste i panni dell’integerrima dottoressa Longhi, un sostituto procuratore che non si lascia intimidire né influenzare da nessuno e che diffida dei metodi investigativi di Coliandro (Giampaolo Morelli).
In questa piacevole chiacchierata Veronika Logan ci ha parlato del suo personaggio, ma anche del suo esordio nel 1984 nella serie “I ragazzi della valle misteriosa”, di come vede il futuro del cinema dopo la pandemia e del sogno di recitare in un film western.
Veronika, nella serie “L’Ispettore Coliandro” interpreti il sostituto procuratore Longhi. Puoi anticiparci qualcosa di quello che accadrà in questa ottava stagione?
“A parte la puntata “Smartphone” nella sesta stagione dove forse è successo qualcosa tra Coliandro e la Longhi, lei è una donna granitica. La serie ha un impianto piuttosto definito che funziona bene e ogni episodio mantiene le caratteristiche con una protagonista con cui l’ispettore riesce ad avere delle situazioni sentimentali che lo aiutano nella risoluzione dei casi, ma è come fosse un fumetto e la Longhi resta sempre uguale, non si ammorbidisce mai e per Coliandro è una fonte di frustrazione enorme. Dopo otto stagioni di rapporti c’è sicuramente un affetto ma tra loro non c’è stima. Forse invece c’è un filo di rassegnazione. In attesa della partenza della serie su Rai 2 è visibile la prima puntata su RaiPlay con Chiara Martegiani protagonista. Io mi sono incrociata sul set con Sabrina Impacciatore e sono curiosa di vedere il suo meraviglioso personaggio. E poi c’è Bologna che fa da sfondo alle storie ed è sempre meravigliosa”.
A proposito di set avete girato durante la pandemia, quali sono state le difficoltà maggiori?
“Il cinema ha avuto un protocollo molto rigido, con tamponi prima e durante il set, distanziamento, prove con le mascherine che per un attore sono complicate perché nascondi gran parte del tuo viso e quando viene dato il ciak e le togli il regista deve sperare che l’interpretazione sia quella giusta. I Manetti Bros. si sono affidati molto a noi. Il lavoro dell’attore è inclusione, toccarsi, utilizzare tutti i sensi, quindi è stato strano girare in quel modo ma c’era talmente tanta voglia di ricominciare che alla fine non ha pesato. Ci siamo adattati ed era la cosa giusta da fare per non correre dei rischi inutili”.
Ci sono dei tratti in comune tra te e la Longhi?
“Quasi nulla, a parte la pettinatura, lo smalto e il rossetto rossi che amo anche io. La Longhi è una persona estremamente competente e volitiva, caparbia, io invece sono del segno dei Gemelli, quindi tendo a perdermi, lei è sicura di se stessa, io alterno periodi di sicurezza e insicurezza in cui metto in discussione le mie capacità. Inoltre la Longhi quando viene smentita non chiede scusa, io invece riconosco i miei sbagli. Infine lei è una superdonna e vive sui tacchi alti, io li detesto”.
Facendo un piccolo passo indietro fino al 1984 al tuo esordio nella serie “I ragazzi della valle misteriosa”, che ricordo conservi di quel periodo?
