Grinta, determinazione, tecnica, eleganza e cuore: Irma Testa ha portato il pugilato italiano femminile, per la prima volta nella storia, sul podio olimpico ai Giochi di Tokyo 2020 conquistando un favoloso bronzo nella categoria -57 kg, la medaglia numero 600 dell’Italia nella storia delle Olimpiadi Estive.
La campionessa azzurra è stata sconfitta 4-1 ai punti in semifinale dalla filippina Neshty Petecio, dopo un incontro appassionante e combattuto.
Originaria di Torre Annunziata, si è avvicinata alla boxe da ragazzina grazie a sua sorella Lucia ed è stata protagonista nel 2018 del film documentario “Butterfly” di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, coprodotto da Indyca e Rai Cinema e distribuito da Cinecittà Luce, che racconta la sua storia.
In questa intervista, che ci ha gentilmente concesso, Irma Testa ci ha parlato delle emozioni vissute a Tokyo ma anche del suo maestro Lucio Zurlo e dei prossimi obiettivi.
credit FPI/ph Fabio Bozzani
Irma, partiamo dal magnifico bronzo vinto ai Giochi di Tokyo2020. Ci racconti l’emozione che hai provato in quel momento?
“Aver vinto questa medaglia è una sensazione unica, indescrivibile. Ripenso al mio percorso, a tutti i sacrifici, da dove ho iniziato a dove sono ora. È davvero magico”.
Sei stata la prima pugile italiana a salire su un podio a cinque cerchi. Cosa rappresenta questa medaglia per te?
“Rappresenta un segnale forte per tutto il movimento: le donne possono fare pugilato! Tanti avevano dubbi, noi no. Per me è un sogno, la conferma che tutti i miei sforzi sono valsi a qualcosa”.
Quanto è stata complessa la preparazione in vista dei Giochi?
“La preparazione in vista dei Giochi è stata dura, anche più del previsto. Lo stop durante il torneo di qualificazione olimpica a Londra nel 2020, in piena forma fisica, ci ha spiazzati e abbiamo dovuto ricominciare tutto da capo. Per fortuna è andato tutto bene alla fine”.
Al tuo ritorno a casa sei stata accolta da una grande festa. Ti aspettavi questo entusiasmo?
“È stato commovente ricevere tutto questo affetto dalla mia gente e mi ha fatto un immenso piacere. Avrei voluto abbracciare uno per uno tutti i presenti”.

Com’è nata la tua passione per la boxe?
“Mi sono approcciata alla boxe grazie a mia sorella Lucia, era la sua passione. Con lei ho un legame molto forte, è il mio punto di riferimento, il mio idolo”.
Qual è l’insegnamento più importante che ti ha trasmesso il maestro Lucio Zurlo?
“Il rispetto. Lucio Zurlo non insegna solo boxe, ma strappa i ragazzi dalla strada e insegna loro a rispettare le regole e le persone. Inoltre, mi ha insegnato a capire quali siano le cose in cui è giusto credere e a combattere per esse. Non è solo un insegnante di boxe, è un maestro di vita e meriterebbe di essere conosciuto da tutti”.
“Butterfly” è il tuo soprannome ma anche il titolo di un docufilm che racconta la tua storia. Che esperienza è stata quella cinematografica e ti piacerebbe ripeterla in futuro?
“È stata una bellissima esperienza che mi ha permesso di conoscere e collaborare con grandi professionisti. Per il futuro chi lo sa, non mi precludo nulla”.
credit foto FPI/Fabio Bozzani
A Rio 2016 eri l’unica italiana in gara, a Tokyo 2020 eravate in quattro (Giordana Sorrentino, Rebecca Nicoli e Angela Carini le altre azzurre, ndr), segno che il movimento pugilistico femminile sta crescendo e che iniziano ad essere abbattuti quegli assurdi pregiudizi per cui fino a poco tempo fa la boxe era vista come sport prettamente maschile…
“Nell’immaginario collettivo la boxe è vista prettamente come uno sport maschile. Il mio impegno è di prendere a pugni questo pregiudizio, gettando i semi per allargare sempre di più tutto il movimento”.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
“Avevo la medaglia come grande obiettivo e sono riuscita a raggiungerlo. Ora non finisce qui. Voglio allenarmi per vincere ancora e togliermi parecchie soddisfazioni. Inoltre, voglio realizzarmi come donna in primis, essere serena e soddisfatta di me”.
Un sogno nel cassetto…
“Ne ho uno bello grande, ma non lo dico per scaramanzia”.
di Francesca Monti
credit foto FPI/Fabio Bozzani
Grazie a Silvia Lattanzio e Mario Mereghetti di DMTC Srl