Carisma, talento, determinazione e una bellezza acqua e sapone che esprime al meglio l’importanza di essere se stesse: Elisa Di Eusanio è tra i protagonisti nei panni di Teresa Maraldi della seconda stagione di “DOC – Nelle tue mani”, serie campione di ascolti, prodotta da Lux Vide in collaborazione con Rai Fiction, in onda il giovedì sera su Rai 1.
Dolce e caparbia, ma soprattutto una collaboratrice preziosa per il Dottor Fanti (Luca Argentero), è un personaggio molto amato dal pubblico e ha un ruolo cardine all’interno del reparto ospedaliero, proprio come una mamma in una grande famiglia.
In questa piacevole chiacchierata Elisa Di Eusanio ci ha parlato di Teresa, ma anche dei prossimi progetti, di musica e dei ricordi legati ai lavori con Carlo Verdone e Glauco Mauri.
credit foto Erika Kuenka
Elisa, nella serie “DOC – Nelle tue mani” dà il volto a Teresa Maraldi. Come si è preparata per interpretarla?
“Nella prima stagione era un personaggio di servizio e non aveva una reale scrittura, quindi è stata per me una grande soddisfazione scoprire l’interesse nei miei confronti da parte degli autori e della produzione che hanno visto un potenziale in Teresa e probabilmente hanno anche un po’ gradito la restituzione che le stavo dando. Per me è stata un’esperienza nuova in quanto non mi sono prefigurata prima il personaggio come solitamente faccio ma ci sono entrata piano piano e in base al materiale che mi veniva consegnato l’ho fatto nascere spontaneamente dentro di me. Infatti ha una certa fluidità interpretativa e mi ha aperto le porte a un altro tipo di caratteri, non più solo estremamente comici come quelli che ho spesso interpretato e colorato. Teresa è una donna a tutto tondo e per questo ha anche tante mie caratteristiche”.
Quali sono i tratti che vi accomunano?
“Le ho dato il mio essere efficiente e protettiva verso gli altri e il senso di responsabilità. Teresa è un personaggio terrigno, è materna, accogliente e io sono proprio così”.
Interpretando questo personaggio ha scoperto dei lati di sé che non conosceva?
“Teresa mi ha regalato la meraviglia di scoprirmi una donna matura, grande. Rivedendola e ascoltandola mi sono resa conto che sono cresciuta e adesso finalmente potrò affrontare dei ruoli diversi. Le sarò sempre grata per questo”.
Ha sentito una maggiore responsabilità nel rivestire questo ruolo alla luce dell’importanza avuta dagli operatori sanitari durante la pandemia?
“Ho sentito la responsabilità per il tema che stavamo trattando ma anche soprattutto legata all’affetto gigantesco da parte del pubblico, a questo calore che ci ha travolto, per cui è chiaro che siamo tutti estremamente coinvolti. E’ come se trattassimo un cristallo”.
credit foto Erika Kuenka
In questa seconda stagione Teresa, che è un punto di riferimento per il dottor Andrea Fanti e per tutto il reparto, vive una storia d’amore con Enrico (Giovanni Scifoni)…
“La responsabilità di Teresa nei confronti del reparto è messa ancora più a fuoco nella seconda stagione ma soprattutto il regalo che hanno fatto a me e alle donne è di averle dato un’intimità, un amore che tra l’altro sta creando uno scompiglio incredibile nel pubblico. Infatti c’è una fetta di spettatori che ama tanto questa coppia ma anche alcune donne che storcono il naso perché non ritengono Teresa all’altezza dello psichiatra Enrico. Questo è molto interessante. Non la considerano sufficientemente piacente per lui e degna della sua posizione sociale. E’ un tema che va denunciato e affrontato, perché questo personaggio, come altre figure che stiamo incominciando a vedere in tv, lotta contro gli stereotipi, contro un certo tipo di femminilità che fino ad oggi ha caratterizzato le fiction, cioè donne in carriera, magre, belle, con una certa fisicità. Invece dobbiamo raccontare la vita vera dove esistono ragazze normali che anche se portano la taglia 46 possono far innamorare un bell’uomo. Questo è rivoluzionario, significa che stanno cambiando dei parametri e sono orgogliosa di far parte di questo cambiamento. Secondo me in Italia la lotta allo stereotipo femminile nel cinema e nella televisione va proprio perseguita, in quanto dall’estero arrivano esempi di altro genere e vanno cavalcati e ascoltati. Ricevo molte lettere e messaggi privati di donne che fino ad ora erano state tagliate fuori, che si sentono protette da Teresa, si identificano con questo personaggio. Ed è bellissimo”.
