Intervista con Riccardo De Rinaldis Santorelli, protagonista della serie “Vivere non è un gioco da ragazzi”: “A differenza di Lele sono una persona che pensa tanto, anche alle conseguenze delle proprie azioni”

“Ho diversi punti di contatto con questo personaggio ed è stato molto facile avvicinarmi a lui, in quanto è tranquillo, buono, ha un bel rapporto con la sua famiglia, è molto legato allo sport”. Riccardo De Rinaldis Santorelli è il protagonista di “Vivere non è un gioco da ragazzi”, la nuova serie creata da Fabio Bonifacci e diretta da Rolando Ravello, coprodotta da Rai Fiction-Picomedia, in onda da lunedì 15 maggio in prima serata su Rai 1 e disponibile su RaiPlay.

Il talentuoso attore, classe 1999, nato e cresciuto a Pavia e trasferitosi due anni fa a Roma, interpreta Lele, un ragazzo di umili origini, studioso, sportivo, un po’ sgangherato dall’adolescenza, che ama l’irraggiungibile Serena (Matilde Benedusi) e si butta nelle cose senza pensare troppo alle conseguenze. Per fare colpo su di lei prende una pasticca di Mdma. Risucchiato nel mondo delle discoteche e della droga, rimane però presto senza soldi e, per continuare a frequentare Serena, si ritrova a comprare le pasticche nel suo quartiere e a rivenderle in discoteca al doppio del prezzo. Una sera vende una pasta al suo amico Mirco (Tommaso Donadoni), che viene trovato morto il giorno dopo proprio a causa della droga. Per Lele, corroso dai sensi di colpa, inizia un calvario che stravolge il rapporto con Pigi (Pietro De Nova), suo migliore amico, con Serena e con i genitori Marco (Stefano Fresi) e Anna (Nicole Grimaudo).

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Riccardo De Rinaldis in “Vivere non è un gioco da ragazzi” – credit foto Giulia Bertini

Riccardo, sei il protagonista della serie “Vivere non è un gioco da ragazzi” nel ruolo di Lele. Hai trovato dei punti di contatto con lui?

“Ho diversi punti di contatto con questo personaggio ed è stato facile avvicinarmi a lui, in quanto è un ragazzo tranquillo, buono, ha un bel rapporto con la sua famiglia, è molto legato allo sport, ha parecchi amici. La differenza principale è che io sono una persona che pensa tanto, anche alle conseguenze delle proprie azioni”.

Come hai lavorato alla costruzione del personaggio, visto che ha tante sfumature diverse?

“Ho parlato molto con Rolando Ravello che mi ha consigliato di dare a Lele il più possibile di me, quindi nella costruzione del personaggio sono partito da questo. La parte più difficile è stata portare avanti per tutta la serie questo senso di colpa e questa fuga dalla realtà che sta affrontando. Lele non dice ai genitori quello che è accaduto, cerca di tenere tutto dentro anche se la polizia gli fa un sacco di domande, perché ha paura di dire la verità. Nel corso dei tre mesi e mezzo delle riprese rimanevo in camera a studiare ed ero concentrato su Lele e i suoi pensieri, così i miei amici cercavano di farmi uscire per svagarmi”.

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Riccardo De Rinaldis e Matilde Benedusi in “Vivere non è un gioco da ragazzi” – credit foto Giulia Bertini

Un personaggio centrale nella vita di Lele è quello di Serena, che all’inizio è restia ad iniziare una storia con lui ma poi si lascia andare…

“Nel corso della serie si vede il cambiamento del loro rapporto. All’inizio è Lele che insegue Serena, successivamente è il contrario, per poi arrivare ad una crescita perché entrambi i personaggi capiscono tante cose della loro famiglia e di loro stessi e diventano migliori. Lei è innamorata di lui, l’ha sempre notato ma non ha mai dimostrato i suoi sentimenti perché fatica ad aprirsi completamente. Lele è un po’ un sottone, scrive le poesie d’amore, definisce Serena la principessa di tutte le favole. A me non è mai successo di essere completamente devoto, in un certo senso, ad una persona”.