“E’ stato il mio primo set ed ero molto giovane. Mio papà che è anglosassone mi disse: se vuoi il motorino devi guadagnarti i soldi. Quindi facevo delle pubblicità a Milano al di fuori degli orari scolastici e quel giorno per caso capitai ai casting che stava facendo il produttore Minervini di AMA Film per trovare la protagonista di questa pellicola diretta da Marcello Aliprandi. Mia mamma mi ha accompagnata perché avevo dodici anni, ho fatto il provino con il mio candore, non avendo mai recitato se non qualche battuta nelle pubblicità, e sono stata scelta. Nel cast c’erano anche Kim Rossi Stuart, alla prima esperienza ma nato per fare questo mestiere, e Alessandro Haber che era già un attore affermato. Ricordo lo stupore di una mattina sul set, la competenza dei vari reparti, il dirigere il lavoro per creare qualcosa che vedi ultimato in video, il freddo perché abbiamo girato in Valle d’Aosta e avevo un vestitino, un corsetto, la gonna di panno, e la muta per la scena nel lago. In quel momento ho capito che per fare l’attore ci vuole la salute, come diceva Eduardo De Filippo. Ho imparato la disciplina e ho preso subito questo mestiere seriamente. Un plauso va alla doppiatrice perché non ero capace di fare il doppiaggio e avevo l’accento milanese pronunciato. Per una forma di pudore raramente guardo i lavori che interpreto, a parte L’Ispettore Coliandro perché mi fa ridere”.
Tra i personaggi che hai interpretato uno che ancora oggi è molto amato dal pubblico è Chiara Bonelli della soap “Vivere”…
“E’ stato un progetto molto bello condiviso con colleghi verso i quali c’è sempre un grande affetto. In particolare sento spesso Daniela Scarlatti. E’ vero, Chiara Bonelli è un personaggio che è rimasto nel cuore del pubblico. Ha dei tratti empatici simili ai miei ed era facile darle vita perché potevo riconoscermi in lei. Però sono stata più fortunata in amore rispetto a Chiara, che era sempre in sofferenza, e le è voluto molto bene. Anche questo set mi ha insegnato la disciplina, perché in una soap arrivi a girare fino a 12 scene in un giorno, quindi ci vuole memoria e professionalità per riuscire a portare a casa il risultato in pochi minuti”.
Hai lavorato in film e serie di successo diretta da grandi registi. C’è un lavoro in particolare a cui sei più legata?
“L’Ispettore Coliandro è veramente una serie che amo e sono affezionata alla Longhi. Quando è andata in onda per la prima volta era un’anomalia per la Rai in quanto i Manetti Bros. girano in maniera punk e se non hanno voglia di fare un primo piano non lo fanno. Ora siamo più abituati con Netflix a vedere serie realizzate in modo particolare, ma all’epoca era un prodotto alternativo che permette di essere sopra le righe con personaggi poco sfaccettati e questo è un regalo incredibile. Nelle scene d’azione non c’era il classico campo-controcampo totale, quindi poteva essere faticoso seguire quello che accadeva, invece il pubblico ha subito apprezzato “L’Ispettore Coliandro”, tanto che quando è stata sospesa la messa in onda c’è stata una rivolta dei fan. E poi mi diverto a girare con Giampaolo Morelli, Paolo Sassanelli, Caterina Silva, Benedetta Cimatti, Giuseppe Soleri. Un altro lavoro che ho amato molto è stato il film “Modalità aerea” di Fausto Brizzi in cui ho lavorato con Lillo che è una forza della natura e stare seri con lui è difficile. Credo di aver buttato via sei-sette ciak perché gli scoppiavo a ridere in faccia. Poi ho avuto un’esperienza incredibile quando ho girato “Le avventure del giovane Indiana Jones” perché mi sono trovata catapultata su un set internazionale dove c’era una professionalità incredibile”.
Fai parte dell’associazione U.N.I.T.A., quali pensi possa essere il futuro del cinema dopo la pandemia?
