Video intervista con Carlo Buccirosso, in scena al Teatro Manzoni di Milano con “L’erba del vicino è sempre più verde!”: “Volevo rappresentare l’insoddisfazione umana”

“E’ un giallo alla Hitchcock ma anche una commedia all’italiana in cui si ride tantissimo, con sette personaggi, che inizia dall’ultima scena, quella del crimine”. Carlo Buccirosso porta in scena al Teatro Manzoni di Milano fino al 14 maggio lo spettacolo da lui scritto, diretto e interpretato “L’erba del vicino è sempre più verde!”, prodotto da Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro e A.G. Spettacoli. Nel cast troviamo anche Fabrizio Miano, Donatella de Felice, Peppe Miale, Elvira Zingone, Maria Bolignano, Fiorella Zullo.

Mario Martusciello è un irreprensibile funzionario di banca, da tempo in crisi matrimoniale, che vive un momento di profonda insoddisfazione. In continua spasmodica ricerca di libertà e di nuove esperienze di vita, si ritroverà presto soggiogato dalla sindrome dell’erba del vicino. E se quel senso di attrazione verso colui che è diverso da te e che riesce in tutto più di te si trasformasse in un’irrefrenabile follia omicida?

Carlo, è in scena al Teatro Manzoni di Milano con “L’erba del vicino è sempre più verde!”, uno spettacolo che unisce la commedia e il giallo, da lei scritto, diretto e interpretato. Com’è nato e in quanto tempo ha scritto il testo?

“L’ho scritto in quasi quattro mesi e mezzo, d’estate, nel periodo in cui solitamente si girano i film, infatti ho rinunciato ad un progetto cinematografico e ho scelto di dedicarmi a questo spettacolo. E sono molto contento. L’input principale viene dalla voglia di scrivere anche un giallo più completo rispetto a “Colpo di scena” con il quale sono venuto al Manzoni quattro anni fa ed è una commedia vicina allo stile di Hitchcock che ritengo un maestro ed è il mio punto di riferimento fin da bambino con le sue opere, da Psycho che vidi e mi terrorizzò a Uccelli di cui faccio anche una citazione in “L’erba del vicino è sempre più verde!””.

Cosa la affascina di questo grande maestro del thriller?

“Aveva delle sceneggiature meravigliose, strutture indistruttibili, studiate, pesate nelle parole, nelle pause, e ogni personaggio che parlava sembrava dire cose meravigliose. E poi c’era una grande ironia, mista a tanta tensione. Da questo modello sono partito per creare una commedia all’italiana in cui si ride tantissimo ma che inizia dall’ultima scena, quella del crimine, come si fa al cinema, con un tappeto e una persona arrotolata dentro che non si sa chi sia, e poi si va a ritroso per spiegare al pubblico come si è arrivati a quella situazione. A seguire c’è il sottofinale, il finale e negli ultimi dieci minuti si scopre il motore della vicenda, il colpevole e la vittima”.

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credit foto Gilda Valenza

Un’idea originale per uno spettacolo teatrale quella di farlo iniziare dall’ultima scena… 

“Credo non ci siano precedenti e non è stato facile far quadrare tutto, far tornare quello che si è raccontato all’inizio, fare in modo che non ci fossero incongruenze. Come in un puzzle ci sono dei tasselli che mano a mano vanno a costruirsi. I personaggi sono sette, ma il cerchio degli indiziati si stringe a quattro e c’è un finale che disorienta il pubblico”.

Una delle funzioni del teatro è far riflettere il pubblico, attraverso il personaggio da lei interpretato, Mario Martusciello, affronta il tema dell’insoddisfazione dell’essere umano nella società odierna e del conseguente desiderio di avere quello che non si ha…

“Volevo rappresentare l’insoddisfazione umana non solo attraverso il titolo che è uno dei più profondi proverbi che rappresentano l’umanità, un evergreen, a maggior ragione in quest’epoca, ma parlare anche di un altro argomento, i social, che hanno un po’ distrutto il pensiero della nostra vita, perchè guardando quella degli altri quasi trascuriamo la nostra e non ci rimbocchiamo le maniche per andare avanti. Io non sono social, ho Instagram ma non lo curo personalmente, non mi interessa avere più o meno follower e mi dispiace che ci siano persone che guadagnano facendo quello che non ritengo essere un mestiere. C’è anche una frase nello spettacolo in cui dico “oggi se non fosse per le intercettazioni, i vocali e i messaggi fernesce tutt’e cose a tarallucci e vino” e mi riferisco ai casi polizieschi. Se non fosse per i telefonini il 60% dei casi non sarebbero risolti, però è sbagliato l’uso dei social che viene fatto e il modo in cui si trascura la propria vita e si apprezza quella degli altri”.

Una caratteristica dei suoi spettacoli, come vediamo anche in “L’erba del vicino è sempre più verde” è la capacità di unire la modernità e la tradizione…

“La modernità è nella regia, nei ritmi, in quanto oggi la vita è frenetica, ma al contempo sono legato alla tradizione, ai valori, alla famiglia, parlo dei problemi di quest’ultima, e voglio mantenere poi la spesa nei costumi e nelle scenografie. Quando si apre il sipario ci vorrebbero due-tre minuti per far vedere al pubblico la scena, per far capire che stiamo entrando in un ambiente, e tutto deve essere il più credibile e vero possibile”.

di Francesca Monti

credit foto Gilda Valenza

Grazie a Manola Sansalone

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