La serie parte dal problema della droga contemporanea, ma in realtà è il mezzo per parlare di tanti altri temi, come il rapporto genitori-figli e quello tra i ragazzi…

“La droga fa paura perché oggi rispetto al passato è più facile acquistarla e utilizzarla, ma nella serie è soltanto quel fuoco che innesca azioni e conseguenze. Lele non è un addicted. C’è un dialogo molto bello tra lui e Serena dove dice: “passiamo la serata insieme ma senza pasticche questa volta”. Inizia a far uso di sostanze stupefacenti e a spacciarle per rimanere con la ragazza che ama e per questo prende decisioni stupide. Anche il gruppo capisce di aver fatto una cavolata dando ascolto a Mirco e a Spinoza (Luca Geminiani) che hanno dato il via a tutto, infatti la regola era prendere le pasticche una volta sola il sabato sera. Gli avvenimenti aprono la strada a tanti ragionamenti sul rapporto genitori-figli, sulla crescita in generale, sull’amore”.

Guardando la serie il messaggio che arriva attraverso la storia di Lele è l’importanza di affrontare le situazioni, di dire la verità, di non scappare da se stessi ma di prendersi le proprie responsabilità…

“E’ così e lo si vede nel percorso che fa Lele, che scappa il più possibile ma alla fine la verità affiora, anche se all’inizio non parla con i genitori e diventa una persona diversa. Io ho un rapporto bellissimo con i miei, ci confrontiamo su qualsiasi cosa, non c’è questo muro. Quando si affrontano i problemi insieme si è più forti e si riesce a risolverli più velocemente. Se dici la verità ti senti più leggero”.

La serie si intitola Vivere non è un gioco da ragazzi, quanto ti ritrovi in questa affermazione?

“E’ vero, vivere non è un gioco da ragazzi e lo sto provando sulla mia pelle. Mi sono trasferito a Roma due anni fa, non è facile anche soltanto pensare all’affitto, alla spesa, alle bollette. Finché ho vissuto con i miei genitori ero tranquillo, non dovevo occuparmi di tante problematiche che gli adulti affrontano ogni giorno, delle decisioni da prendere come cambiare casa, accettare o meno un lavoro, o relative alla parte relazionale. Mi rivedo molto in questa frase ma la cosa bella è che abbiamo la possibilità di avere delle persone che ci accompagnano in questo viaggio meraviglioso che è la vita, e non siamo mai soli”.

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Riccardo De Rinaldis con Stefano Fresi, Nicole Grimaudo e Claudio Bisio in “Vivere non è un gioco da ragazzi” – credit foto Giulia Bertini

Come ti sei trovato sul set della serie?

“E’ stato fantastico. Grazie a Rolando Ravello abbiamo rotto il ghiaccio alcune settimane prima dell’inizio delle riprese, abbiamo letto insieme il copione, siamo stati a Bologna per vedere i posti dove avremmo girato. Sono stato fortunato perchè ho lavorato con persone talentuose, simpatiche, umili, intelligenti, sia appartenenti al cast che alla troupe, alla produzione, alla regia. Abbiamo fatto un ottimo lavoro, è stata una macchina che si è mossa in maniera naturale e ha creato qualcosa di bello”.

Ti abbiamo visto recentemente anche nella serie “Luce dei tuoi occhi” nei panni di Luca e nel film “Headshot” diretto da Niko Maggi in quelli di Samuel. Che esperienze sono state?

“Ho girato due stagioni della serie “Luce dei tuoi occhi” e tutte le persone con cui ho lavorato, le ragazze soprattutto, sono diventate amiche e mi hanno lasciato tanti bei ricordi. Durante la prima stagione Luca aveva un rapporto molto stretto con Emma, interpretata da Anna Valle, quindi passavamo molto tempo insieme. Il mio personaggio era un tuttofare, così ho studiato musica e informatica. “Headshot” è stato il mio primo film e ho incontrato persone fantastiche a cui voglio bene. Era un action, un horror e quindi mi ha mosso delle emozioni diverse e mi ha arricchito personalmente e artisticamente”.

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credit foto Martina Scorcucchi

Tra le tue passioni c’è la musica, cosa ti piace ascoltare?

“Amo la musica e il canto, ma non ho un genere o un artista preferiti, ascolto di tutto. Ultimamente mi piacciono le canzoni dell’Eurovision Song Contest, in particolare “Tatoo” di Loreen che ha vinto l’edizione 2023″.

In quali progetti sarai prossimamente impegnato?

“Andrà in onda prossimamente sulla Rai una serie di Giacomo Campiotti che si intitola “La lunga notte”, ambientata negli anni Quaranta, in cui interpreto un giovane antifascista”.

di Francesca Monti

Si ringraziano Matteo Cassanelli, Laura Marazzi, Pamela Menichelli – Ni.Co Srl

credit ritratto copertina Martina Scorcucchi

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