Video intervista con Nesli: “Nel disco “Nesliving Vol. 4 – Il Seme Cattivo” ci sono verità e poesia”

“Mi sono sempre sentito fuori luogo, un pesce fuor d’acqua, un estraneo nel proprio ambiente, una pianta frutto di un seme cattivo. E credo che ognuno di noi in qualche modo lo sia”. Si intitola “Nesliving Vol. 4 – Il Seme Cattivo” (Artist First) è il nuovo disco di Nesli, l’undicesimo in studio, che arriva a tre anni di distanza dal precedente.

Un progetto ricco di vita, dolore, sangue e sudore, con testi veri, autentici e poetici. L’album, prodotto interamente dall’artista, con la preziosa collaborazione di Prince Vibe, è stato creato con totale libertà di espressione e senza sottostare a nessun tipo di regola di mercato.

Nesli infatti ha scelto di mettere al centro chi non fa sempre gol nella vita ed esprimere attraverso le sue canzoni quanto sia fondamentale sbagliare per poter imparare, rialzarsi e ripartire. Demolizione e ricostruzione si intrecciano in queste 22 tracce, alcune soliste, altre realizzate in featuring con Davide Shorty, Zoelle, Maruego, Jack The Smoker, Hanami, Raige.

Francesco, è uscito il tuo nuovo disco “Nesliving Vol. 4 – Il seme cattivo”, come hai lavorato a questo progetto da cui traspare molta verità e molta poesia e come mai “il seme cattivo”?

“Il seme cattivo perchè mi sono sempre sentito così, fuori luogo, un pesce fuor d’acqua, estraneo nel proprio ambiente, una pianta frutto di un seme cattivo. E credo che ognuno di noi abbia una parte di questo tipo, parlo di me ma è riferito all’essere umano.

E’ un disco denso, corposo, la lavorazione è stata impegnativa ma era nella mia testa e ho cercato di far uscire il magma in modo ordinato. E’ stata anche faticosa perché le canzoni sono vere, realistiche, e c’era un detto che diceva “la poesia è come la verità, nessuno la vuole sentire”. Hai detto bene, c’è verità e poesia”.

Il fil rouge che lega i brani è la fallibilità dell’essere umano, cadere e poi trovare anche la forza di rialzarsi e ripartire. Un concetto molto importante soprattutto nella società odierna dove le persone tendono a mostrare solo la parte più bella di sé…

“Non credo alla teoria del successo, del fare sempre gol che cercano di venderci. Io parlo di cadere ma non sono tra quelli che dicono rialzati, perché ci devi arrivare tu, quando sarà il momento giusto. Il disco fotografa la caduta sotto il punto di vista personale, economico, di relazioni, di consapevolezza degli errori fatti, che è imprescindibile dall’essere umano e dalla società odierna. Il fatto che nessuno ne parli o ne parlino dal punto più alto, dall’essersi rialzati già da un pezzo, mi è sembrata una follia, perchè non è veritiero”.

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In queste canzoni hai inserito anche dei suoni della natura come il verso di un corvo o la pioggia, ma anche la voce di un telecronista di una partita di calcio o l’annuncio del binario di un treno Frecciargento, che le rendono ancora più vere…

“Voglio catapultare l’ascoltatore in un luogo diverso per ogni canzone, e l’importanza del contesto è uguale o superiore a quella del messaggio che voglio dare con quel brano. Consiglio l’ascolto in cuffia del disco perché in qualche modo è anche molto visivo e mi piaceva accompagnare le note con delle immagini che rimandassero al sonoro, non solo alle parole”.

In “Lazarus – morti in piedi” canti “da questa vita ho imparato chi non sono e per tutti quegli errori mi perdono”. Quali sono gli errori per i quali ti sei perdonato e chi hai imparato di non essere?

“Gli errori sono le 99 volte in cui fallisci e l’unica in cui vinci. Sono di molteplice natura, come fidarsi delle persone sbagliate, portare avanti qualcosa quando non ci credi davvero, tutto quello che ha come conseguenza la sconfitta, il fallimento.

