Intervista con Giorgio Marchesi, in scena al teatro San Babila di Milano con “Il Fu Mattia Pascal”: “E’ una storia che affronta temi sempre attuali come la ricerca dell’identità e la rinascita”

“Non ho cambiato una parola dell’opera originale, ho semplicemente asciugato il testo per renderlo teatrale”. Giorgio Marchesi porta in scena “Il Fu Mattia Pascal”, di cui è protagonista, affiancato sul palco dal musicista Raffaele Toninelli, firmandone anche la regia con Simonetta Solder e l’adattamento, sabato 4 e domenica 5 marzo al Teatro San Babila di Milano.

Il celebre romanzo di Luigi Pirandello viene raccontato nello spettacolo, prodotto dal teatro Ghione, con una chiave moderna, vitale, dinamica e divertita. Insieme a Raffaele Toninelli, che ha creato una drammaturgia musicale sul testo, Marchesi ha dato vita ad un’atmosfera non realistica, traslando il testo e trascinandolo lungo il ‘900 per assecondare la contemporaneità dei temi trattati nell’opera come il rapporto con la propria identità e la rinascita.

In questa piacevole chiacchierata, Giorgio Marchesi, amatissimo attore di cinema, teatro e serie di successo come “Una grande famiglia, “L’Allieva”, “La Sposa” e “Studio Battaglia”, con entusiasmo e la consueta disponibilità ci ha parlato di “Il Fu Mattia Pascal”, ma anche di musica, dei prossimi progetti e del personaggio che vorrebbe essere, tra quelli da lui interpretati finora.

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credit foto Fabio Lovino

Giorgio, com’è nata l’idea di portare a teatro Il Fu Mattia Pascal in una chiave moderna e come ha lavorato alla regia con Simonetta Solder?

“L’idea nasce dal produttore dello spettacolo, Ercole Palmieri, che un giorno mi ha detto di aver prenotato una serata, il 22 agosto 2021, per fare una lettura di “Il fu Mattia Pascal”. Quell’estate ho lavorato sul testo e sull’adattamento, siamo andati in scena io e il musicista Raffaele Toninelli ed è andata bene. Allora Palmieri mi ha invogliato a portare lo spettacolo in giro per l’Italia ed è una grandissima gioia per me, in quanto è pensato e costruito insieme a Simonetta Solder. Sta riscuotendo un enorme successo, ed è quello che speravo, perché volevo comunicare una storia a un pubblico che magari non la conosce o non la ricorda. Soprattutto ha destato interesse nei giovani e questo mi gratifica perchè è bello vederli a teatro. Volevo realizzare uno spettacolo che ricordasse quelli americani degli anni Settanta, un one man show dove c’è un racconto ma anche musica, ritmo ed energia. Nel testo poi avevo trovato l’umorismo e l’autoironia tipiche di Pirandello e ho voluto un po’ evidenziarli. Simonetta è intervenuta dal punto di vista estetico sulle luci, il video, i costumi, andando di cesello”.

In quest’opera di Pirandello, scritta nel 1904, ci sono delle tematiche sempre attuali, la ricerca dell’identità, il fatto di indossare delle maschere per essere quello che la società ci richiede di essere e anche la rinascita…

“E’ la bellezza dei classici che hanno temi eterni che si possono declinare rispetto all’epoca che stai vivendo. Il rapporto con l’identità oggi è diverso dal 1904 ma forse ancora più attuale, perchè ognuno di noi ne ha di base due, quella virtuale e quella reale. I social rappresentano la frammentazione dell’identità e mi interessa che il pubblico si faccia delle domande a riguardo. L’altro tema importante è quello del voler cambiare vita, c’è spesso un momento in cui uno vorrebbe mollare tutto e tutti, andarsene da un’altra parte e ricominciare. Sarebbe interessante sapere come uno vorrebbe rinascere. A me ad esempio piacerebbe suonare il basso in un gruppo e fare il musicista, perché presuppone una sensibilità particolare. Sognare di poter fare quello che non puoi ha a che fare con la rinascita”.

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credit foto Tiziano Ionta

Mattia Pascal cambia il suo nome in Adriano Meis ma poi si rende conto dell’impossibilità di essere qualcuno che in realtà non esiste…

“Esatto e qui traspare anche il cinismo che ho voluto accentuare in questa versione, cioè quello di un uomo che comunque cade sempre in piedi, che in un momento in cui si trova di fronte ad un problema decide di cambiare nome. Mattia Pascal è pronto a sfruttare le situazioni, si presenta nel libro come vittima ma se uno lo vede da fuori è vittima solo di se stesso. Infatti sperpera il patrimonio del padre, mette incinta due donne ed è costretto a sposarne una, a Montecarlo vince i soldi e quando viene a sapere la notizia della sua presunta morte si finge davvero morto, decide di chiamarsi con un nome diverso, per poi tornare ad essere Mattia Pascal. Alla fine accetta la condizione di “non esistente” un po’ come un osservatore passivo. Molti non se lo ricordavano così ma Pirandello scrive in prima persona e noi sentiamo la versione di Mattia Pascal. Io non ho cambiato una parola dell’opera, ho semplicemente asciugato il testo e alcune frasi per renderli teatrali perché nel libro ci sono dei pensieri di nove righe e sono andato a semplificarli”.

