Intervista con Lina Sastri, in scena al Teatro Menotti di Milano con “Maria Maddalena”: “Incarna la mancanza e la solitudine che si traducono in un’amarezza e in una grande infelicità”

“Quando ho letto il libro mi aveva colpito questa sua totale assenza di fede religiosa e questa passione fortissima che la lega a Gesù e dalla quale dipende l’insanabile e feroce ferita del non essere corrisposta dal punto di vista terreno, nonché la sua solitudine”. Lina Sastri, straordinaria, intensa e versatile attrice, sarà in scena al Teatro Menotti di Milano dal 28 febbraio al 5 marzo con “Maria Maddalena”, spettacolo di cui firma la regia ed è protagonista, tratto da “Fuochi” di Marguerite Yourcenar.

Il racconto è appassionato e spietato, è un canto poetico in cui prende forma la storia di una mancanza che segna la vita di Maria Maddalena e la condanna a un destino di solitudine e infelicità, perché caratterizzata da un’eterna ferita. E’ una donna che passa dall’amore innocente per Giovanni a quello appassionato per Gesù fino alla dedizione più assoluta. Un percorso inquietante e profondo nell’anima femminile.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Lina Sastri e in questa piacevole chiacchierata ci ha parlato di “Maria Maddalena”, ma anche degli insegnamenti che le ha trasmesso Eduardo De Filippo, del suo rapporto con il tempo e del debutto alla regia cinematografica con “La casa di Ninetta”.

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credit foto Massimiliano Marolda

Lina, è in scena dal 28 febbraio al 5 marzo al Teatro Menotti di Milano con “Maria Maddalena”, di cui cura la regia ed è interprete, tratto da “Fuochi” di Marguerite Yourcenar. Quando è venuta a contatto con questo libro? 

“Tanti anni fa lessi “Fuochi”, il libro di Marguerite Yourcenar, in cui sono presenti vari racconti che hanno come protagonisti personaggi femminili della letteratura, della tragedia greca, anche qualcuno realmente esistito, che hanno in comune questa ferita d’amore, sanata o non sanata, giusta o sbagliata. Allora mi colpì molto quello di Maria Maddalena e una decina di anni fa feci un piccolo spettacolo. L’ho poi riproposto nel 2021 al Napoli Teatro Festival Italia per una sera soltanto, in una versione diversa perché col tempo si cambia, e adesso arriviamo a Milano, al Teatro Menotti”.

A Milano ha portato vari spettacoli, da “Linapolina” a “Filumena Marturano”. Com’è tornare in scena nella città meneghina?

“Manco da diverso tempo, Milano è una città bellissima e molto attenta, energica, vibrante dal punto di vista teatrale e mi fa anche un po’ paura questo debutto al Menotti, dove non sono mai stata in scena, ma al contempo sono molto contenta”.

Cosa l’ha affascinata maggiormente di Maria Maddalena?

“Fin da subito mi aveva colpito questa sua totale assenza di fede religiosa e questa passione fortissima che la lega a Gesù e dalla quale dipende l’insanabile e feroce ferita del non essere corrisposta dal punto di vista terreno, almeno nel racconto della Yourcenar, nonché la sua solitudine, la sua vedovanza. E’ una persona che ha cambiato la sua vita, che ha dato tutto quello che poteva in amore e che quando ha capito di non essere necessaria all’altro si è sentita sola, vuota”.

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credit foto Massimiliano Marolda

Maria Maddalena incarna la metafora della donna che viene respinta dalla persona amata, che sente dentro di sé la solitudine. Lei aveva già avuto modo di interpretare questo personaggio nel film “L’inchiesta”, ruolo per cui ha vinto un David di Donatello come miglior attrice non protagonista…

“Maria Maddalena dal punto di vista popolare è sempre stata la metafora della donna di facili costumi. Io l’avevo interpretata anche al cinema ne L’inchiesta di Damiano Damiani, dov’ero Maddalena dopo la morte di Cristo, che però in qualche modo aveva visto Dio e continuava a portare dentro di sé quella luce. Il personaggio che invece impersono a teatro sente la mancanza, la solitudine e queste si traducono in un’amarezza, in una ferocia e in una grande infelicità”.

Sul palco è accompagnata da due musicisti, Filippo d’Allio alla chitarra e agli arrangiamenti, e Gianluca Mirra alle percussioni…

“Avrei potuto fare un reading anche per Maria Maddalena, invece ho voluto portare in scena la parola che è protagonista del monologo ma anche l’atmosfera teatrale con due musicisti che mi affiancano e che evocano delle sensazioni che ho inserito nello spettacolo dal punto di vista musicale. Non si canta, c’è solo un breve accenno a un canto israeliano all’inizio”.

Il tema della mancanza è al centro, seppur in modo diverso, anche del suo spettacolo “La mancanza”…

“Era uno scritto personale rivolto al mio adorato fratello Carmine, che è mancato nel 2021 e l’ho portato in scena solo quella sera al Napoli Teatro Festival Italia e mai più lo farò, perché emotivamente è molto forte. In quel caso c’era la musica di Mozart perchè lui amava questo compositore. L’improvvisa scomparsa di mio fratello, che era già malato ma se ne è andato a causa del covid, mi ha lasciato annichilita”.

Che rapporto ha con la fede?

