“All’inizio non si capisce bene quello che è accaduto, l’ho realizzato con calma a fine agosto quando ho trascorso una settimana al mare con mio figlio”. Mara Navarria ai Giochi Olimpici di Tokyo ha conquistato uno storico bronzo nella spada femminile a squadre, insieme a Rossella Fiamingo, Federica Isola e Alberta Santuccio, battendo in finale per 23-21 la Cina, al termine di un match combattuto, riportando il tricolore sul podio della specialità dopo 25 anni.
La spadista friulana, che fa parte del Gruppo Sportivo Esercito, in questa intervista che ci ha gentilmente concesso, ci ha parlato delle emozioni vissute a Tokyo, ma anche di come si è avvicinata alla scherma e di come riesce a coniugare sport e maternità.
credit foto Coni
Mara, ai Giochi di Tokyo 2020 ha vinto il bronzo nella spada a squadre. Ci racconta le emozioni vissute in quel momento?
“All’inizio non si capisce bene quello che è accaduto, l’ho realizzato con calma a fine agosto quando ho trascorso una settimana al mare con mio figlio. L’emozione è stata fortissima, anche al momento della premiazione”. Questa medaglia rappresenta la consapevolezza di dove sono arrivata e i sacrifici che ci sono dietro, ma anche la condivisione, avendola vinta con la squadra”.
Quanto è stata complessa la preparazione olimpica?
“Tanto. E’ coincisa anche con la prima elementare di mio figlio Samuele. Con il lockdown e la didattica a distanza ho dovuto insegnargli a stare seduto per seguire le lezioni online ed essere presente in tutte le sue attività. Ora che ha una diversa consapevolezza di come si utilizza il computer è tutto più semplice. E’ stata tosta, ho fatto una sola gara di Coppa del Mondo prima delle Olimpiadi ed è mancato il confronto con le avversarie. Anche gli allenamenti sono stati super malleabili. Ho vissuto sentimenti contrastanti, fino alla fine ho pensato che la salute delle persone fosse la cosa più importante per cui avrei accettato l’eventuale non svolgimento dei Giochi, però al contempo continuavo a sentirmi bene e non ho mai distolto l’attenzione dall’obiettivo olimpico”.

Cosa l’ha maggiormente colpita di questa storica e particolare edizione dei Giochi?
“La solitudine degli atleti. A differenza della mia precedente esperienza a cinque cerchi, a Londra2012, non c’è stato un momento di condivisione, che è uno dei valori legati a questo sport in cui credo. Eravamo distanziati dalle norme in vigore ma anche per il timore di contagi, per cui siamo stati parecchio con noi stessi e abbiamo vissuto poco la gioia di partecipare a un’Olimpiade”.
Tra i successi della sua carriera c’è anche l’oro individuale ai Mondiali di Wuxi nel 2018. Che ricordo conserva di quella vittoria?
“E’ una vittoria diversa, le mie avversarie non hanno superato i 9 punti, mi sono imposta con un buon ritmo e una bellissima tecnica. Forse non è stata una gara perfetta, tecnicamente avrei potuto fare ancora meglio, ma mi sono divertita tantissimo condividendo i match in fondo alla pedana con il mio maestro Roberto Cirillo, che invece a Tokyo non era presente”.
Com’è nata la sua passione per la scherma?
“A 10 anni d’estate praticavo la canoa ma in Friuli già a settembre c’è un clima fresco, quindi non faceva per me uscire in barca in inverno per allenarmi. Mio fratello più piccolo, Enrico, aveva iniziato l’anno precedente a tirare di scherma e i miei genitori hanno pensato di iscrivere anche me e mia sorella più grande. Siamo quattro figli e tutti abbiamo fatto questo sport, che mi sento di consigliare perché dentro al rispetto dell’avversario e delle norme che fanno parte dell’attività agonistica, ci sono delle regole non scritte e non dette che possono migliorare la persona. Le sale d’armi sono ambienti belli e semplici, io ho portato mio figlio e lo suggerisco a tutti i genitori”.
Quando non è impegnata con gli allenamenti quali sono i suoi hobbies?
“Innanzitutto cerco di stare con Samuele, giocare con lui, inventarmi storie nuove per la buonanotte. Sono appassionata di fotografia, mi piace cucinare e quando vado in giro per il mondo adoro scoprire nuove culture. Grazie alla scherma ho avuto la possibilità di viaggiare e di conoscere molti Paesi e aspetti dei posti in cui sono stata. Tra questi porto nel cuore Montreal, in Canada, una città molto attiva e inclusiva, ma anche Cuba che ha un fascino diverso da quello delle isole Los Roques, a mezz’ora di aereo da Caracas, e il Messico. Tornerei volentieri a San Pietroburgo, in Sudafrica e a Sydney. Anche la Cina ha qualcosa di particolare pur non essendo tutto semplice, perché non si parla inglese. Ogni Paese ha qualcosa di meraviglioso da scoprire”.
Quanto è complicato riuscire a coniugare sport e maternità?
“Equiparo lo sport al lavoro di insegnante, giornalista, farmacista, è difficile coniugare le due cose, ci vuole una buona dose di coraggio e organizzazione. Le mamme oggi sono fortunate perché c’è una rete intorno a loro, composta dai papà, dalle nonne, dal nido, dalle tate e ci sono tante possibilità di sostegno che permettono di realizzarsi anche nel lavoro. Una mamma realizzata è felice e rende ancora di più a casa e in famiglia”.
Quali sono i prossimi obiettivi?
“Allargare la famiglia, infatti Samuele chiede un fratellino o una sorellina, e poi portare a termine il master in Marketing e management dello sport all’Università di Tor Vergata presso la facoltà di Economia”.
di Francesca Monti
© foto copertina by Augusto Bizzi / FIE
Si ringraziano Giulia Zanichelli e Giorgia Balzola di Mate Agency