Giovedì 10 febbraio è andato in onda su Rai 1 l’ottavo episodio della serie, dal titolo “Cane Blu”, incentrato sulla pandemia, che ha molto colpito e commosso il pubblico. Quanto è stato emotivamente difficile interpretare quelle scene?
“Quell’episodio ha travolto tutti noi, sono state giornate particolari, in cui abbiamo indagato la zona covid con tutta l’attrezzatura ed empatizzato profondamente con la condizione degli operatori sanitari. Ricordo che durante le riprese quando abbiamo girato la scena in cui portano via in barella Lorenzo (Gianmarco Saurino) ho sentito la necessità di rinchiudermi in uno stanzino e farmi un bel pianto. Eravamo carichi di emozione e ci siamo resi conto di quanto stavamo vivendo quel momento con autenticità. Non era solo fiction o lavoro, eravamo connessi con tutto quello che stava succedendo e lo sentivamo tra di noi. E’ stata una sensazione fortissima”.
Dalla serie emerge l’importanza di fare squadra, nella vita e nel lavoro, per superare le difficoltà ed è un messaggio prezioso, ancor di più dopo quanto accaduto negli ultimi due anni…
“Secondo me oggi la connessione con gli altri è fondamentale, ma deve essere autentica, deve passare attraverso una reale comunicazione e collaborazione. Finora la tendenza preoccupante che vedo dall’esterno è quella di una società che ci vuole come delle monache isolate, delle cellule solitarie, che meno comunicano e si uniscono e meglio è, perché in qualche modo l’essere umano raggruppato e pensante fa molta paura. Questo è pericolosissimo per le nuove generazioni e in generale per il decadimento della società. Io mi occupo tanto di tematiche sociali che mi stanno a cuore e faccio rete cercando di usare i social in maniera costruttiva. Quando arrivano i risultati, con ragazzi giovani che mi chiedono consigli e mi invitano alle assemblee di istituto, è una cosa meravigliosa. Oggi più che mai dobbiamo recuperare il valore della connessione”.
In un post su Instagram ha scritto una frase molto bella: “Essere troppo sicuri di sé può indurci a farci indossare maschere, rimanere consapevoli delle proprie fragilità ci costringe invece a impegnarci per restarci fedeli”. In una società come quella odierna, votata alla perfezione estetica e dove spesso si tende a indossare delle maschere per nascondere i propri difetti, è purtroppo sempre più difficile mostrare se stessi…
“Ci stanno educando ad avere paura delle nostre fragilità, delle nostre storture, delle nostre imperfezioni, le dobbiamo negare, dobbiamo rincorrere degli ideali di perfezione che sono irraggiungibili. E’ come se recitassimo nella vita qualcosa di diverso da quello che siamo. Invece credo che bisogna sentire le proprie fragilità, tenersele strette e capire che anche quelle formano la nostra unicità. Nel momento in cui si accoglie questo pensiero non si ha più paura di mostrare se stessi. Nessuno può dire a un altro cosa è perfetto e cosa no, cosa è bello o brutto. Bisogna accogliere se stessi e amarci come siamo. Possiamo però farlo unicamente se guardiamo in faccia il nostro dolore, le cose che ci fanno del male. Se le rinneghiamo e facciamo finta che non esistano ci mostriamo altro da noi”.
Elisa Di Eusanio in “Fedeltà” – credit foto Netflix
E’ anche nel cast della serie “Fedeltà”, disponibile su Netflix, nel ruolo di Eva. Che esperienza è stata?
“E’ stata un’esperienza molto interessante, è un altro regalo che secondo me indirettamente mi ha fatto Teresa. Eva è una donna in carriera, matura, bella, elegante, milanese, mi sono divertita tanto a interpretare un personaggio di una femminilità dirompente. Ho utilizzato degli outfit che solitamente non uso perché a me piace indossare scarpette da ginnastica e tuta, in “Fedeltà” invece ero chic, con i cappotti, i tacchi alti. Ho inventato una gestualità precisa lavorando sul personaggio e nel momento in cui crei qualcosa di diverso da te è sempre un’emozione rivederlo”.