“Io sono credente. La fede penso sia un dono, non puoi trovarla o spiegarla. Col tempo è sempre più difficile mantenere questo rapporto molto forte con l’invisibile e ogni tanto mi pongo delle domande. Non vivo per quello che si vede ma per ciò che non si vede, che si sente. Al di là del corpo terreno che abbiamo e dell’attraversamento di questa terra, c’è qualcosa di più importante che è l’anima e l’artista fa i conti sempre con essa, perchè non può non dirsi e non raccontare la verità. Ha la possibilità di farlo stando su un palcoscenico”.

Ha portato in scena anche “Eduardo mio”, spettacolo da lei scritto e diretto. Qual è l’insegnamento più prezioso che le ha trasmesso Eduardo De Filippo?

“Sono tanti gli insegnamenti. Nello spettacolo parlo del mio rapporto con Eduardo, di quello che io pur essendo giovanissima ho avuto la fortuna di vivere accanto al Maestro. Mi ha insegnato la regola, il sacrificio, lo studio, il rispetto di se stessi e del pubblico. Prima di entrare in scena sei solo in camerino o in quinta, vivi una grande solitudine, come diceva Eduardo “il teatro è gelo” e rifletti con te stesso. Quello che deve passare è l’emozione di un pensiero attraverso la parola, una vicenda, un racconto, un personaggio”.

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A dicembre è uscito il suo libro “Il tempo non esiste. Lina Sastri ritratta da Carlo Bellincampi” (Guida Editori), che rapporto ha con il tempo?

“E’ un libro fotografico, sono trent’anni di vita artistica fotografati da Carlo Bellincampi che è un bravissimo fotografo e un amico. Ho voluto dividerlo in dodici stanze del tempo, perché cambiano i periodi, le facce, il corpo e tutto diventa più pesante e fragile. Ho scritto un pensiero per ognuna di esse. Per quanto il tempo esista e io veda le differenze riflesse nello specchio, non esiste dentro di me, altrimenti non mi sveglierei ogni mattina con la domanda “ce la farò oggi” e la paura e la gioia di cosa voglia fare di nuovo”.

A proposito di tempo, la pandemia ci ha portato a riflettere sul modo in cui lo gestiamo…

“La pandemia ci ha regalato il tempo che di solito non abbiamo, perché si corre sempre. Invece fermandoci abbiamo avuto la possibilità di capire chi c’era e chi non c’era nella nostra vita. La ripresa ci ha di nuovo riabituati alla corsa, alla stanchezza, alle cose non importanti, ma se sei un artista devi fare i conti con qualcosa che dentro di te è cambiato”.

Recentemente l’abbiamo vista in tv nella serie “Vincenzo Malinconico – Avvocato d’insuccesso” dove ha interpretato Assunta, una donna indipendente, forte, divertente, ma anche fragile. Un personaggio diverso dal solito…

“E’ una donna burbera ma anche simpatica, era la prima volta che mi misuravo con la commedia che non ho molto frequentato nella mia carriera e che non è facile fare. E’ stato interessante lavorare con Massimiliano Gallo, con una bella regia, una produzione allegra, in una fiction che ha avuto molto successo, che è arrivata alla gente, che è stata un po’ anche una scommessa per Rai 1. Mi ha fatto piacere interpretarla, così come sono stata felice di dare il volto a Italia nella serie “Christian”, andata in onda su Sky”.

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credit foto Carlo Bellincampi

Ha appena terminato le riprese di “La casa di Ninetta”, che segna il suo debutto alla regia cinematografica. Che esperienza è stata?

“E’ stata un’avventura nuova. Anni fa quando morì mia madre, che era malata di Alzheimer, scrissi un piccolo libretto di cento pagine che si chiama La casa di Ninetta, da cui trassi un monologo che feci in teatro con la regia di Emanuela Giordano. Ebbe un grande successo ma era faticoso emotivamente per me portarlo in scena essendo troppo personale, come “La mancanza”. Poi mi venne in mente, non so perché, di scrivere il soggetto con Valia Santella e la sceneggiatura, pur non sapendo come si facesse. Ho usato il cuore, mettendo sul foglio quello che vedevo e sentivo. Quindi ho combattuto per molti anni, come sempre faccio nella mia vita, dove niente è scontato o mi viene regalato, per realizzare il film e ho ottenuto il supporto di Rai Cinema, del Ministero della Cultura e della Regione Campania. Così con Run Film di Alessandro e Andrea Cannavale abbiamo iniziato la lavorazione e abbiamo terminato le riprese da pochi giorni. E’ la storia di una famiglia. Vediamo Ninetta nel presente, anziana, malata, interpretata da Angela Pagano, ma anche quella nel pieno della sua vita, a cui dà il volto Maria Pia Calzone. Ci sono anche io come attrice nel ruolo della figlia e Massimo De Matteo, nei panni di Alfonso, il marito di Ninetta. E’ la mia prima regia cinematografica, è stata faticosa ma anche bella e stimolante, perché crei la vita al momento, decidi cosa di quella scena mostrerai poi allo spettatore. Nel film c’è anche tanta musica, la colonna sonora è di Adriano Pennino”.

In quali progetti sarà prossimamente impegnata?

“Dopo la messa in scena di “Maria Maddalena” mi dedicherò al montaggio e alla post-produzione del film “La casa di Ninetta”. Poi ci sono vari progetti di teatro di prosa e spero di prendere parte alla seconda stagione della serie “Vincenzo Malinconico – Avvocato d’insuccesso”, se sarà confermata. Mi divido tra cinema, fiction, teatro e musica. Per stare sul divano a guardare la tv c’è ancora tempo (sorride)”.

di Francesca Monti

credit foto copertina Massimiliano Marolda

Grazie a Linda Ansalone

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