“Io ho un lavoro meraviglioso, ora hanno riaperto molti casting ed è una buona notizia ma dispiace che ci siano protocolli, forse troppo rigidi per teatro e cinema considerando il green pass, con una capienza al 50% quando ci sono altri ambienti in cui entri senza mascherina. La gente ormai è abituata a vedere su Netflix le serie e i film ma la magia della sala è un’altra cosa. Spero che possa ammorbidirsi la situazione, chiaramente è necessario che chi ancora non l’ha fatto si vaccini. Il nostro settore ha sofferto tantissimo e i parametri vigenti inizialmente erano completamente inadeguati per i lavoratori dello spettacolo. In Italia saranno cento gli attori che possono permettersi di stare fermi 2-3 anni, gli altri, magari poco conosciuti al grande pubblico, campano di questo lavoro. Bisogna tenere presente che una serie ad esempio non è fatta solo dai protagonisti ma anche da personaggi secondari. Grazie all’associazione U.N.I.T.A. di cui faccio parte e che si è dovuta costituire perché non si aveva idea di cosa significasse il lavoro dell’attore, sono stati regolamentati i parametri ed è stata portata l’attenzione sulle problematiche di quello che è un lavoro intermittente”.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
“Avevo uno spettacolo teatrale in programma con Enrico Maria Lamanna e poi è arrivata la pandemia. Essendo una produzione che ha bisogno di ingressi ed essendo al momento la capienza in sala al 50% dobbiamo aspettare che cambino le condizioni per fare le prove e poterlo rimettere in scena con una tournée in giro per l’Italia. Ora mia figlia ha 16 anni e posso lasciarla da sola anche per diversi giorni”.
Nel 2013 hai preso parte a “Ballando con le stelle” in coppia con il maestro Maykel Fonts. Dopo quell’esperienza hai continuato a ballare oppure no?
“Ero negata e continuo ad esserlo, ho fatto un miracolo ed è stata una delle esperienze più belle della mia vita. Ringrazio Milly Carlucci per l’opportunità. Ho rinunciato a svariati reality perché non amo esporre le mie cose personali e ho sempre avuto molto pudore. Ballando con le stelle mi ha convinto subito perché è un talent che non va a indagare il tuo privato, c’è la gara, ci siete tu e il tuo maestro e devi portare sul palco, in diretta, 2-3 discipline di ballo che non hai mai fatto. Mi allenavo otto ore al giorno con Maykel e quando lui era impegnato con le competizioni provavo con altri ballerini. E’ stata una fatica fisica e mentale improba che però mi ha fatto alzare la serotonina del buonumore in maniera incredibile e mi ha insegnato abbastanza bene il charleston e la salsa. Terminato il programma ho continuato per qualche mese a ballare, ho preso delle lezioni da Elena Coniglio e poi piano piano mi sono dedicata ad altro, come il pilates e lo yoga. Ballare è servito per cominciare a muovere il mio corpo, perché prima non avevo mai fatto nemmeno un’ora di ginnastica. Il mio sport era occuparmi della casa, di mia figlia e portare a passeggio il cane”.
Qualche giorno fa hai invece presentato il G20 Interfaith Forum a Bologna, in cui le istituzioni e le autorità religiose del mondo hanno dialogato e si sono confrontate su temi importanti…
“E’ stata un’esperienza incredibile, un onore. La fondazione che ha organizzato il Forum, che ha visto la presenza di molte delegazioni e autorità religiose, mi ha chiesto di leggere i contenuti in inglese e guidare le sessioni plenarie. Avevano bisogno di una voce e di una persona abituata a parlare in pubblico. Mi sono fermata ad ascoltare gli interventi di tutti, compreso quello del Premier Draghi. Queste occasioni, in cui c’è un dialogo tra tutte le autorità religiose mondiali e sono presenti magistrati, politici, coloro che fanno le leggi, si spera possano portare a risultati concreti e si possano aiutare i paesi più poveri, chi fatica e faticherà, anche alla luce di quanto accaduto con la pandemia. Ho affrontato questo compito per me inedito come una prima teatrale, preparandomi e leggendo più volte i testi. Sono anche sorpresa di me stessa per la calma che ho mantenuto”.
Un sogno nel cassetto…
“Vorrei recitare in un film western. Per il resto sono molto grata di riuscire a vivere facendo il lavoro che amo. Non ho rimpianti ma tanti sogni”.
di Francesca Monti
credit foto Instagram Veronika Logan
Grazie a Fabio Iellini