Un’altra delle componenti importanti dello spettacolo è la musica, con generi che spaziano dal funky all’house, come è stata scelta? 

“Collaboro da diversi anni con Raffaele Toninelli che è un musicista straordinario e quando gli ho raccontato la mia visione dello spettacolo abbiamo cercato di trovare delle musiche che sostenessero quest’idea di ritmo e di un tempo non preciso, indefinito. Quando il protagonista diventa Adriano Meis abbiamo inserito della musica elettronica che invece non è presente quando torna ad essere Mattia Pascal. Questa scelta è stata fatta per alcuni motivi: spostare la storia dal 1904 come collocazione temporale, dare grande ritmo e vitalità alla messa in scena e seguire questa idea di autoironia. Penso sempre come modello di riferimento a Dean Martin quando nei suoi show si divertiva, accennava due passi, cantava un pezzo con l’ospite. Pirandello ha scritto un testo che si intitola “Non è una cosa seria” e questo spettacolo è un po’ all’insegna del non prendere le cose in modo troppo drammatico, ma divertirsi e porsi qualche domanda. Ho mantenuto tre bolle poetiche meravigliose dell’opera di Pirandello: quando parla della famosa teoria del lanternino rispetto alla realtà che percepiamo, degli oggetti e dell’affetto nei loro confronti che li porta ad essere percepiti come qualcosa di diverso, e di quando le persone comunicano attraverso le anime e non le parole perché le anime hanno una vita propria e si incontrano, nonostante il nostro corpo non se ne accorga”.

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credit foto Tiziano Ionta

Dopo Milano proseguirà la tournée de “Il Fu Mattia Pascal”?

“Dovevamo fermarci a Milano ma la tournée è andata molto bene e abbiamo deciso di proseguire fino a fine marzo. Tra l’altro hanno posticipato le riprese di una serie a cui prenderò parte e quindi porteremo lo spettacolo nei prossimi giorni nel Lazio, in Umbria e nelle Marche. E poi vorrei riprenderlo anche nella prossima stagione perché è una bella soddisfazione vedere la gente che esce felice dal teatro”.

Diceva all’inizio di questa intervista che è felice di vedere che i giovani apprezzino il suo spettacolo. Cosa si può fare per invogliarli ad avvicinarsi al teatro? 

“Penso che questo sia un buon momento, i teatri si sono riempiti, ci sono degli spettacoli belli che stanno girando l’Italia, c’è l’idea, che era nata già prima della pandemia ed è diventata ancora più urgente, di andare incontro al pubblico. Per anni il teatro in molti luoghi era considerato un po’ autoreferenziale, percepito come intellettuale e quindi noioso, invece io in sala vorrei vedere gli studenti, gli operai, gli avvocati, i panettieri. In questo senso “Il fu Mattia Pascal” è molto popolare. La scommessa è portare anche i ragazzi a teatro a vedere spettacoli che si avvicinino di più al loro linguaggio, senza svendere quello teatrale ma contaminandolo e rendendolo più appetibile”.

Qual è il suo rapporto con la musica?

“Sui cantautori e artisti contemporanei mi faccio consigliare dai miei figli, perchè personalmente tendo a tornare al passato e alle canzoni che mi ricordano determinate emozioni e momenti. Ascolto molta musica funky, ma anche quella classica e sono un grande divoratore di podcast, che hanno a che fare con l’ascolto”.

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Giorgio Marchesi in una scena di “Hotel Portofino”

In quali progetti sarà prossimamente impegnato?

“Ho fatto una partecipazione speciale nella serie “Un Passo dal cielo” che andrà in onda su Rai 1,  dove interpreto un antagonista. Dal 29 marzo su Sky Serie e su NOW mi vedrete nella seconda stagione della miniserie britannica “Hotel Portofino” e poi inizierò a girare “Studio Battaglia 2″”.

Recentemente l’abbiamo vista tra i protagonisti di due serie di grande successo, “Studio Battaglia” che citava poco fa nel ruolo dell’Avvocato Munari e “La Sposa” nei panni di Italo, cosa le hanno lasciato questi due personaggi?

“Innanzitutto la possibilità di lavorare con colleghi e colleghe importanti in due serie interessanti, con una bella sceneggiatura e dei registi che mi hanno aiutato molto. E’ stato bello interpretare nello stesso anno due personaggi che sono all’opposto. Mi hanno lasciato la consapevolezza che anche le serie tv possono essere divertenti da girare e possono avere un’ottima qualità. Ovviamente dipende dalla scrittura e dal fatto di essere messo nelle condizioni di lavorare bene. Dopo queste due esperienze il desiderio che ho è trovare altri personaggi altrettanto meravigliosi”.

Il mestiere dell’attore permette di entrare in personaggi diversi e di impersonare le loro vite. Tra tutti quelli che ha fatto finora ce n’è stato uno in particolare che avrebbe voluto essere nella realtà?

“Più di uno. Mi sarebbe piaciuto molto ad esempio essere come Walter del film “Un marito di troppo”, in cui mi sono divertito a suonare la chitarra e ad interpretare questo cantante che non aveva sfondato. Forse la vicinanza con il maestro Toninelli, che suona in maniera straordinaria il basso e il contrabbasso, mi fa venire voglia di fare musica e vorrei avere le sue capacità (sorride)”.

di Francesca Monti

Grazie a Sara Castelli Gattinara – Other Srl

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