Riguardo chi ho imparato di non essere diciamo che è una forma di accettazione, non mi sento più sereno, provo ogni giorno a far pace con i demoni, nasco e muoio, vinco e perdo, scopro qualcosa di me”.

Cosa ci racconti invece riguardo “Questa follia”?

“E’ il pezzo del disco a cui sono più legato, perché racconta tante cose importanti della mia vita con una semplicità assurda, anche musicalmente, e genera una magia”.

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In “Questa follia” citi anche Sanremo 2017 a cui hai preso parte con Alice Paba e il brano “Do retta a te”. In futuro, tenendo conto anche dell’evoluzione che ha avuto negli ultimi anni la kermesse, ti piacerebbe tornare di nuovo in gara?

“Avendo pensato questo disco come l’ultimo della mia carriera e volendo intraprendere quella di autore, sicuramente mi piacerebbe partecipare al Festival di Sanremo scrivendo un brano per altri artisti. Se poi dovesse esserci l’occasione giusta o un momento in cui Amadeus mi dovesse chiedere di partecipare in gara come cantante potrei pensarci”.

Da cosa nasce la scelta di concentrarti maggiormente sulla parte autorale?

“Si è chiuso un cerchio e continuare a portare avanti la mia carriera di cantante come la brutta copia di un passato che non c’è non ha senso e ancora meno immaginarmi in un futuro incerto. In questo disco ho detto tutto, è l’undicesimo. Siccome mi piace scrivere le canzoni e chiudo la parentesi con 22 brani, 80 minuti di musica e di me, voglio raccontare delle cose per bocca di altri, avendo maggiore libertà nei tempi, nella quantità e nell’uscire da quello che è un sistema creato in cui mi riconosco meno, cioè la playlist, il singolo pezzo, il disco un po’ da festival. Non voglio giudicare ma non è il mio mondo”.

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Nelle tracce del disco ritornano in particolare due parole, solitudine e sogno. Come convivono dentro di te?

“Molti associano il sogno all’essere sveglio, nel disco invece è un concetto legato al dormire, al mondo onirico. La solitudine è sia personale che dei sentimenti, anche degli adulti. In questo tempo in cui viviamo siamo il riflesso della società, siamo persone sole, non solo perché non abbiamo nessuno intorno ma sole dentro, nella condivisione, nella comprensione. La solitudine per me è connessa con il sogno perchè sono un grande amante del dormire. Quando ero in down per Sanremo ho applicato la cura del sonno e questa ti porta in un mondo onirico che va a braccetto con le canzoni. Questo disco è concepito grazie ad un intreccio tra veglia e sonno, musica e viaggi che fai stando fermo”.

In “Il mondo che ne sa di noi” affermi infatti “sogna forte più che puoi”…

“E’ legato al fatto di sognare di raggiungere dei traguardi nella vita ma anche al mondo dei sogni perchè quando si sogna qualcosa di bello ci si sveglia con un’energia grande. Cerco quindi di mettere questi stati d’animo e quest’emotività nei brani”.

Il Seme Cattivo Cover

Come si sono sviluppate le collaborazioni con Davide Shorty, Zoelle, Maruego, Jack The Smoker, Hanami, Raige presenti in “Nesliving Vol. 4 – Il seme cattivo”?

“Capita che artisti emergenti mi scrivano per far ascoltare dei brani e quando mi piacciono magari nascono delle collaborazioni, come in questo caso in cui ho coinvolto Zoelle e Hanami. Sono due giovani artiste bravissime. Per quanto riguarda le altre collaborazioni sono colleghi che stimo artisticamente e umanamente perchè sono simili a me”.

Dicevi che questo è l’ultimo disco e poi ti dedicherai alla scrittura di canzoni. Lo porterai live?

“La bellezza di questo disco è che rappresenta un’idea. Non farò un tour perchè non voglio vendere niente e il fatto di smettere è legato alla volontà di dare peso a questa scelta. Vorrei solo che lasciasse il segno non nel mercato ma nelle persone che lo ascoltano. Questo album è come se fosse una forma di teatro, anche cruda, che vuole scuoterti e farti riflettere, e le canzoni sono lo spettacolo e il miracolo in questo tempo”.

di Francesca Monti

Grazie a Michela Alquati Bonisoli

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