Ha lavorato con Carlo Verdone nel film “Benedetta Follia” e a teatro nello spettacolo “Finale di partita” con Glauco Mauri. Cosa porta nel cuore di questi due lavori?
“La gioia e la meraviglia di aver lavorato con Carlo Verdone. Io lo amo da sempre, è un pilastro del cinema italiano, è un grandissimo professionista e un essere umano molto attento al proprio lavoro. Mi sono divertita da morire, abbiamo improvvisato tanto, mi ha lasciato un grande spazio. Sono quelle gemme che metti nel curriculum e che nessuno potrà toglierti. Glauco Mauri in “Finale di partita” era in uno stato di grazia. Ogni sera ero in scena, nuda, e ascoltavo questo gigante che recitava. Era un’emozione continua. Nonostante andassimo in tournée e replicassimo lo spettacolo, ogni volta era una magia sentire quella voce. Glauco Mauri è uno dei grandi che hanno segnato il nostro teatro ed è difficile ritrovare figure di questo calibro”.
Che ricordo conserva invece del suo esordio al cinema nel ruolo di Sara nel film “Come tu mi vuoi” di Volfango De Biasi?
“Sara è un’altra creatura per la quale provo un affetto infinito perché è stata la mia prima esperienza al cinema, mi ha dato tanta visibilità ma soprattutto ha consolidato una grande amicizia con il regista Volfango De Biasi. Infatti sono presente in quasi tutti i suoi film e ci vogliamo molto bene. “Come tu mi vuoi” è stato un battesimo importante”.
credit foto Erika Kuenka
In quali progetti sarà prossimamente impegnata?
“Torno in scena a teatro con due miei progetti che porto nel cuore e dei quali sono anche produttrice: “Neve di carta”, liberamente ispirato al lavoro letterario di Anna Carla Valeriano che racconta la storia delle donne ingiustamente recluse nei manicomi tra l’Ottocento e il Novecento, e “1223 ultima fermata mattatoio” che invece apre uno sguardo sull’allevamento intensivo degli animali e sull’industria zootecnica dei grandi numeri che per me è un tema fondamentale da trattare e discutere. Sono molto felice di portarlo a teatro”.
Nel corso della sua carriera ha interpretato tanti personaggi diversi, dall’amica del cuore alla nutrice alla caposala. C’è un ruolo in particolare che le piacerebbe fare in futuro?
“Ce ne sono tantissimi. Spero di poter andare sempre più a fondo dell’universo femminile e di poter raccontare storie con ruoli complessi e approfonditi perché credo di essere pronta per affrontare questa sfida. Bisogna combattere quel pregiudizio italiano per cui un’attrice che magari viene dalla commedia non possa sostenere anche la tragedia. Io in quella zona mi muovo molto bene. A teatro ho avuto modo di esplorare il dramma e spero di poterlo fare anche al cinema”.
Le piacerebbe invece interpretare un musical?
“Il musical non mi attira molto, però mi piacerebbe tornare a cantare. Da ragazza avevo una band e ci divertivamo a fare concerti. Devo dire che nella dimensione live, io che sono una grande peperina e un’amante del palco, mi sento a mio agio e mi diverto molto”.
Che genere di musica ascolta?
“Sono onnivora, posso passare da Lucio Dalla al jazz, dagli AC/DC alla techno. La costruzione dei personaggi, soprattutto per il teatro, avviene anche attraverso la musica e passo giornate intere con le cuffiette ad ascoltare canzoni, spaziando da un genere all’altro senza soluzione di continuità”.
Quale canzone assocerebbe alla sua Teresa?
“Non ci ho mai pensato… E’ una donna semplice, che non ha grandi sovrastrutture, quindi immagino Teresa che ascolta e balla “Amore e Capoeira” di Takagi & Ketra, Giusy Ferreri e Sean Kingston”.
di Francesca Monti
Grazie a Sara Morandi e a Viviana Forziati di Karasciò Consulenze Artistiche